Marco Ramilli sull’Intelligenza artificiale: “Non è un copia e incolla. Immagina e crea”

Intelligenza artificiale, chi era costui? Parafrasando il manzoniano don Abbondio, tutti ci interroghiamo su quanto il mondo digitale, ma anche molto di più, sta ponendo davanti ai nostri occhi. Che ne sarà di noi, dell’umanità che ora si confronta con l’Intelligenza artificiale (IA) che già ha procurato centinaia di migliaia di perdite di posti di lavoro? Saremo in grado di porre a essa dei limiti in modo da non sostituire in toto l’uomo?

Questi e altri interrogativi sono stati affrontati ieri sera in seminario, a Cesena, durante la seconda serata dell’annuale Corso di dottrina sociale della Chiesa promosso dalla Commissione diocesana Gaudium et spes. Queste domande sono state poste dall’esperto di cybersecurity, il cesenate Marco Ramilli, fondatore della start up Yoroi, una laurea in ingegneria informatica al campus cesenate dell’università di Bologna, un dottorato di ricerca in California e numerose esperienze di lavoro all’estero, compresa una di un paio di anni con l’amministrazione americana ai tempi del presidente Obama.

“Siamo in un momento storico particolare – ha esordito Ramilli – e per l’essere umano non si mette bene”, che poi ha aggiunto: “ma nel corso della storia è sempre stato così”. Tutta l’evoluzione umana ha cercato di togliere fatica ai giorni, per poter svolgere mansioni sempre più soddisfacenti. Fino a oggi, con la tecnologia che “siamo noi che la vogliamo – ha chiarito il relatore – per toglierci la fatica, come quella dell’arare i campi. Prima c’erano i buoi, poi sono arrivati i trattori, ora ci sono i robot che solcano i campi” e noi liberiamo tempo ed energie per dedicarci a ciò che più ci piace. “L’uomo si mobilita per compiere le azioni a lui più interessanti”.

Il guaio è che oggi si delega anche l’intelligenza. “Che facciamo se neanche pensiamo più?”, si è chiesto Ramilli, visto che l’IA “immagina e crea”, proprio come facciamo noi umani. E visto che l’IA non ha la capacità di adattarsi, “saremo noi che ci dovremo adattare” a questa nuova condizione, anche perché gli strumenti di IA “sono fatti per renderci la via più semplice, visto che con l’IA sono state create nuove molecole e grazie ad esse nuove medicine. “Fare meno attività e sempre in minor tempo, per avere più tempo a disposizione”, ha chiarito Ramilli.

Ma è sempre tutto etico ciò che propone l’uomo attraverso la scienza? “Non c’è un bene e non c’è un male – ha risposto Ramilli -. Dipende da come viene utilizzata l’IA. Un po’ come accade con un coltello. Dipende dalla forza con cui lo uso. Tocca a chi crea l’IA indirizzarla per fare il bene. Ci vuole un faro etico, anche se di etiche ne esistono tante”.

La svolta avviene nel 2017, con la pubblicazione di un paper in cui si parla di IA generativa, quella che comprende il contesto in cui opera e poi genera dei contenuti. “Non è questione di copia e incolla – ha fatto intendere Ramilli, sollecitato dalle domande -. L’IA genera, lavora e crea sempre qualcosa di nuovo, di originale. Alla stessa domanda fornisce sempre risposte diverse a seconda del contesto in cui opera”.

Nel corso della serata Ramilli ha fatto toccare con mano come ChatGpt, l’IA più nota, crea alcuni contenuti. Con l’applicazione creating image ha chiesto una particolare Venere di Botticelli con un trasformer, una specie di robot. La risposta della IA è stata rapidissima e del tutto in linea con quanto richiesto. Oppure la richiesta della creazione di una poesia sulla Pasqua, anche in chiave leopardiana, e dell’omelia di domenica prossima sul vangelo che narra del seme caduto in terra che se muore produce frutto. “È molto difficile, viste queste risposte – ha spiegato Ramilli – per un insegnante capire se uno studente ha copiato o meno. È un momento delicato anche per i pittori. L’IA ci batte l’uomo nella velocità e nella capacità di creare contenuti”.

Ma questi strumenti non sono sempre affidabili. Tocca a noi mettere quello che abbiamo in più. “Sì, perché soffrono di allucinazioni e preconcetti (bias, in inglese) – ha precisato Ramilli -. Non sanno se certi fatti sono accaduti, anche perché gli algoritmi di IA si addestrano e lo fanno di continuo”. Il prossimo passo quale sarà? La nuova sfida è data “dall’IA generale, una novità di poche settimane fa. È in grado di interrogare chi ha davanti e di fornire risposte coerenti. Si tratta di robot multitasking. Non era mai successo in precedenza. Il robot impara senza avere attorno un ecosistema. Il suo mondi riferimento è internet cui è collegato, ma impara, come accade anche ai bambini, dall’interazione con chi ha attorno. Questo è il futuro, che poi è già presente”.

Quindi, davanti a questi scenari non futuristici, ma nei quali siamo immersi, cosa possiamo fare noi? “Abbiamo creato l’IA non ancora non sappiamo bene come funzioni”, ha detto con chiarezza Ramilli. L’IA non possiede due funzioni: “non fa domande, ma sa solo rispondere. Non ha coscienza, non è consapevole di ciò che dice”. In più visto che la tecnologia è in mano agli Usa, l’IA parla solo l’inglese. Tutte le altre lingue vengono tradotte, con tutte le conseguenze che ciò comporta”.

Infine il tema dei filtri, per contrastare lo strapotere dell’IA. Si parla anche di psicologi e psichiatri per l’IA e di filtri semantici, a motivo della lingua, ricordando che gli Stati uniti d’America detengono lo strapotere sulla tecnologia, mentre la Cina ha in mano il carburante (i dati) per farla girare.

Dietro, comunque, rimane l’uomo con i suoi desideri, i suoi bisogni da soddisfare e le domande aperte sul futuro. Uno scenario sempre nuovo da scoprire. Ogni giorno. Anche all’epoca dell’intelligenza artificiale.

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