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Intelligenza artificiale e giornalismo: Zanotti (Ucsi Emilia-Romagna), “una montagna da scalare. Al centro del lavoro restino le persone”
L'incontro si è tenuto a Bologna nei giorni scorsi in collaborazione con l'Ordine dei giornalisti
Intelligenza artificiale, come distinguere il lavoro giornalistico da quello degli algoritmi. Per distinguere il lavoro giornalistico da quello degli algoritmi, Zanotti ha individuato 13 parole tratte dall’incontro del gennaio scorso di papa Francesco con i giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede: “Passione, tempo, ascolto, pazienza, perseveranza, gettare ponti, narrazioni, umiltà, amare, cura, pensiero, responsabilità e attenzione”.
Mettere sempre al centro la persona
Intelligenza artificiale, la grande domanda al centro del lavoro giornalistico oggi. Da affrontare “mettendo al centro le persone”. È il messaggio emerso nei giorni scorsi da più parti nel corso della mattinata formativa organizzata dall’Ucsi Emilia-Romagna con l’Ordine regionale dei giornalisti al Palazzo della cooperazione a Bologna. “Intelligenza artificiale, il pensiero, i linguaggi” il titolo dell’appuntamento formativo al quale hanno partecipato Silvestro Ramunno, presidente dell’Ordine dei giornalisti, Francesco Zanotti, presidente dell’Ucsi Emilia-Romagna, Gigio Rancilio, giornalista del quotidiano “Avvenire”, don Davide Imeneo, direttore del settimanale “Avvenire di Calabria”, Marco Ramilli, esperto in sicurezza digitale, e Maria Elisabetta Gandolfi, caporedattrice “Il Regno”, moderati dal vicepresidente dell’Ordine, Alberto Lazzarini.
Il direttore Zanotti: “Quando trattiamo le notizie trattiamo le persone”
La domanda sull’Intelligenza artificiale riguarda il futuro della professione ed è certamente la più attuale. “Ogni mattina abbiamo una montagna da scalare: è una sfida bellissima – ha detto Zanotti -. È il sale della vita. Io vivo sulla mia pelle, e chi mi sta vicino, per lavoro e in famiglia lo sa, questa sana inquietudine che mi ha trasmesso don Oreste Benzi. Lui neanche dormiva nel suo letto, tanto l’aveva addosso. Aveva trovato il tesoro della sua vita e a tutti lo voleva comunicare. Non c’era tempo da sprecare, neppure nel sonno”.
“Quando trattiamo le notizie trattiamo le persone – ha aggiunto Zanotti -. Uno degli argomenti più delicato da trattare. Trattiamo la vita e la morte delle persone. Quindi possiamo far affidamento solo all’intelligenza artificiale? Non credo”.
È una domanda da porsi anche a partire dalla stretta attualità: “L’alluvione a Bologna ha un peso diverso rispetto a quella in Romagna, ve ne siete accorti, vero? Nonostante 81mila frane, 17 morti e 80 chilometri. È anche colpa nostra? Metterci in discussione fa parte del Dna della nostra professione non solo per l’Intelligenza artificiale”.
Individuate 13 parole chiave, da mettere in campo
Per distinguere il lavoro giornalistico da quello degli algoritmi, Zanotti ha individuato 13 parole tratte dall’incontro del gennaio scorso di papa Francesco con i giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede: “Passione, tempo, ascolto, pazienza, perseveranza, gettare ponti, narrazioni, umiltà, amare, cura, pensiero, responsabilità e attenzione”. Ma, soprattutto, “il giornalista chi è”, ha domandato il presidente dell’Ucsi Emilia-Romagna? Certo, chi scrive la notizia ma soprattutto chi la trova: “Servono occhi aperti e menti sveglie. Ma soprattutto, come dimostra la storia di Giovanna Chirri, la giornalista dell’Ansa che ha fatto lo scoop delle dimissioni di papa Benedetto XVI, per raccontare bisogna esserci”.
L’esperto Marco Ramilli: “Dominare la tecnologia e usare la nostra intelligenza”
“Tutto quello di cui hai bisogno è l’attenzione”, conferma Marco Ramilli, esperto di cybersecurity, intervenuto con un collegamento video dagli Stati Uniti. “L’Ia non è qualcosa di nuovo – spiega – , esiste da tanto tempo. Ha avuto tre fasi: il suo utilizzo per prevedere, quello di machine Learning e infine la generative Ia. Il salto più grande è stato quello avvenuto nel 2017, con la generative Ia e la creazione di algoritmi che hanno un’attenzione distribuita su tutte le parole, capaci di non prendere in considerazione solo l’ultima parola ma l’intera frase. Questo ha generato quello che è successo nell’ultimo anno”.
L’Ia può fare molto, anche nel giornalismo: l’esperto lo dimostra con esempi concreti. Ma “tutto questo ha un costo”, chiarisce. Soprattutto legato ai “bias”, pregiudizi delle macchine alle “allucinazioni”, errori veri e propri, alle manipolazioni e alle responsabilità. “È fondamentale normare, regolamentare e capire quali sono questi pericoli – conclude -. È importante essere consapevoli se quello che stiamo guardando è fatto o meno con l’IA. L’intelligenza artificiale è molto lontana da quella umana. Quello che dobbiamo fare allora è dominare la tecnologia e utilizzare la nostra intelligenza per qualcosa di più alto, e di maggiore valore aggiunto”.