La lezione di vita di Eva e la famiglia Lappi: amare oltre le difficoltà

La storia di una famiglia che ha aperto il cuore e la casa a chi cerca sostegno, senza mai chiedere nulla in cambio

I coniugi Lappi con Gianni Varani e, a sinistra, Giovanna Galassi e Francesca Pirini, tra gli organizzatori della serata

In una serata a Savignano sul Rubicone, Roberto e Claudia Lappi hanno condiviso il loro percorso di vita accanto alla figlia Eva, simbolo di forza e resilienza, e di una casa sempre aperta per chi è in cerca di speranza.

Un nucleo familiare speciale

Eva ha 18 anni, sette fratelli su questa terra e altri quattro in cielo, è allettata e intubata, mangia grazie alla Peg e non parla. A Casalecchio di Reno lei e la sua famiglia sono conosciuti come “I Lappi”. I Lappi sono Roberto, il padre, imprenditore termo-idraulico, la mamma, Claudia, insegnante, Francesco, Caterina, Giuseppe, Andrea, Maddalena, Eva, Davide e Sara (gli altri quattro, ci tiene a sottolineare papà Roberto “gravidanze non concluse, sono in cielo ma per noi sempre presenti”). Quando c’è un problema, un homeless che cerca un tetto, un carcerato che ha bisogno di un appoggio, un tossico, una prostituta, un cercatore di senso, càpita che i parroci della zona lo mandino dai Lappi. I quali, se li guardi con gli occhi di una persona “normale”, di problemi ne avrebbero già abbastanza.

Per vivere Eva ha bisogno di un’”intensiva”, spiega ancora Roberto Lappi, chiamato a raccontare la sua storia l’altra sera, giovedì 7 novembre, in occasione del secondo incontro della rassegna “Il coraggio di costruire la pace” in corso a Savignano sul Rubicone al teatro Moderno, a cura della Commissione cultura parrocchiale.

“Noi abbiamo una terapia intensiva a casa. Eva non è qui al teatro Moderno perché non si può spostare fisicamente, deve stare a letto, collegata ai tubi, non respira e ha bisogno di tutto”, continua mentre un video proiettato alle sue spalle mostra come si svolgono le complicate operazioni del pranzo, dell’igiene e della gestione quotidiana, in carico ai genitori e ai fratelli. Lo sa bene chi ha un ammalato grave in famiglia “perché l’alternativa sarebbe una struttura dove queste persone di solito vengono abbandonate”.

Una casa sempre aperta

Eppure. La loro casa è aperta. Aperta anche in senso letterale. Chi vuole entra, non ci sono chiavi, va in frigorifero se ha fame, prega con loro se vuole pregare (in casa Lappi si prega a flusso continuo) o va a salutare Eva per attingere alla sua gioia, che è il vero motivo che muove i tantissimi frequentatori della casa.

Ce ne sono anche di stabili, come le due donne che abitano dai Lappi in questo momento, ex carcerate, una di loro per omicidio. Ha ucciso il marito. “Noi le accogliamo perché quando uno ti tende la mano e ti dice, aiutami voglio cambiare vita, tu cosa fai? Non lo accogli? – chiede Roberto alla platea, piuttosto silenziosa e attenta -. Mi hanno detto, ma non hai paura che ti rubi qualcosa o ti uccida la moglie? Vi dico una cosa: noi quando ci siamo sposati abbiamo detto a Dio, dacci tutti i figli che vuoi, basta che siano sani…”.

Eva, un incontro che ha cambiato la vita a tanti

Poi è arrivata Eva, la sesta. “Una sberla della vita”, dice Claudia.

“Abbiamo chiesto a Dio che se la riprendesse” – aggiunge guadagnando una parvenza di ordinarietà alle orecchie del pubblico del Moderno, mentre molti ricordano la storia di Luana Englaro o di dj Gabo. “Il problema principale oggi penso sia la solitudine in cui sprofonda una famiglia in cui all’improvviso si affaccia una malattia degenerativa. Se riscoprissimo la solidarietà umana, tante persone potrebbero ritrovare in sé la forza che nasce dall’affetto. Il dolore e le scelte vanno rispettate – sottolinea Claudia – io li ho provati sulla mia pelle.”.  

Cos’è successo? “È successo che a un certo punto ho capito che Eva la dovevo guardare così com’era, non come la figlia che avrebbe dovuto essere secondo me, e ho deciso di amarla così. Se siamo qui per parlare di pace – continua Claudia – che a nostro parere è un tema centratissimo per questa serata, dobbiamo prendere gli altri così. Dobbiamo accettare l’altro per come è e non per il vicino di casa che ci aspettiamo che sia, il marito che vorremmo, il collega, il fratello, il parente che dovrebbe essere. Eva non ha mai parlato, non comunica, vive ciò che è”.

Oggi la sesta figlia Lappi è il centro spirituale della famiglia, un faro che dona luce al buio di chi la cerca, come raccontano le storie che si sono succedute negli anni a casa Lappi e come si legge nel libro presentato al Moderno ieri sera “Il senso di Eva per la vita”, di Gianni Varani, il cui titolo cita apertamente “Il senso di Smilla per la neve”, thriller del danese Frøken Smillas. Chi sperimenta il caldo sorriso della silenziosa Eva – opposto al bianco gelo che circondava la piccola Smilla –  spesso cambia vita, in meglio.

La scelta di una vita dedicata agli altri

“Io e Claudia avevamo tutto. Tanti soldi – aggiunge Roberto Lappi -. Io sono figlio di imprenditori, mi padre aveva 100 dipendenti, Claudia una laurea in fisica. Quando ci siamo incontrati e innamorati, non avevamo bisogno di niente ma sentivamo il vuoto. Allora abbiamo lasciato tutto e siamo andati a vivere in un campo profughi”.

Il campo era a Monteveglio, tra Bologna e Modena, dove padre Giuseppe Dossetti viveva con i suoi monaci e dove vennero costruiti i ‘cubetti’ con i prefabbricati terremoto del Friuli, piccole casette di legno che accoglievano i profughi della guerra “dimenticata” dei Balcani.

 “Lo sappiamo cos’è la guerra, lo sappiamo, eppure non impariamo!” esclama Roberto tornando con la memoria a quegli anni comunque per loro “bellissimi”. Lì la coppia, insieme a molti altri che da tutta Italia raggiunsero padre Dossetti per seguirlo, dai grandi politici alla gente comune, condivideva le giornate con persone appartenenti a Paesi in guerra, a religioni diverse, a idee politiche tra loro opposte. “Ma quando Dossetti li abbracciava vedeva le persone non le idee” racconta Roberto tornando poi al presente.  

Un invito a cambiare priorità

“Sapete perché siete tristi? Alzi la mano chi non è triste”, provoca incontenibile la gente seduta in platea. “Siete tristi perché inseguite la cosa sbagliata. Siamo tutti idolatri della cosa sbagliata, adoriamo il mondo e quello che ci sta dentro. Perdiamo le nostre forze e i pochi giorni che abbiamo per adorare idoli. Eva ci invita a fare presto, a cambiare il nostro modo di essere. Per imparare a camminare, a stare in piedi, bisogna stare in ginocchio”. Lo sappiamo cosa faceva Cesare Pavese per calmare il suo male interiore? cita Claudia, prendendo per un attimo i panni della prof. Andava verso gli altri. “Aprite la vostra casa. Fate il bene, senza saperlo, accoglierete degli angeli”.

A termine serata pensi che stando vicino a queste straordinarie anime, qualcosa ti si attaccherà di certo, un contagio di bene. Molti istintivamente avanzano verso il palco. A che ora possiamo venire a conoscere Eva domenica prossima, gli chiedo a un certo punto.  

Non venite da noi, andate a cercare la vostra Eva. Ce l’avete sicuramente sotto casa”.