Cesena
La festa di Radio3Rai. Canzoni tra passato e presente
La fila del pubblico si snodava attorno al Teatro “Bonci” già molto prima che iniziasse il concerto, a testimonianza dell’affetto che in Romagna, e a Cesena in particolare, si rivolge a Vinicio Capossela, che in città tenne in anni ormai lontani i suoi primi concerti, e dove ha mantenuto una rete di rapporti artistici e umani.
In un “Bonci” gremito in ogni ordine e posto, infine, Guido Barbieri ha introdotto Capossela, vestito in modo da ricordare un curioso personaggio, a metà fra il brigante e l’untore. D’altronde il nuovo disco, “Ballate per uomini e bestie”, fin dal titolo denuncia l’aspetto culto dell’opera del musicista irpino, che si muove in una prospettiva plurisecolare, alternando testi del folklore (campano, in particolare, ma non solo) a opere della letteratura “alta”, riscritti con una “mise en abyme” che trasforma quello che potrebbe essere un esercizio di stile in una vera e profonda riscoperta. Oltre a tutto ciò, per fortuna, l’aspetto ritmico ed espressivo, che fa sì che tutto quanto s’è detto prima si trasformi sempre in una gioia per le orecchie, aspetto da non trascurare. Di questo nuovo album è uscito poche settimane fa il video della canzone “Il povero Cristo”, un video molto suggestivo, diretto da Daniele Ciprì, ambientato a Riace, con Enrique Irazoqui nel ruolo del Cristo. A molti questo nome non dirà molto, ma Irazoqui fu Cristo nel celeberrimo “Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini (1964). Nel video il Cristo di oltre cinquant’anni fa, pur riconoscibile, appare ovviamente invecchiato. Se è comprensibile la scelta di Riace, città simbolo del dialogo e dello scontro fra le culture, e fra le diverse idee politiche e sociali, la scelta di Irazoqui può non essere altrettanto evidente. «Volevamo far capire – ha detto Capossela, introducendo la serata – che se Dio vuole davvero provare l’esperienza umana deve invecchiare, portare la croce del tempo. Il Cristo della canzone è, letteralmente, “un povero cristo”, che non viene ascoltato da nessuno. Amare il prossimo tuo sembra facile, ed invece è difficilissimo».
Il concerto ha visto l’esecuzione di dodici dei quattordici brani del disco, ed è difficile fare una graduatoria fra le canzoni. Bellissima quella ispirata dalla “Ballata del carcere di Reading” sul testo di Oscar Wilde, ritmata e coinvolgente la ballata dedicata alle tentazioni di Sant’Antonio (qui in particolare folklore e letteratura alta si danno la mano, unendo le tradizioni popolari alla suggestione del romanzo di Flaubert), ritmata e divertente la ballata dedicata al testamento del porco (anche questo un tema tipico della poesia medievale), delicata e struggente la versione musicale del capitolo VIII dei “Fioretti di San Francesco”, quello dedicato al concetto di «perfetta letizia» (non è essere santi, nemmeno poter risuscitare i morti, ma sopportare i dolori della vita), fino alla canzone forse più curiosa, che nasce da un fatto di cronaca. Il 21 settembre 2012 una giraffa era fuggita da un circo, a Imola. Rincorsa, era stata colpita da un proiettile soporifero, ma per vari motivi l’animale ebbe un arresto cardiaco e morì. Una vicenda, come si vede, ben oltre il paradossale: l’animale simbolo della vita selvaggia che si scontra con la vita quotidiana, e viene sopraffatto. Lo stesso Capossela ha ricordato come una storia del genere, in un romanzo, sarebbe apparsa falsa: la realtà ha più fantasia degli stessi scrittori.
Alla fine del concerto, in un secondo momento di dialogo con Guido Barbieri, Capossela ha precisato perché in questo nuovo disco c’è spazio solo per le ballate, un tipo di musica, apparentemente, del tutto antimoderno. La risposta, data come sempre con un sorriso spiazzante, è semplice: «In questi tempi di semplificazione io voglio rivendicare il diritto alla complessità». E per chiudere degnamente la serata, un ritorno al passato, con l’accompagnamento del bandoneon del cesenate Pepe Medri, «dalla Fiorita», ha precisato Capossela, con cui il musicista suonava nel Circolo “Intifada” alla Fiorita, il popoloso rione cesenate, multietnico quando questa parola ancora non si usava. Inutile dire che il pubblico era entusiasta, e ha tributato al moderno trovatore una vera e propria ovazione.
La festa di Radio Tre a Cesena ha chiuso il suo primo giorno
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