Diocesi
Il vescovo don Pino al pellegrinaggio a Roma: “Torniamo a casa con gioia e speranza. E con la nostra vita canteremo un canto nuovo”
Le parole dell'arcivescovo Caiazzo all'omelia della Messa presieduta nella basilica di San Giovanni in Laterano. La foto di gruppo dei 400 pellegrini

A San Giovanni in Laterano, pellegrini alla Porta Santa. È da poco terminata la Messa presieduta dall’arcivescovo Caiazzo a conclusione del pellegrinaggio diocesano alle basiliche romane, che ha portato nella Capitale 400 fedeli dalla Diocesi di Cesena-Sarsina. Il pellegrinaggio è guidato dal nuovo vescovo don Pino, insieme al vescovo emerito Douglas. Tredici i sacerdoti.
L’arcivescovo all’omelia: “Quella che abbiamo fatto oggi non è una gita a Roma, ma è consegnare la propria esistenza e la propria storia intrise dell’amore di Dio e segnate dal limite umano”
Nell’omelia pronunciata a commento delle letture proclamate, l’arcivescovo Caiazzo ha messo in evidenza quanto sia “bello poter dire grazie a Dio che ci ha portato in questa cattedrale di Roma, la cattedra di Pietro che si trova in questa basilica lateranense. Qui oggi ci troviamo in cammino con tutta la Chiesa in questo anno giubilare”. Avvertire e vivere “questa comunione – ha aggiunto il vescovo don Pino – significa non dare per scontato nulla, come se tutto fosse chiaro nella nostra vita”. Invece “la Parola di Dio se penetra nella nostra vita la sconvolge. Questa Parola parla in maniera tanto efficace che non riesce a resistere chi ne viene attirato”. Il percorso di chi incontra questa Parola diventa “la conversione, conversione di tutti e per tutti. Quella che abbiamo fatto oggi non è una gita a Roma, ma è consegnare la propria esistenza e la propria storia intrise dell’amore di Dio, ma segnate anche dal limite umano. Ferite provocate nel proprio cuore e in quello degli altri”. Ma come insegna papa Francesco, “la speranza non delude. Siamo chiamati a essere viandanti di speranza. E la speranza ha un nome: Gesù Cristo – ha aggiunto il presule -. E la speranza non può morire perché Gesù Cristo ha vinto la morte. Oltre c’è Dio che mi ama”.

“Dobbiamo avere il coraggio di parlare il linguaggio di Dio, di annunciare e testimoniare il Vangelo a chi ha le catene della schiavitù della vita“
Monsignor Caiazzo ha proseguito con il commento delle letture. “Si alzò a leggere: lo spirito del Signore è sopra di me – ha detto -. Oggi è su di noi in modo da poter parlare con la vita lo stesso linguaggio di Dio. Un linguaggio di cui ha bisogno l’umanità. Un linguaggio di cui si avverte il bisogno, di cui a volte non sappiamo parlare. Dobbiamo avere il coraggio di parlare il linguaggio di Dio, di annunciare e testimoniare il Vangelo, la buona notizia, a chi ha le catene della schiavitù della vita”. Questo è “il tempo di grazia del Signore, il tempo del giubileo, del nostro pellegrinare”
Nell’omelia pronunciata a commento delle letture proclamate, l’arcivescovo Caiazzo ha messo in evidenza quanto sia “bello poter dire grazie a Dio che ci ha portato in questa cattedrale di Roma, la cattedra di Pietro che si trova in questa basilica lateranense. Qui oggi ci troviamo in cammino con tutta la Chiesa in questo anno giubilare”. Avvertire e vivere “questa comunione – ha aggiunto il vescovo don Pino – significa non dare per scontato nulla, come se tutto fosse chiaro nella nostra vita”. Invece “la Parola di Dio se penetra nella nostra vita la sconvolge. Questa Parola parla in maniera tanto efficace che non riesce a resistere chi ne viene attirato”. Il percorso di chi incontra questa Parola diventa “la conversione, conversione di tutti e per tutti. Quella che abbiamo fatto oggi non è una gita a Roma, ma è consegnare la propria esistenza e la propria storia intrise dell’amore di Dio, ma segnate anche dal limite umano. Ferite provocate nel proprio cuore e in quello degli altri”. Ma come insegna papa Francesco, “la speranza non delude. Siamo chiamati a essere viandanti di speranza. E la speranza ha un nome: Gesù Cristo – ha aggiunto il presule -. E la speranza non può morire perché Gesù Cristo ha vinto la morte. Oltre c’è Dio che mi ama”.
Monsignor Caiazzo ha proseguito con il commento delle letture. “Si alzò a leggere: lo spirito del Signore è sopra di me – ha detto -. Oggi è su di noi in modo da poter parlare con la vita lo stesso linguaggio di Dio. Un linguaggio di cui ha bisogno l’umanità. Un linguaggio di cui si avverte il bisogno, di cui a volte non sappiamo parlare. Dobbiamo avere il coraggio di parlare il linguaggio di Dio, di annunciare e testimoniare il Vangelo, la buona notizia, a chi ha le catene della schiavitù della vita”. Questo è “il tempo di grazia del Signore, il tempo del giubileo, del nostro pellegrinare”.
A conclusione dell’omelia: “Il Signore fa nuove tutte le cose. Ci rialza e ci aiuta ad arrivare alla meta”
In riferimento alla giornata vissuta a Roma, l’arcivescovo ha aggiunto che “non ha importanza se non abbiamo visitato gli altri luoghi. Torneremo a ottobre per continuare a riflettere sulla nostra vita per confrontarla con la Parola di Dio”.
La Parola ascoltata “E sedette” ha trovato il commento del vescovo. “Il Signore ci ha voluto dire: io sono sempre con voi. Oggi questa Parola trova applicazione nella vita di ognuno di noi. Torniamo a casa con gioia e speranza e canteremo un canto nuovo, con la nostra vita, trasformati dal suo corpo che tra poco riceveremo. Il Signore fa nuove tutte le cose. Ci rialza e ci aiuta ad arrivare alla meta”.



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