La festa dell’Assunta, il 15 agosto

In vista della solennità di Maria Assunta in cielo che la Chiesa celebra il 15 di agosto, pubblichiamo una riflessione sulla figura di Maria e su ciò che significa per noi volgere lo sguardo alla Madre di Gesù. 

In quei giorni Maria si alzò e andò in tutta fretta verso la regione montuosa..” Oggi sappiamo che quel luogo viene chiamato Aen Karem, dove abitava l’anziana parente Elisabetta, cugina della madre. Elisabetta, avanti negli anni, attendeva il figlio nel suo grembo, il futuro Giovanni; a noi interessa perché Maria lascia la sicura Nazareth, un matrimonio in divenire, era promessa sposa di Giuseppe il carpentiere. Maria si sente chiamata, anzi meglio, spinta ad andare. E’ lo Spirito, di cui le è ripiena che la “costringe” a non rimanere lì in casa ma a soccorrere la cugina e a portarle la conferma che quello che sta succedendo ad Elisabetta anche in Maria si avvera. Non dice: -“ma sì domani”, o “appena avrò tempo” o altre scuse, come faremo noi. Va.. non è una passeggiata arrivare al paese sul monte, a dorso di mulo, per quelle vie impervie, al confine, strade battute da soldati romani e persone da poco socievoli. Lei va. Non sappiamo con chi, se sola o se accompagnata. Va.

È l’amore che la spinge. Ed è l’amore che spinge anche noi, figli suoi, poveri peccatori a salire il monte e a farle visita. Lei non ha bisogno, noi sì. Abbiamo bisogno della sua preghiera, della sua intercessione, lo sappiamo bene che per arrivare al Cuore di Dio, lei è un’ ottima corsia preferenziale. Solo l’amore, il vero amore sposta gli equilibri, come va di moda dire oggi. Rispondere alla sua chiamata ci fa tornare bambini, quando la mamma ci chiamava dalla terrazza o dalla finestra perché il pranzo era pronto. Non facciamola attendere. Se ci fermiamo in silenzio, magari con la corona in mano e tendiamo l’orecchio del cuore ci sembra di sentirla:- “Vieni, vieni figliolo quassù sul monte, ti prendo per mano ed insieme andiamo da mio Figlio..”. Non riduciamo a visitarla solo il 15 agosto la nostra devozione a lei. Se due promessi sposi si scambiano tenerezze, baci e promesse solo una volta all’anno, l’amore che è sbocciato in loro non avrà lunga vita. Andiamo con fiducia dalla nostra mamma e maestra. Lei custodiva e custodisce tutto nel suo cuore. È un cuore di madre.

Impariamo da lei. “Custodire” è un termine che ci apre alla contemplazione del mistero. Custodire, preservare, proteggere, rende inviolato, appunto,  in sé la vita del suo figlio, il mistero di Dio che si è realizzato in lei. Ma oggi siamo qui a contemplare, cioè a fissare lo sguardo soprattutto il pensiero su questo evento, la sua assunzione al cielo con ammirazione, stupore e meraviglia. Facendo un saltino indietro con la mente all’8 dicembre, tutti gli anni la Chiesa si ferma a celebrare, rendere vivo il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria. Immacolata, pura, senza macchia, candida, inviolata e oggi si chiude il “ciclo in terra”di Maria per lo stesso privilegio. Il privilegio della purezza del suo grembo che doveva accogliere e generare al mondo il Figlio di Dio e Dio stesso. Come possiamo solo pensare con le nostre menti terrene che quel grembo dopo aver dato alla luce potesse un giorno essere contaminato dalla morte e decomporsi come tutti coloro che l’avevano preceduta? Maria è una creatura. Sì, come lo siamo noi. Ma lei è la mamma di Gesù, che è Dio stesso e questo la innalza alle più sublimi vette. Gli angeli e gli arcangeli la onorano; i beati e i santi la venerano dall’eternità.

Ringraziamo Dio allora per questo grandissimo dono. Per tutto quello che lei ha fatto, fa e farà per noi, ma soprattutto per la gloria resa a Dio. La sua vita umile è stata un continuo “magnificat” cantato con la sua vita a Dio in terra. Ora tocca a noi. Da oggi stesso, con la sua intercessione diamo lode a Dio con una vita santa.