Diocesi
Il vescovo don Pino al Santuario di Longiano: “Nella Chiesa non c’è posto per chi si sente a posto”
Tanti i temi toccati oggi pomeriggio da monsignor Caiazzo. No a una "fede fai da te", al "si è sempre fatto così" e ai "battitori liberi"

“La via della Chiesa” è il tema affrontato oggi pomeriggio al Santuario del Santissimo Crocifisso di Longiano dal vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo. Il presule è intervenuto nell’ambito del “Deserto delle palme”, in preparazione alla Pasqua, su invito dei frati minori conventuali. Fra i tanti presenti, anche il sindaco Mauro Graziano.
“Non possiamo dire Cristo sì e Chiesa no“
“Non possiamo scindere Cristo dalla Chiesa: Cristo sì e Chiesa no”, ha premesso il nuovo vescovo di Cesena-Sarsina. “La Chiesa – ha sottolineato – ti appartiene allo stesso modo in cui ti appartiene Gesù Cristo, perché sei figlio della Chiesa che ti ha generato. Nel Battesimo per noi si rompono le acque una seconda volta. I padri della Chiesa chiamavano il fonte battesimale l’utero della Chiesa. Dopo la nascita nella carne, il battesimo è la nascita a vita nuova nello spirito. Poi ci sarà la nascita alla vita eterna“. Il vescovo ha sottolineato che ci sono “cristiani che non credono nella vita eterna”, citando i testimoni di Geova e il fatto che, a volte, “basta spostare una virgola nella traduzione delle scritture per cambiarne l’interpretazione”. Per questo “ho bisogno dell’insegnamento della Chiesa, perché è mia madre e non potrà mai tradirmi e a lei porto rispetto e obbedienza”.
“No a una fede fai da te”
Con riferimento implicito agli scandali, monsignor Caiazzo ha citato sant’Agostino, ricordando che “la Chiesa è santa in tutto quello che insegna, ma è anche meretrice perché è formata da persone come noi con i propri peccati”. Per il presule “essere nella Chiesa non significa che hai capito tutto. L’appartenenza a una famiglia, a una storia, viene prima del nome e del cognome. Noi apparteniamo a Cristo e alla Chiesa”. Una Chiesa che “è nata ai piedi della croce, dal costato squarciato di Cristo, da cui escono sangue e acqua, i sacramenti dell’Eucarestia e del Battesimo. Senza Cristo non c’è la Chiesa e non posso credere in Gesù Cristo se non credo nella Chiesa“. Il rischio, ha sottolineato il presule, è quello di “crearmi una mia fede, una mia Chiesa, secondo il mio punto di vista”.

“Volevo curare i corpi, il Signore ha preferito che curassi le anime”
Accennando alla propria esperienza, “i miei progetti – ha riconosciuto monsignor Caiazzo – sono diversi da quelli di Dio. Volevo diventare medico. Volevo curare i corpi, ma il Signore ha preferito che curassi le anime“. Poi la nomina a vescovo dopo 35 anni di sacerdozio nell’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina: “Quando nove anni fa mi telefonò il nunzio, rimasi senza parole e mi venne la febbre a 39. Mi venne chiesto di andare a Matera-Irsina. Non ci ero mai passato, come a Cesena-Sarsina, prima del nuovo incarico”.
“Vado in Chiesa per servire o per salvare il posto?”
L’arcivescovo ha sottolineato che “non scelgo io il mio compito nella Chiesa. Il servizio nasce da una vocazione, da una presa di coscienza di quello che Dio mi sta chiedendo”. A Matera, l’esempio portato, “una donna faceva tutto lei in parrocchia, sembrava il viceparroco. Poi ha litigato con il parroco e non va più in chiesa”. Da qui la riflessione: “Vado in Chiesa per servire Cristo e la Chiesa stessa o per salvare il mio posto? Nella Chiesa non c’è posto per chi si sente a posto“.

“Le scenografie sono belle a teatro, non in Chiesa”
Al termine del suo intervento, il presule ha risposto ad alcune domande. Dai frati di Longiano, la richiesta di un parere sulla liturgia e sulle “Messe troppo personalizzate”. “Presiedere e vivere la celebrazione – ha risposto monsignor Caiazzo – non ha bisogno di tante parole e gesti che non dicono niente e la appesantiscono. Ogni volta che celebro deve essere come la prima volta, l’unica volta, l’ultima volta. La liturgia è il mistero celebrato nell’incontro della vita e, in quanto tale, non ha bisogno di essere spiegato”. Poi il riferimento alla creatività di alcune Messe e, in particolare, all’offertorio: “A volte sembra il supermercato, a volte portiamo di tutto, anche un pallone, mentre ci dimentichiamo di portare il pane e il vino. Evitiamo le scenografie. Sono belle a teatro, non in Chiesa”.
“Non servono tanti preti, ma preti santi”
Una catechista ha sollecitato una riflessione sul rapporto fra fede e tradizioni, alla luce della recente riforma della diocesi con le nuove unità parrocchiali e alcune resistenze. Per l’arcivescovo, citando papa Francesco, “il problema è il si è sempre fatto così e ci sono persone che non ci schiodano. La processione è sempre passata da una strada. Perché dobbiamo cambiare? La Messa è sempre stata alle 8. Perché ora dobbiamo celebrarla alle 9? Ci sono novità che avvengono nelle parrocchie e nelle diocesi. Possono cambiare confini, pastori, esigenze e bisogni”. Da qui una riflessione sulla Chiesa di Cesena-Sarsina: “Se in 14 anni la diocesi ha perso 75 preti e non c’è il ricambio, per il futuro ci possono essere ulteriori cambiamenti. La nostra diocesi ha bisogno non solo numericamente di preti, ma di preti santi. Le cose non succedono mai per caso. Dobbiamo cogliere l’occasione per cambiare mentalità e modi di fare. Anche io mi sono accorto che molti incontri a Cesena-Sarsina si fanno dopo le 21 di sera. Avevo altre abitudini ma mi sono dovuto adeguare. Dobbiamo guardare la realtà per quello che è“.

“I giovani desiderano esperienze, non prediche”
Da un’altra catechista uno spunto sui giovani, interessati a esperienze di spiritualità, ma non all’interno della Chiesa. “Bisogna intercettare il linguaggio dei giovani – ha indicato la rotta monsignor Caiazzo -. Non sempre li capiamo. Le cose non bisogna dimostrarle loro, ma mostrarle. Occorre uscire dalla logica del catechismo scolastico. Sono l’esperienza e il coinvolgimento che parlano: vieni e vedi“, la citazione di Filippo a Natanaele nel vangelo di Giovanni. I giovani, per l’arcivescovo “non vogliono prediche , ma desiderano che mostri e racconti loro esperienze che li possano coinvolgere. In questo modo possiamo metterli di fronte alla Parola del Signore e vedere che i ragazzi ti seguono”.
“In comunione con la Chiesa. No ai battitori liberi”
L’ultima domanda è quella di un giovane adulto che ha chiesto al vescovo un aneddoto significativo per il suo percorso di fede. Dal presule il ricordo dell’esperienza vissuta, da giovanissimo, sulla spiaggia di Isola Capo Rizzuto, suo paese natale: “C’erano dei giovani di Comunione e liberazione che venivano da Milano. Erano sempre contenti e cantavano. Al termine della giornata invitavano noi, più giovani, a pregare in cerchio con loro sulla sabbia. In tre ora siamo vescovi. Negli anni ho incontrato diverse realtà ecclesiali. Il Signore si serve di tutte queste esperienze. L’importante è che sei nella Chiesa e in comunione con essa e non camminare da solo, che tu sia vescovo, sacerdote, suora, diacono o laico. I battitori liberi creano solo divisioni e problemi“.