Marcinelle. Una tragedia da non dimenticare con 262 morti in miniera, 136 erano italiani

Ogni anno, l’8 agosto, i 262 rintocchi della campana “Maria Mater Orphanorum” ricordano le altrettante vittime di una sciagura che dopo 68 anni non vuole essere dimenticata. È la tragedia di Marcinelle, una cittadina mineraria della Vallonia (Belgio), dove l’8 agosto 1956 morirono 262 minatori, nella miniera “Bois du Cazier”. Insieme ai rintocchi della campana il ricordo. 262 nomi e cognomi citati uno per uno: 136 sono di italiani, 95 belgi, otto polacchi, sei greci, cinque tedeschi, tre algerini, tre ungheresi, due francesi, un inglese, un olandese, un russo e un ucraino che morirono dopo un violento incendio, causato dalla combustione di olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica, che riempì di fumo tutto il pozzo minerario.

Dal 2001 quella data è diventata, per volere della Presidenza della Repubblica, “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”. Una giornata che vuole contribuire a informare e valorizzare il contributo sociale, culturale ed economico dei lavoratori italiani all’estero. E ancora oggi sono tanti i connazionali che vivono fuori dai confini italiani per motivi di lavoro.

In molte parti d’Italia e all’estero in questa data si intraprendono iniziative volte a celebrare questo anniversario. Alla celebrazione di Marcinelle – oggi sito dichiarato patrimonio storico dell’Unesco – diversi momenti a partire dalle 8,10 – l’ora dell’inizio della sciagura – con i rintocchi battuti per i minatori morti e altri 10 per i caduti in tutte le miniere del mondo. A seguire una celebrazione eucaristica e un momento di preghiera ecumenica: “Laggiù siamo tutti uguali e fratelli…”, dicevano sempre quei minatori.

Nel nostro Paese, l’8 agosto 1956 si listò a lutto più di un terzo delle province italiane, 32 tra Nord e Sud: Agrigento, Avellino, Bari, Belluno, Benevento, Bergamo, Bologna, Brescia, Caltanissetta Campobasso, Catania, Catanzaro, Chieti, Firenze, Foggia, Forlì, Lecce, L’Aquila, Macerata, Massa Carrara, Modena, Pesaro, Pescara, Pisa, Reggio Calabria, Siracusa, Sondrio, Taranto, Teramo, Treviso, Udine e Verona, come racconta lo storico Toni Ricciardi nel volume, edito da Donzelli, “Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone”. Di alcuni di loro non si è trovato neppure il corpo come quello di Attilio Dassogno, originario di Berbenno, in provincia di Sondrio, che quella mattina, alle 8,10, si trovava al lavoro in quel pozzo. Unico ricordo è una lapide nel cimitero della cittadina valtellinese, con una foto.

Qualcuno invece sopravvisse a quella tragedia per un caso fortuito come Mario Ziccardi, morto qualche anno fa. “Grazie al matrimonio io mi sono salvato la vita”, ha raccontato in una testimonianza riportata da Maria L. Franciosi in “Per un sacco di carbone. Ieri e oggi”, da poco uscito per le edizioni San Paolo: “Lavoravo al Bois du Cazier. Il giorno della tragedia ero a sposarmi in Italia. Il turno dove ci sono stati i morti era il mio turno. Se non mi sposavo, sarei  rimasto là sotto”. Quell’8 agosto 1956 Ziccardi stava a Ferrazzano, in provincia di Campobasso, dove è stato celebrato il matrimonio “il 5 agosto del ’56 in Italia, tre giorni prima della tragedia di Marcinelle”. Era arrivato in Belgio nel 1954, due anni prima, all’età di 18 anni. A Bois du Cazier si consumò una tragedia, come tante altre nella storia delle migrazioni che “vide gli italiani muoversi per quasi tutto il globo”, scrive nello stesso volume il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, auspicando che “prevalga il diritto al lavoro, alla libera circolazione” e che “il diritto internazionale si affermi sugli egoismi nazionali” e che “sorga un ‘più’ di umanità nei confronti di tutti i migranti”.

Ricordando le vittime il presidente della Repubblica Mattarella – che ogni anno invia un messaggio – ha sottolineato, nel 2023, come con il loro operato essi “hanno contribuito a promuovere i più alti valori sociali e culturali che animano la Costituzione repubblicana e la stessa Casa comune europea, a cominciare dal diritto al lavoro. “Viviamo – ha aggiunto – mesi difficili, segnati dall’impatto di molteplici crisi di diversa natura”: “Tutto ciò accresce la precarietà economica e il rischio di sfruttamento di esseri umani. È quindi più che mai necessario mantenere salda la tutela dei lavoratori. Di tutti i lavoratori, ovunque essi si trovino, quale che sia la loro nazionalità, per prevenire e sanare inaccettabili forme di marginalizzazione”.

Resta aggiornato iscrivendoti al canale WhatsApp del Corriere Cesenate. Clicca su questo link