Meeting Rimini: Granata (Confcooperative): “Non assistere, ma abilitare le persone vulnerabili”

“Un lavoro degno per una vita buona”: se ne è parlato ieri sera al Meeting di Rimini (in corso fino a domani) sul tema “Una passione per l’uomo”. Se ne è discusso con le cooperative sociali a proposito di inserimento di persone con disabilità o svantaggiate.

“Pensate com’è difficile per queste persone, da noi in Venezuela dove non c’è lavoro, trovare un’occupazione”, ha detto Alejandro Marius di Trabajo y Persona (tremila le persone formate negli anni) che ha ribadito: “Non occorre una legge per collaborare tra noi. Il lavoro ha un valore immenso per entrare in rapporto con la realtà. Una persona senza lavoro è condannata”. Da qui l’impegno perché “tutti possano imparare un lavoro per poi poter lavorare”. In ogni caso, ha aggiunto, “è peggio rimanere soli che restare indietro. La solitudine è una malattia terribile”.

Per Enrico Novara della cooperativa “Iride” di Monza, 40 anni di esperienza, fragilità e normalità vanno di pari passo. “La nostra situazione è di continua fragilità”, ha precisato. “Anziché dare lavoro, bisogna mettersi al lavoro. Anche un lavoro semplice, ma che riempie la vita”, perché il vero lavoro “è la risposta a ciò che ci chiede la vita”. Allora diventa fondamentale “riconoscere le potenzialità della persona perché possa costruirsi un lavoro”. Nella nostra esperienza, ha proseguito, “siamo riusciti a portare persone con spettro autistico a lavorare su torni manuali”.

“Una grande azienda in Italia”: così Stefano Granata di Confcooperative ha definito la forza-lavoro delle persone con disabilità occupate nel nostro Paese, circa 25.000. Persone spesso ai margini, viste come un costo, come ad esempio quelle dentro alle carceri. “Abilitare queste persone – ha detto Granata – significa abbattere i costi e generare ricchezza. La nostra finalità non è assistere, ma abilitare le persone. E abilitare vuol dire dare autonomia”. Poi ha citato il caso di una cooperativa che aveva vinto una gara a Milano per la gestione di un’attività di car sharing affidata dalla Mercedes. “Quando ci vennero a trovare, videro che eravamo una banda di ‘scappati di casa’, ma in grado di far funzionare un servizio in maniera perfetta. Per lo stesso bando realizzato in Spagna, la Mercedes inserì la clausola che a partecipare fossero solo cooperative sociali. Poi sopra ci costruirono pure una campagna di responsabilità sociale”.

Per Eleonora Vanni, presidente di Legacoopsociali, per la prima volta al Meeting, “un’esperienza coinvolgente” l’ha definito, occorre “trovare senso nel lavoro e riflettere sul lavoro degno e sulle sue condizioni. Gli immigrati che raccolgono pomodori svolgono una mansione degna, ma le condizioni in cui operano sono degne?”, si è chiesta l’ospite. “Abbiamo oggi un problema di dignità del lavoro, anche da un punto di vista economico. Ai giovani spesso non è fornita l’opportunità di diventare autonomi, di costruirsi una famiglia, pensare a dei figli, alla casa”. Inoltre, ha messo in evidenza, “il lavoro si è evoluto e i giovani cercano nel lavoro la realizzazione di loro stessi”, non più solo nel tempo libero, come accadeva un tempo.

Per Michele Tiraboschi, docente di Diritto del lavoro e allievo di Marco Biagi, “le leggi possono mettere ostacoli o creare opportunità”. Nonostante i vincoli imposti dalle normative attuali, il 30 per cento delle aziende in Italia non assume persone con disabilità. “Chi si occupa di queste persone lasciate sole?”, si è chiesto il giurista. Oltre le normative, “occorre qualcuno che abbia la passione, come abbiamo ascoltato dalle esperienze illustrate”. Ecco allora alcuni consigli: “Condividere le esperienze e le pratiche. Diffondere le buone prassi. Ascoltare i territori e formulare proposte. Creare localmente relazioni e costruire reti di sistemi”. In conclusione, ha detto il docente, “insieme vogliamo creare delle opportunità”.