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Mariupol, Kharkiv, Kherson: “città assediate” a rischio di “catastrofe umanitaria”
La crisi è dappertutto e l’assedio militare sta facendo precipitare l’Ucraina in una catastrofe umanitaria. Mosca ha annunciato la sua prima tregua, a dieci giorni dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, per aprire corridoi umanitari e consentire l’evacuazione dei civili da due località, Mariupol e Volnovakha, circondate e bombardate da giorni. Ma il sindaco di Mariupol ha già annunciato che l’evacuazione della città è stata rinviata a causa degli attacchi da parte russa.
In tutto il Paese le città sono da giorni sotto assedio. A fare il punto delle situazioni più a rischio è l’arcivescovo Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina. La lista parte con la città di Kharkiv, dove “di notte, si è di nuovo sentito il rumore di aerei nemici, e di nuovo questa città pacifica è stata bombardata portando con sé la morte e la distruzione”; preoccupa anche la situazione a Sumy dove “stanno iniziando i combattimenti per strada” e a Chernihiv dove “decine di persone sono colpite dalle bombe, dai razzi e da altri tipi di armi”. “Più di tutto oggi il nostro cuore si stringe dal dolore per le città assediate dal nemico, dove inizia una vera catastrofe umanitaria”, dice ancora Shevchuk. “Il nostro pensiero è rivolto a Mariupol, Volnovakha, Kherson. Il nemico assedia, blocca le grandi città impedendo agli abitanti di fuggire, ostacolando la consegna dei viveri mentre le città vengono bombardate dal nemico seminando la morte”. Da Kiev, l’arcivescovo Shevchuk lancia un appello alla comunità internazionale: “facciamo tutto il possibile affinché i convogli umanitari possano raggiungere quelle città che oggi il nemico crudele ha stretto nella sua morsa. Dopo che il nemico ha bombardato la città, i palazzi a più piani diventano subito una trappola fredda, senza riscaldamento, senza luce e acqua. Siamo in grado di aiutarli, ma non ci fanno portare i nostri aiuti. Oggi desidero sostenere, desidero rivolgermi a tutti quanti possano veramente aiutare queste persone a livello internazionale. Che si facciano i corridoi umanitari. Che si aprano i percorsi verdi per la vita affinché la popolazione civile possa spostarsi nei luoghi sicuri, mentre i convogli umanitari portino a quelle persone i viveri, il calore, la solidarietà umana”.
“Sono giorni che stiamo chiedendo l’apertura di corridoi umanitari”, dice subito Tetiana Stawnychy, presidente di Caritas Ucraina, all’agenzia Sir. “Fino ad oggi non ci sono state risposte a questa richiesta. Siamo felici che questa opzione sia stata finalmente presa in considerazione. Si va nella giusta direzione, ma si faccia presto”. L’accordo arriva dopo 10 giorni di duri combattimenti. Ma la situazione è talmente critica che la tregua non regge. “Mariupol è senza acqua”, dice preoccupata la presidente di Caritas Ucraina. “Dalla città, stiamo anche ricevendo richieste di aiuti medici, soprattutto per le persone malate e vulnerabili. Per avere corridoi umanitari occorre che ci sia un accordo tra le parti così che cessino le violenze. La speranza è che l’accordo venga rispettato. Chiediamo anche acqua, cibo e supporto medico, ma soprattutto sicurezza per le persone che rimangono”. Ma non c’è solo Mariupol a trovarsi in situazione critica. L’operatrice Caritas parla con preoccupazione delle città di Kharkiv “che si trova sotto bombardamento” e di “Kherson che è ormai dall’altra parte della frontline”.
“Noi a Kherson siamo completamente tagliati fuori dalla comunicazione”, è la testimonianza di padre basiliano Ignatius Moskalyuk, raccolta e rilanciata sul sito della Chiesa greco-cattolica ucraina. “Non c’è più la televisione ucraina, solo la propaganda russa che viene trasmessa sui canali russi”, racconta il religioso. “Anche gli operatori di telefonia mobile Kyivstar e Vodafone sono disconnessi, non è collegata nemmeno una radio. Siamo completamente isolati in termini di informazioni”, ha detto il sacerdote. Ieri, 4 marzo, è stato il primo giorno in cui si è potuto uscire di casa, dopo due giorni di forti bombardamenti che hanno preso di mira anche luoghi residenziali. “La cosa più preoccupante ora – dice il sacerdote – è che siamo completamente tagliati fuori dalle notizie e non sappiamo cosa stia succedendo in Ucraina, quale sia la situazione”.