Dall'Italia
La mano dietro il Decamerone
Alla scoperta del copista di Boccaccio
Chi era Francesco d’Amaretto Mannelli, ai più ignoto. Lo scopriamo grazie al lavoro di Enrico Moretti
Boccaccio molto legato alla Romagna
Giovanni Boccaccio non è stato solo uno dei primi e più grandi scrittori della lingua italiana. Non è stato solo uno dei primi umanisti. Non è stato solo lo scrittore italiano, insieme a Petrarca, più apprezzato e letto in Europa. È stato anche molto legato alla Romagna. Causa di ciò fu, ovviamente, il fatto che il corpo di Dante riposasse a Ravenna e che nella città romagnola vivesse suor Beatrice, figlia del poeta. Attento cultore dell’opera dantesca, ricercatore di dati ed eventi sulla sua vita, Boccaccio ha frequentato ripetutamente la Romagna: anche per questo motivo la sua figura merita un’attenzione particolare da parte del mondo della cultura e non solo.
Francesco d’Amaretto Mannelli
La casa editrice fiorentina Olschki ha iniziato la pubblicazione di una nuova collana, “Giovanni Boccaccio. Testi e studi”, giunta al secondo volume (del primo, Il Dante di Boccaccio, abbiamo già dato notizia) con uno studio dettagliatissimo su un personaggio pressoché ignoto al di fuori della cerchia degli specialisti: Francesco d’Amaretto Mannelli. Chi era costui?, giustamente si chiederanno i lettori. Francesco Mannelli fu il copista di Boccaccio, fu uomo di cultura, fu uno dei tramiti fra l’opera del certaldese e il mondo dei lettori. In un tempo in cui non esisteva la stampa, realizzare un’edizione valida di un libro, che permettesse ad altri di copiarla, divulgando così il vero pensiero dell’autore, era un’operazione fondamentale. Tante volte i lettori antichi lamentavano la trascuratezza dei copisti, che non avevano capito, avevano banalizzato o addirittura rovinato un passo dell’opera che stavano leggendo. Francesco Mannelli fu un uomo di cultura, nato nel 1357 e morto probabilmente nel 1432, in totale povertà, benché venisse da una prestigiosa famiglia fiorentina. La famiglia Mannelli era ricca, però, fu scacciata dalla città e perse gran parte dei suoi averi. Francesco Mannelli, nel 1384, pochi anni dopo la morte di Boccaccio, compose in un codice due opere, il Decameron e il Corbaccio.
La sua opera di copista
La sua opera di copista è tanto importante perché egli lavorò quasi certamente sui testi dello stesso autore: l’importanza di questa sua operazione è testimoniata dalle edizioni che vennero fatte del suo codice: prima ispirò altri copisti, e poi, quando nacque la stampa, dal suo manoscritto vennero numerose edizioni del Decameron. La validità dell’opera di Mannelli fu apprezzata ancora maggiormente quando, negli Anni Sessanta, si scoprì che il codice Hamilton 90, conservato a Berlino, era un autografo del Boccaccio: i testi dei due codici sono estremamente simili, e in più il codice di Mannelli (Laurenziano Pluteo 42.1, a Firenze) è completo, a differenza di quello tedesco. Mannelli, però, non si limitò a copiare il testo del Boccaccio, ma inserì anche dei commenti, ben 335: note a volte linguistiche, a volte concettuali, a volte riservate a noi lettori, a testimonianza che l’opera che stava portando avanti non era solo per un uso privato, ma per un possibile lettore di quello che, a tutti gli effetti, stava diventando un classico moderno.
Il lavoro di Enrico Moretti
Oggi possiamo conoscere la vita di Mannelli e i suoi testi grazie al lavoro di Enrico Moretti, che gli ha dedicato la vasta ricerca appena pubblicata da Olschki: attraverso questo studio ampio e validissimo i lettori e gli appassionati potranno scoprire nuovi aspetti della cultura del primo umanesimo, verificando la qualità degli interventi di questo uomo di cultura che si mise al servizio del genio di Certaldo.
– Enrico Moretti, Francesco d’Amaretto Mannelli copista, filologo e lettore del Decameron, Olschki, Firenze 2024, pagg. 366, 30 illustrazioni, euro 39.