Inverno di razionamenti? Forse, ma intanto risparmiamo energia

L’energia sprecata è come il cibo sprecato. Anche nel migliore dei casi, cioè un inverno mite e l’interruzione solo parziale delle forniture internazionali, famiglie e imprese saranno chiamate a uno sforzo di buone pratiche dettate non solo dal borsellino. Si è capito in questi mesi che la Russia utilizza anche l’arma delle materie prime, minaccia il blocco o vuole farsi pagare tantissimo ciò che lascia fluire.

L’Europa occidentale vuole rendere inefficaci le minacce e combattere la penuria che manderebbe al freddo e alla recessione popoli ed economie non ancora usciti dalla pandemia. La recessione provoca chiusure di aziende, perdita di occupazione, calo del reddito e contrazione dei consumi. Il caro-energia spinge i prezzi di tutto e l’inflazione fa perdere potere d’acquisto. Danneggiati sono soprattutto i già deboli.

Usare bene l’energia, dal gas, al petrolio, all’elettricità (così come il cibo) dovrebbe essere un obiettivo etico anche senza guerre in corso. In tutta Europa si stanno prendendo provvedimenti per contenere il consumo energetico, sanzionando i comportamenti di spreco: un esempio per tutti, le multe in Francia per i negozi di strada che lasciano le porte aperte alla clientela e all’interno devono aumentare l’utilizzo dell’aria condizionata.

In Italia, a brevissimo, arriveranno provvedimenti di contenimento dei consumi sulla base di un piano che prevede tre livelli di emergenza. Nel caso si arrivasse al terzo e massimo livello il Governo Draghi ha previsto l’abbassamento di due gradi della temperatura dei termosifoni, la chiusura alle 19 degli uffici pubblici (che potranno tenere una temperatura massima di 19 gradi). Per ristoranti e locali serali lo stop alle attività verrebbe fissato alle 23. Le aziende dovranno mettere in conto qualche interruzione di elettricità. I Comuni hanno l’obiettivo di ridurre del 40 per cento l’illuminazione pubblica. I dettagli verranno precisati a giorni.

Si arriverà al terzo livello? Il Governo assicura che lo stoccaggio di gas copre l’80 per cento del possibile surplus dei consumi. Nessuno può sapere se la Russia deciderà di interrompere totalmente i flussi che passano dalla Germania. Finora il blocco è stato d’avvertimento, ufficialmente per la manutenzione (31 agosto-2 settembre) del gasdotto Nord Stream 1. Ed è bastato per far schizzare il prezzo del gas a 300 euro a megawattora. Prima dell’invasione in Ucraina il prezzo era già in movimento da mesi, superava i 100 nel dicembre scorso ed era salito a 125 dopo l’invasione.

C’è una componente speculativa, come in tutte le materie prime, di operatori finanziari che operano sui future (cioè contratti per compravendite di gas dei prossimi mesi che influenzano le decisioni di oggi ) alla Borsa di Amsterdam. Ogni speculatore ha bisogno di una storia negativa o positiva da raccontare per rendere credibile la sua scommessa. La guerra rende verosimile ogni ipotesi estrema.

Per le imprese un prezzo del gas vicino ai 280-300 dollari vuol dire appesantire il costo dei propri prodotti e servizi, diventati meno competitivi rispetto alla concorrenza di altre aree al riparo dal caro-energia. Per le famiglie sono costi aggiuntivi che svuotano i margini di manovra mensili. Capiremo di quanto già a fine mese quando l’Authority di settore Arera anticiperà l’entità degli aumenti delle bollette che entreranno in vigore dal primo ottobre.

Il Governo ha previsto un importante stanziamento per mitigare l’effetto sulle bollette e sul costo dei carburanti. Dovrà spiegare agli italiani perché è conveniente, etico e utile alla conclusione del conflitto un livello massimo di attenzione anti-spreco. Poi ognuno dovrà fare la sua parte.