Dal Mondo
L’altra faccia delle sanzioni: l’economia è un campo di battaglia, e fa vittime
Le sanzioni economiche sono l’ultimo tentativo di fermare uno scontro militare. Devono essere efficaci per ridurre alla ragione Paesi che non rispettano confini o diritti. Devono essere più che mirate per non indebolire le popolazioni dei paesi colpiti, spesso già in difficoltà in regimi non democratici e con una spesa squilibrata verso le armi o a vantaggio delle oligarchie. Il dramma Ucraina da una parte fa sperare che l’uso delle sanzioni possa bastare, dall’altra conferma che alcuni Paesi di carente democrazia sono pronti a far soffrire la fame e la povertà ai propri cittadini pur di raggiungere egemonie territoriali o etniche. La storia è piena di dittatori che chiedono l’ovazione nazionale offrendo uno scenario di privazioni agli stessi che applaudono.
Le sanzioni favoriscono poi la caduta dei regimi e l’affacciarsi, sulla spinta dei popoli affamati, delle democrazie? Non è accaduto spesso. L’unica certezza è la fatica dei più deboli a sopravvivere. L’Europa e gli Usa, con gli alleati in giro per il mondo, hanno scelto la strada dell’isolamento economico della Russia, intendendo il blocco dei beni all’estero, la rottura dei progetti commerciali e delle forniture. Mosca non è Cuba, non è l’Iran, non è il Venezuela. L’economia è un particolare campo di battaglia dove le armi sono le materie prime, i flussi di denaro e il valore della valuta, i pezzi di ricambio, le tecnologie, i medicinali, le telecomunicazioni, la cybersicurezza. Le democrazie occidentali non hanno l’esclusiva di queste armi e possono subire ferite dalle contro-sanzioni russe.
Nelle materie prime alimentari, da tempo in rialzo come segnalato dall’indice Fao, il rincaro del grano a seguito delle tensioni ucraine porterà in Europa incrementi fino al 20-30% e l’aumento del costo del carburante sta scaricando aumenti su tutte le merci trasportate su gomma. Il caro-gas colpisce privati e aziende: la famiglia tipo ha pagato il 30% in più l’elettricità e, sempre nel 2021, un 15% aggiuntivo per il gas. Il costo dell’energia spinge l’inflazione (+5% circa in Europa) che si mangia il valore d’acquisto della moneta, quindi con stipendi e risparmi si possono acquistare meno merci e servizi. Si può comprare meno e senza consumi interni l’occupazione fatica a crescere. La ripresa rallenta.
Il Cremlino conosce bene tutti i meccanismi. Direttamente e indirettamente ha saputo monopolizzare il mercato del gas (così come la Cina compratutto è determinante per le materie prime alimentari e non, trasportate via mare dove Pechino è egemone), altri paesi come Taiwan (potenzialmente un altro caso Ucraina) dominano nei microprocessori dove l’Europa produce solo il 10% del suo fabbisogno digitale.
Se all’apparenza appare accettabile, come male minore, sostituire le guerre-guerre con le guerre commerciali, queste ultime fanno lentamente delle vittime. Il detto “dove passano le merci non passano gli eserciti” ha un fondo di verità, nonostante la storia delle materie prime sia stata spesso sopraffazione dei più deboli e dei beni della natura. Nel “dialogo dei commerci” c’è forse un antidoto al passaggio dei carri armati.