Cesena
Intrigo e amore, la recensione
La storia ai melomani è assai nota, non tanto per l’interesse per il dramma giovanile di Friederich Schiller, quanto perché Giuseppe Verdi ne trasse una sua opera, Luisa Miller, molto interessante anche se non fra le più note del “cigno di Busseto”. Schiller scrisse il dramma quando aveva appena ventitrè anni: un’età in cui si tende a tagliare con l’accetta, a non smussare gli spigoli, anzi, a renderli sempre più appuntiti. I suoi personaggi, infatti, sono a dir poco bidimensionali: ma vediamo dapprima la trama.
Ferdinand, figlio del presidente di un Land germanico, ama, ricambiato, la giovane Luise Miller, umile figlia di un maestro di musica. Il padre, che ha più grandi ambizioni, cerca di far sì che il figlio sposi Lady Milford, favorita del principe; il ragazzo rifiuta e il padre, per separare i due amanti, imprigiona i genitori di Luise e la costringe a scrivere una falsa lettera diretta a un amante. Il giovane Ferdinand, scoperta la lettera, impazzisce di gelosia e, impossibilitato ad amare Luise, la avvelena e con lo stesso veleno si toglie la vita. Come si vede già da una secca esposizione della trama, non c’è molto spazio per l’analisi psicologica, per gli approfondimenti dell’animo umano.
Lo “Stürmer” Schiller unisce il modello shakespeariano di Romeo e Giulietta a quello di Otello, creando un curioso ibrido segnato dalla forza, dalla violenza, dall’enfasi. D’altronde, cosa c’era da aspettarsi da uno scrittore che si riconosceva nello “Stürm und Drang” (tempesta e impeto)? Al di là della qualità artistica del dramma, che è piuttosto altalenante, di interessante nell’allestimento di Marco Sciaccaluga per il Teatro stabile di Genova c’è la bravura del cast. Raramente si è visto un gruppo di attori così affiatato, così forte e coeso; le tre ore del dramma passano in fretta, l’intensità recitativa (fra gli altri, oltre al romagnolo Simone Toni nel ruolo di Ferdinand, vanno ricordati Stefano Santospago nel ruolo del presidente, Mariangeles Torres nel ruolo di Lady Milford e Andrea Nicolini nel ruolo di Wurm, segretario del presidente) fa dimenticare le forzature narrative e gli eccessi di un giovane che muoveva i primi passi nel mondo della drammaturgia. Ha lasciato invece molte perplessità la scelta del regista di vestire gli attori con abiti d’epoca, in un contesto del tutto privo di scenografia, eccettuato il pianoforte collocato nel centro della scena ed usato da numerosi interpreti. Così come si presentava, la scenografia era quella di una prova d’orchestra, con alcuni strumenti abbandonati, leggii e tante sedie metalliche moderne. Anche le luci erano, per forza di cose, del tutto innaturali e collegate agli stati d’animo dei personaggi. Se abbiamo fatto riferimento ad una perplessità è perché questa scelta non ci è sembrato avesse una finalità drammaturgica; non aggiungeva nulla, in altre parole, al dramma che stavamo osservando. Non c’era un sottotesto che facesse comprendere perché quelle persone vestite con abiti del XVIII secolo si aggirassero fra oggetti contemporanei. È mancato, in una parola, quel guizzo interpretativo che permette di creare corti circuiti e proiettare nuovi percorsi interpretativi a testi che, nonostante i secoli di vita, sono ancora in grado di farci riflettere. In questo caso particolare, la fine di Luise è un’eco macabra di tanti e tanti femminicidi compiuti ai giorni nostri. Lo ripetiamo: la perplessità rimane nonostante l’impegno recitativo dell’intero cast.
Il pubblico di giovedì sera era molto scarso, ma ha applaudito copiosamente. La compagnia incontrerà il pubblico nel foyer del “Bonci” sabato alle ore 17,30 e alle ore 18 Simone Toni riceverà il premio per la creatività artistica assegnato dal Festival nazionale di teatro scolastico “Elisabetta Turroni”.