La disabilità e il tempo lento che fa bene

Per qualcuno rallentare è un bene.

Simone ha 17 anni, è alto 1,78 e pesa 90 chili. Un ragazzo ben piazzato, forte e grande che soffre di una forma piuttosto grave di autismo da quando aveva un anno e mezzo.

Anche lui, come tutti, è chiuso in causa per l’emergenza sanitaria in corso eppure, racconta la mamma Marta “mi ha stupito. Non ha reagito male a questa costrizione. Forse questa tranquillità che mostra è dovuta al fatto che tutta la famiglia sia in casa, che i ritmi sono lenti e lui può svolgere i rituali che lo rassicurano. Non so spiegarmelo, ma sono veramente stupita, in bene”.

Simone ha due sorelle più grandi. Abitualmente frequenta il liceo “Marie Curie” di Savignano. La sua vita ordinaria, racconta la signora Marta, si distribuisce tra l’attività fisica con Around sport, società sportiva di Savignano sul Rubicone che pratica calcio integrato e accoglie tra i suoi atleti anche i portatori di disabilità, e l’attività svolta presso la comunità  “Amici di Gigi” di San Mauro Pascoli.

Nel ritmo ordinario le sue giornate sono piene e spesso a contatto con i coetanei. Ma è un pieno, continua la mamma “che talvolta gli provoca agitazione e nervosismo come accade anche in estate al termine della scuola, quando lo scorrere del tempo normale si interrompe e subentrano altri ritmi. Questo per lui è motivo di inquietuidine”.

“Le giornate lunghe e vuote che ci aspettano mi preoccupavano – continua la mamma di Simone -. Ma abbiamo sempre cercato di trasmettergli serenità. Trascorriamo più tempo con lui,  gli stiamo dietro, cuciniamo insieme, abbiamo i momenti del pranzo, del thè e della preparazione dei cibi per lui molto importanti e distensivi. Simone sente questa distensione in positivo. Avverte che c’è la famiglia e c’è calma, e ne beneficia”.

“Penso che il beneficio provenga dal fatto che i ritmi esterni si sono adattati alla vita quotidiana di Simone“ – commenta Giulia  Incerpi, allenatrice presso Around sport da tre anni nell’ambito del progetto “Calciando la disabilità”. Con in tasca una laurea triennale in scienze motorie più la magistrale in scienze dello sport, Giulia si occupa in particolare di calcio integrato, che vede lavorare insieme atleti normodotati e atleti portatori di disabilità. Tra i suoi allievi, c’è anche Simone. “Nella pratica del calcio integrato è lo sport che si adatta alle capacità del ragazzo e non viceversa – spiega –. Noi chiediamo ai ragazzi normodotati di rallentare i ritmi per adattarli a quelli dei compagni disabili. Nella pratica sportiva comunemente avviene l’inverso”.

All’interno di un gruppo di una quindicina di ragazzi portatori di disabilità, Around sport prevede la presenza di 5 o 6 ragazzi normodotati per ciascuno dei due allenamenti settimanali. “Dal nostro settore giovanile ci sono alcuni ragazzi, sia tra i pulcini che tra gli allievi, che chiedono di fare regolarmente per tutto l’anno anche gli allenamenti di calcio integrato oltre che gli allenamenti ordinari. Sono fantastici”.

Il progetto di calcio integrato “Calciando la disabilità” è stato ideato dal cesenate Massimo Buratti, attivo presso l’Orogel Stadium Dino Manuzzi.

“Io sono in contatto costante con le famiglie dei nostri allievi di calcio integrato. Non è facile tenere fermi in casa ragazzi che vogliono correre, muoversi e che spesso non hanno verbalità e comunicano solo fisicamente. L’esperienza di Simone mi sorprende e conferma  – conclude Giulia – quanto sia importante rispettare il ritmo di ogni allievo e il suo benessere, valorizzare i suoi punti forti. La testimonianza della mamma di Simone è bellissima”.