Italia viva si ritira dal Governo, ignorando l’appello di Mattarella

Le ministre (e il sottosegretario) di Italia Viva lasciano il governo. L’annuncio di Matteo Renzi arriva nel tardo pomeriggio in conferenza stampa dopo che per tutte la giornata si era cercato di scongiurare questo passaggio traumatico che forse era diventato inevitabile. Ma non è detto che la situazione sia senza sbocchi. Nella situazione in cui è il Paese, con oltre 80 mila persone morte per Covid, la recrudescenza dei contagi, la campagna vaccinale in corso, la declinazione nazionale del Recovery Plan da portare avanti, i ristori economici da incrementare con un nuovo scostamento di bilancio, l’Italia deve assolutamente avere un governo nella pienezza delle sue funzioni e con una maggioranza chiara. Renzi ha anticipato che in Parlamento Iv voterà comunque per lo scostamento di bilancio e per i nuovi ristori, come oggi ha votato per la risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni del ministro della salute, Roberto Speranza.

In arrivo nuove misure anti-contagio e stato di emergenza prorogato fino al 30 aprile: è atteso per stasera il Consiglio dei ministri, il primo senza la delegazione di Iv.

Queste rassicurazioni, in sé ovviamente positive, rendono però ancor meno decifrabile il senso di questa crisi. Non era davvero possibile evitarla? Ieri, in un Cdm concluso abbondantemente dopo la mezzanotte, era stata finalmente approvata la bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il documento in cui il governo spiega come intende impiegare le risorse del Recovery Plan europeo. Il Piano ha recepito molte delle proposte avanzate da Iv, le cui ministre si sono però astenute. Non sembrerebbe tuttavia impossibile arrivare ad un accordo pieno tanto più che il Piano non è un documento chiuso e definito e su di esso si devono ancora acquisire i contributi di Camera e Senato. Ma l’accordo bisogna volerlo.

La giornata politica di oggi si è aperta con il ministro Speranza a Montecitorio. Nel pomeriggio il ministro della Salute si è spostato a Palazzo Madama e il Parlamento impegnato tutto il giorno a discutere dell’emergenza Covid ha fatto da simbolico contrappunto ai tentativi di evitare la rottura nella maggioranza. In azione soprattutto i “pontieri” del Pd. Dal versante M5S è arrivato a sorpresa un input di Beppe Grillo nella direzione di un accordo politico unitario oltre tutti gli schieramenti, subito bocciato da Matteo Salvini che si è detto contrario al “minestrone”.

Il premier, dal canto suo, è andato al Quirinale per riferirgli del varo della bozza sul Recovery e naturalmente per fare il punto sul quadro politico-istituzionale.

Il messaggio del Colle è chiaro: uscire velocemente da una condizione d’incertezza a fronte dall’allarmante situazione creata dalla pandemia. Rientrando a Palazzo Chigi, Conte rilascia dichiarazioni concilianti. Dice che “il governo può andare avanti solo con il sostegno di tutte le forze di maggioranza”, che sta lavorando a “un patto di fine legislatura” e che “una crisi non sarebbe compresa dal Paese”. Poche ore dopo, però, Renzi conferma il ritiro della delegazione. Dichiara di non avere pregiudiziali sul nome del premier e sulle formule di governo e di non immaginare “ribaltoni” con la “destra sovranista e anti-europeista”. Ma se l’accusa nei confronti di Conte è addirittura di non aver rispettato le “regole della democrazia” il percorso diventa veramente problematico.