La spiritualità nei dipinti cesenati del Guercino

La spiritualità e il carattere sacrale delle opere del Guercino (1591 – 1666), alias Giovanni Francesco Barbieri, sono state al centro dell’incontro, promosso dall’Associazione Zaccagnini, che si è svolto venerdì 7 febbraio presso la Sala Lignea della Biblioteca Malatestiana.

Al convegno, introdotto da Ercole Acerbi, ha partecipato, in qualità di relatore, lo scrittore e critico d’arte Massimo Pulini che ha dialogato con la giornalista Elide Giordani.

Il noto pittore del periodo Barocco, originario di Cento, fece sfoggio della sua vena artistica già in giovanissima età quando, a soli sei anni, realizzò sulla facciata della propria casa un dipinto raffigurante la Madonna. Ancora in vita, divenne un artista assai richiesto e tra i più gettonati a livello europeo tant’è che i sovrani erano soliti contenderselo.

Riguardo al disturbo oculistico che portò i suoi contemporanei ad affibbiargli l’epiteto di Guercino, il biografo Jacopo Alessandro Calvi nelle Notizie della vita, e delle opere del cavaliere Gioan Francesco Barbieri detto il Guercino da Cento (1808) racconta che quando era ancora in fasce, “occorse che un giorno mentre egli dormiva, per trascuraggine forse della donna che l’aveva in cura, ci fù chi vicino a lui proruppe d’improvviso in grido così smoderato e strano, che il fanciullo svegliatosi pieno di spavento, diedesi a stralunar gli occhi, cui fors’anco abbagliava alcun lume, per sì fatta guisa, che la pupilla dell’occhio destro gli rimase travolta e ferma per sempre nella parte angolare di esso”. 

Tra le opere a tema religioso, che sono state ricordate durante l’incontro, merita senz’altro menzione quella ritraente san Francesco, simbolo di povertà, modestia e umiltà, nel mentre in cui si appresta a ricevere le stimmate. Il dipinto fu all’epoca commissionato dai Cappuccini di Cesena (1646), ma a causa del decreto napoleonico, che prevedeva la soppressione delle congregazioni religiose, venne traslato a Milano per poi essere acquistato dal Comune di Cesena. Attualmente è di proprietà dello stesso Comune anche se ricollocato nel luogo originario del Convento dei frati Cappuccini.  Protagonista della tela è la figura dell’Assisiate, che campeggia in primo piano, inginocchiato e in preghiera con le braccia tese verso l’alto in modo da mostrare all’occhio attento dell’osservatore i segni della passione di Cristo, ricevuti in seguito all’adorazione della croce che gli è posta innanzi. Le stimmate sono ben visibili anche nel piede destro che emerge dal lungo saio.

Un dipinto simile e di altrettanto impatto visivo, ritornato alla luce da poco ma originario del 1632, è quello che il Guercino compì per la Confraternita delle Sacre Stimmate di Ferrara.

Un’altra opera interessante è quella situata al Musè Fabre di Montpellier, molto probabilmente risalente all’anno 1619, dove il santo viene raffigurato in fase di meditazione solitaria. Questa caratteristica risulta rara, poiché solitamente il Guercino lo ritraeva insieme ad altri personaggi.

Oltre al quadro commissionato dai padri Cappuccini, si hanno notizie certe secondo le quali il noto pittore intrattenne rapporti di lavoro anche con la ricca famiglia Locatelli di Cesena. In proposito esistono tre lettere che il Guercino indirizzò al marchese Giuseppe Locatelli e che sono conservate presso la Biblioteca Malatestiana – come ci ricorda Orlando Piraccini in un articolo apparso nel 1975 sulla rivista La Pie’. Le tre epistole, risalenti all’anno 1651, riguardano due dipinti che il Locatelli commissionò all’artista centese, uno raffigurante un “Davide Profeta” l’altro una “Sibilla” con puttino. Circa quest’ultima, il Guercino ne realizzò ben due poiché la prima (“Sibilla Cumana”), destinata inizialmente alla famiglia cesenate, piacque talmente al signore di Firenze Mattias de’ Medici che l’acquistò per sé. Per il marchese Locatelli venne realizzata, in un secondo momento, un’altra “Sibilla” denominata “Samia”. Sia il Davide che la Sibilla sono custoditi in Inghilterra nella magione di campagna Althorp House. Un’ulteriore opera del maestro centese, la “Beata Margherita da Cortona”, venne acquistata dalla nobile famiglia dei Martinelli (anche questa di Cesena) e oggi è situata nella Galleria Vaticana.    

La numerosa gente, accorsa per assistere all’occasione di approfondimento, ha dimostrato che ancora oggi il Guercino gode di una fama immortale e di un vivo interesse da parte del pubblico, dovuti – come sentenziò lo scrittore e poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe – alle “sue opere [che] si distinguono anzi per gentile grazia morale, per tranquilla e libera grandiosità, e per un che di particolare che consente all’occhio appena esercitato di riconoscerle al primo sguardo. La levità, la purezza e la perfezione del suo pennello sono stupefacenti. Per i panneggi usa colori particolarmente belli, con mezze tinte bruno-rossicce, assai ben armonizzanti con l’azzurro che pure predilige”.

Per chi fosse interessato a disaminare ulteriormente la personalità e l’abilità artistica del pittore centese, può rifarsi al libro dello stesso Pulini Mal’occhio, edito da CartaCanta, il cui titolo trae origine dallo strabismo di cui soffriva il Barbieri e che gli valse l’appellativo di Guercino, soprannome consacrativo grazie al quale è conosciuto tuttora.