Il teatro cinese sbarca al Bonci

Un nuovo anno all’insegna del dialogo fra le culture, al “Bonci” di Cesena, con un classico spettacolo della Compagnia nazionale dell’Opera di Pechino. Sabato 5 e domenica 6 gennaio alle 21 andrà in scena “La leggenda del serpente bianco”.

L’opera di Pechino, un genere teatrale lontanissimo dai canoni della cultura occidentale, può essere paragonato, per alcuni aspetti, al melodramma italiano, per la presenza di recitazione, canto e danza. A differenza della versione occidentale, però, nell’opera di Pechino è presente un altro aspetto, quello delle arti marziali, sia pure rielaborate in modo da essere quasi più danza che altro. Tutto in Cina ha una prospettiva storica di lunghissimo corso, e non poteva essere diversamente per il teatro. L’opera di Pechino si forma nel X secolo e raggiunge la sua codificazione nel XVII secolo. In particolare, “La leggenda del serpente bianco”, che deriva dal folklore cinese, ha rappresentato il primo esempio di opera cinese giunta in Occidente nel 1955, quando il regista Mei Lanfang (1894-1961) portò la sua versione del dramma in Unione Sovietica prima e in Europa poi. Bertolt Brecht fu profondamente influenzato dall’arte di Lanfang, che ha lasciato un segno profondo nella cultura cinese. Ancora oggi, gli attori della compagnia che reciteranno a Cesena, sostengono con orgoglio di essere discepoli di terza o quarta generazione di Lanfang. Questo è un concetto piuttosto alieno dalla mentalità europea di oggi, ma sarebbe stato perfettamente comprensibile da un intellettuale del Medioevo, che vedeva una linea rossa tracciata fra sé e i suoi diretti antenati. La cultura cinese moderna, che pure ha avuto alcune gravi fratture col suo passato (pensiamo in primo grado alla rivoluzione culturale di Mao), mantiene saldo il legame fra il maestro e il discepolo: perciò gli attori di oggi, che per evidenti motivi d’età non hanno mai conosciuto Lanfang, si considerano tuttavia suoi eredi perché tramite i loro maestri questa tradizione è stata preservata. Un’eredità, questa, che richiede una assoluta dedizione. Gli interpreti del dramma hanno ricordato, questa mattina durante la presentazione alla stampa dello spettacolo, che hanno iniziato a studiare l’opera cinese a circa dieci anni e che solo dopo dieci anni di studio durissimo sono stati in grado di mettere in pratica i difficili insegnamenti dei loro maestri. Mei Lanfang ha ideato, solo per questo spettacolo, non meno di cento gesti differenti, che vanno appresi con la massima precisione per permettere al dramma di rivivere ogni volta.

Ert Fondazione – ha ricordato durante la presentazione il presidente, Giuliano Barbolini – consolida il rapporto di collaborazione con la Compagnia nazionale dell’opera di Pechino dopo l’esperienza di coproduzione del “Faust”, nel 2015, con due importanti spettacoli: un’ospitalità, “La leggenda del serpente bianco” –  a Cesena le uniche date italiane – e la coproduzione di “Turandot” con la regia di Marco Plini (in programma a Modena). Ert rafforza la sua vocazione internazionale, la volontà a spingersi oltre i confini del nostro Paese con sguardo sempre curioso. Un valore aggiunto che consente alla rete dei teatri della Fondazione, in quanto teatro pubblico regionale e teatro nazionale, di offrire vere e uniche occasioni di scambio culturale al proprio pubblico con spettacoli che si fanno veicolo di storia e tradizioni diverse”.

“L’arte dell’Opera di Pechino – ha affermato Claudio Longhi, direttore di Ert – ha sedotto più e più volte i maestri della scena occidentale, per via delle sue algide e stranianti geometrie, capaci di intrecciare in un equilibrio formidabile musica, coreografia, recitazione e visione, creando quasi un secolo prima una via asiatica all’intuizione wagneriana dell’opera d’arte totale. È una combinazione sapiente di elementi sonori e visionari, generati dalla stupefacente abilità e disciplina dei suoi artisti, siano essi attori o musicisti. Un linguaggio e uno stile altri rispetto a quelli occidentali, ma che ci incantano ancora per quell’assoluto rigore in grado di generare meraviglie su meraviglie, stimolando il nostro immaginario e costringendolo a intraprendere sfide nuove”.

“Siamo orgogliosi che sia il “Bonci”, come unico teatro in tutta Italia, ad ospitare la prima nazionale de “La leggenda del serpente bianco” – ha dichiarato alla presentazione il vicesindaco Carlo Battistini -. Questo appuntamento contribuisce a confermare il ruolo del nostro teatro, che si è sempre contraddistinto per ospitare compagnie internazionali di grande respiro”.

L’opera descrive l’incontro tra la Dama Bianca, un’incantevole donna sotto le cui sembianze si nasconde lo spirito del Serpente Bianco, e Xu Xian, un giovane uomo. I due si innamorano e subito si sposano. Il monaco Fahai, però, invidioso del loro amore e convinto che un essere umano non possa innamorarsi di uno spirito, escogita numerose trovate per metterli alla prova e ostacolarli, col fermo intento di porre fine alla loro unione. In conclusione, la Dama Bianca confesserà la verità a Xu Xian ed entrambi riusciranno a esprimere i loro sentimenti più autentici, rafforzando il loro legame e trovando un modo per restare insieme malgrado le difficoltà.

Sabato 5 gennaio alle 18, nel foyer del teatro è prevista una dimostrazione pubblica sull’arte della recitazione con gli artisti cinesi. Ospite Matteo Casari, studioso di teatro e antropologia e docente di Teatri d’Asia all’Università di Bologna. Ingresso libero.

Lo spettacolo, nelle due date, durerà 120 minuti (più 20 minuti di intervallo fra primo e secondo tempo). Per info: www.teatrobonci.it.

Sul sito del nostro giornale sarà pubblicata la recensione dello spettacolo.