Dal Mondo
“Il Natale chiama alla pace e alla salvezza”. L’invito del custode Patton alla comunità internazionale e ai cristiani a essere all’altezza del loro compito
“È l’Onnipotente che si fa piccolo nel bambino di Betlemme. Un messaggio che richiama tutti al mistero della vicinanza di Dio alla nostra umanità. Aprirsi a questo mistero significa aprirsi all’esperienza del sentirsi amati da Lui, alla pace e alla salvezza che ci dona”. Sta tutto racchiuso in queste parole il senso del Natale che i cristiani di tutto il mondo si apprestano a vivere. Da Betlemme, luogo della nascita di Gesù, è il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, a far giungere la sua voce che è sopratutto un appello alla pace e alla salvezza per gli uomini.
Padre Patton, che valore ha la parola “salvezza” in una regione di conflitti e tensioni come la Terra Santa?Ha lo stesso valore che aveva al tempo della nascita di Gesù, oltre 2000 anni fa. Anche allora questa Terra presentava tensioni e difficoltà. Il messaggio di salvezza di Gesù chiede di dare un senso profondo alla nostra vita, di cambiare mentalità riconoscendoci fratelli. Questo è il fondamento di ogni percorso di pace.
La salvezza cristiana non è di tipo politico, il Regno di Dio “non è di quaggiù”.
Essa è un fermento e un lievito che porta a cambiare atteggiamenti, sistemi, strutture politiche per offrire una visione diversa della vita che è quella di un Dio vicino, che si fa povero per arricchirci e che muore e risorge per darci la vita. La salvezza si colloca su un piano trascendente le cui ricadute, tuttavia, sono molto concrete.
Natale è anche un evento storico che interpella i non credenti. Qual è l’atteggiamento migliore da assumere per poter vivere la nascita di Cristo in pienezza?Accogliere Cristo, da credenti, vuole dire accogliere il Figlio di Dio che sceglie di condividere la nostra vita per cambiarla dall’interno. Un cambiamento che chiamiamo salvezza.
Per un non credente il Natale è il mistero della vita. Un bambino che nasce ci provoca perché ci chiede di essere accolto, di avere per lui attenzioni concrete, ha bisogno del latte materno, di calore umano.
Nel Natale c’è il mistero della vita come dono, il mistero della fragilità umana e della nostra responsabilità nei confronti di ogni “piccolo”
.Questo è il momento dell’anno in cui si guarda al tempo trascorso: il 2017 è stato per la Terra Santa e l’intero Medio Oriente un anno denso di avvenimenti. I muri sono rimasti e diventati più alti di prima, le tensioni regionali forse un po’ sopite, come in Siria e Iraq, ma sempre pronte a riesplodere per far nascere nuovi conflitti e drammi…Il 2017 è stato un anno dove abbiamo registrato i colpi di coda dello Stato islamico in Siria e in Iraq. Ma restano zone dove si combatte con ferocia, come nello Yemen. Ciò che dobbiamo imparare è che tutti i processi di pace sono fragili e chiedono il coinvolgimento di una comunità internazionale che sia all’altezza del proprio compito.
Chi ha la possibilità di essere determinante nei processi di pace lo sia davvero attraverso la strada del negoziato.
L’alternativa è il riaccendersi delle tensioni. C’è una responsabilità della comunità internazionale, dei suoi leader più potenti che devono lavorare in questa direzione. E anche i cristiani devono sentirsi maggiormente chiamati in causa…
In che modo?Dobbiamo avere più fede nella potenza della preghiera. Tante volte preghiamo per la pace senza credere che sia possibile. Nella nostra preghiera spesso c’è una carenza di fede. Se come cristiani riuscissimo a pregare con più fede sono certo che il processo di pace riprenderebbe.
Ognuno faccia la sua parte: chi ha responsabilità politica agisca attraverso accordi e trattative diplomatiche; gli uomini di fede preghino e coltivino una cultura di pace; chi ha responsabilità comunicative lavori per evidenziare i passi positivi e non solo quelli negativi; chi ha responsabilità economiche lavori per aiutare i Paesi ad uscire dai conflitti e contribuire alla ricostruzione.
Il 2017 è stato anche l’anno dello storico restauro, dal grande valore ecumenico, del santo Sepolcro, degli 800 anni di presenza francescana in Terra Santa…
Tutti passi positivi che è giusto ricordare.
Il cammino ecumenico qui in Terra Santa è estremamente incoraggiante, con incontri frequenti e con la capacità sempre maggiore, di tutte le Chiese, di parlare a una sola voce come accaduto anche di recente sulla questione di Gerusalemme.
Anche la storia degli 800 anni di presenza francescana in Terra Santa è qualcosa di importante per il senso di questa presenza tutta basata sulla testimonianza del Vangelo che ci ha permesso di recuperare tanti Luoghi Santi oggi visitati dai pellegrini.
Questo anno che sta per terminare ha visto anche un’importante ripresa dei pellegrinaggi. Un’inversione di tendenza dopo il calo degli scorsi anni?In questi ultimi giorni i pellegrini sono fonte di preoccupazione perché, dopo aver visto in tv alcune immagini di scontri, molti si sono spaventati e sono arrivate disdette di viaggi già prenotati. Invece è fondamentale che vengano in Terra Santa. Il pellegrinaggio è un’esperienza di fede e di fiducia, si viene perché ci si fida di Dio. I Luoghi Santi sono sicuri, i pellegrini non corrono alcun rischio e nei loro confronti c’è la massima cura e rispetto da parte di tutti. Essi sono un incoraggiamento, anche economico, per la piccola comunità cristiana locale.
Ai pellegrini dico: non spaventatevi e state vicino ai cristiani di Terra Santa.
Qual è la sua preghiera per questo Natale, cosa chiede a Dio per il mondo e per la Terra Santa?Che risuoni il canto degli Angeli, “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini amati da Dio”.