Dall'Italia
La crisi che può portare verso nuovi miracoli
Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata, risponde a quattro domande sulle prospettive future dell’economia e della società, in Italia e in Europa.
Come valuti le misure messe in atto dal governo in questi giorni per far fronte ai problemi che il virus ha prodotto nella economia del nostro Paese e non solo?
Importante garantire liquidità a famiglie e imprese oggi, per far sì che nessuno perda il lavoro a causa del Coronavirus, come ha giustamente detto il ministro Gualtieri. Bisogna intervenire cercando di coprire tutte le categorie anche le più deboli. Le crisi finanziarie distruggono valore e questo valore deve essere ricreato. Lo sta facendo lo Stato con un aumento di spesa pubblica, che creerà più deficit e più debito. Dovrebbe e potrebbe fare di più la banca centrale, che ha il potere di creare direttamente ex nihilo moneta e di metterla nelle tasche dei cittadini (si chiama helicopter drop of money). Ed evitare che questo intervento straordinario degli Stati si traduca in futuro in più spesa per interessi. È un passo che probabilmente i mercati finanziari si aspettano in questi giorni di turbolenze.
L’impatto sull’economia quali danni sta facendo e che scenario lascerà dopo la quarantena? In pratica, che futuro ci attende?
Dipende dalla durata della crisi. L’orizzonte implicito considerato dal governo nel decreto appena approvato è di 9 settimane. Potrebbero essere di meno o probabilmente di più. Avremo sicuramente una perdita del Pil di diversi punti e una crescita del rapporto debito/Pil in aumento di vari punti percentuali. Il futuro dipenderà dalle lezioni che sapremo trarre da questa crisi. Avremo una gran voglia di ripartire, ma sarebbe sciocco non tener conto del fatto che esistono dei rischi da cui dobbiamo imparare a proteggerci meglio.
L’Unione Europea come ne uscirà? Sarà più coesa o i sovranismi prevarranno?
Mauro Magatti ha detto recentemente che le tragedie comuni possono fare il miracolo di rigenerare moralmente e spiritualmente i popoli. Dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale è nata la Comunità europea, partendo dalla condivisione di acciaio e carbone tra francesi e tedeschi. Oggi forse siamo alla vigilia di un altro miracolo. Dopo una reazione insufficiente ed inaccettabile, la Bce sta adottando misure straordinarie, come l’acquisto maggiore di titoli di Stato nazionali, di titoli di piccole imprese, di titoli greci prima proibiti, superamento quote di titoli acquistabili di ciascun Paese. Ci aspettiamo adesso altri miracoli come i Coronabond – finalmente il primo tipo di eurobond, ovvero di condivisione del rischio tra i Paesi, favorito dal fatto che è chiaro che le difficoltà attuali non nascono dalla negligenza dei Paesi. Io ho auspicato due interventi ancora più forti come l’helicopter drop of money (vedasi banca centrale di Hong Kong), dove la banca centrale manda direttamente assegni a casa ai cittadini saltando il passaggio delle banche. In momenti straordinari deve nascere il coraggio di prendere misure eccezionali.
Infine: dopo aver sperimentato una sobrietà forzata, con la conseguente purificazione dell’ambiente, avremo la capacità di fare nostro un nuovo modo di consumare?
La crisi è una gigantesca esercitazione forzata di smart working. Quando torneremo alla normalità non dobbiamo tornare al mondo di prima. Abbiamo bisogno di molto più smart work per cogliere tre piccioni con una fava: diventare più ricchi di tempo ed essere maggiormente capaci di conciliare lavoro e relazioni; favorire la transizione ecologica e ridurre l’inquinamento; essere più resilienti di fronte agli shock di future pandemie. Faccio l’esempio dell’università. Abbiamo capito in questo periodo che possiamo fare tutto online mantenendo una buona qualità. Tornando alla normalità dobbiamo mantenere le abilità acquisite, dedicando una settimana al mese o ogni due mesi al lavoro in modalità online. Sarebbe una cosa valida di per sé e una sorta di esercitazione, per essere sempre pronti a momenti di crisi come questo pur sperando che non tornino in futuro.