Miniserie e prime visioni, cosa guardare in streaming in tv

Due le miniserie in evidenza questa settimana. Anzitutto “Speravo de morì prima” su Sky Atlantic e Now, racconto semiserio dell’addio al calcio di Francesco Totti, interpretato da Pietro Castellitto, Greta Scarano e Monica Guerritore. Su Rai Uno e RaiPlay c’è “Leonardo”, coproduzione internazionale che mette a tema vita e arte del genio toscanodramma familiare “Waves. Le onde della vita” (2019) di Trey Edward Shults, racconto sull’America di oggi giocato tra sguardi di cronaca e slanci di riconciliazione, come pure la commedia musicale a pennellate romance “L’assistente della star” (“The High Note”, 2020) di Nisha Ganatra con Dakota Johnson. 

“Speravo de morì prima” (Sky Atlantic-Now)

A quasi sei mesi dalla presentazione alla 15a Festa del Cinema di Roma del documentario “Mi chiamo Francesco Totti” (2020) di Alex Infascelli – di recente vincitore del Nastro d’argento – esce ora su Sky Atlantic e sulla piattaforma Now la miniserie in sei episodi “Speravo de morì prima” diretta da Luca Ribuoli, un’operazione celebrativa in chiave ironica dedicata all’ex capitano della Roma Francesco Totti. Il racconto è legato all’ultima stagione calcistica di Totti nella squadra giallorossa, tra infortunio, tensioni con l’allenatore Luciano Spalletti e la scelta del ritiro. Guardando i primi due episodi rilasciati dal 19 marzo si comprende bene come l’operazione sia legata a doppio filo a quella del doc di Infascelli, considerando che in campo ci sono gli stessi produttori Sky, Wildside e Freemantle; un racconto che prende le mosse ancora una volta dal libro “Un capitano” scritto da Totti con Paolo Condò.In “Speravo de morì prima”, serie scritta da Stefano Bises e Michele Astori, la cifra narrativa è quella della commedia, dove viene messa a fuoco la figura di Francesco Totti (Pietro Castellitto) non in chiave mitizzata bensì profondamente umana, un campione con le sue fragilità. Totti è assalito dalla paura di uscire dal campo, dal non saper trovare il momento giusto per il ritiro, chiamato a coniugare aspettative, tensioni, incomprensioni e soprattutto a riprogettare una quotidianità altra. C’è molto del privato nel racconto, come i momenti in casa con Ilary (Greta Scarano) e i figli oppure il rapporto con i primi “fedelissimi” di casa Totti, gli amati genitori Fiorella ed Enzo (bravi Monica Guerritore e Giorgio Colangeli, in particolare è la Guerritore a offrire una performance riuscita e spumeggiante). Nel complesso “Speravo de morì prima” ha un andamento godibile, frizzante, che coinvolge per il tono semiserio, persino sarcastico; un’operazione che sì si muove lungo il binario del documentario di Infascelli, ma che in verità riesce a trovare una sua identità nello stile celebrativo “irriverente”, stile che a ben vedere sposa quello del campione Totti, serio ma mai troppo nonché molto (auto)ironico. Pietro Castellitto dimostra bravura e mimetismo, centrando bene la figura di Totti nella voce e nell’aspetto; a volte però l’interpretazione minaccia di scappare di mano verso la mera imitazione, esponendosi al rischio di scivolate macchiettistiche. Nel complesso, dal punto di vista pastorale “Speravo de morì prima” risulta consigliabile, semplice.

“Leonardo” (Rai Uno-RaiPlay)Attesa, era attesa. E alla fine gli ascolti sono arrivati in maniera copiosa. Parliamo della miniserie “Leonardo”, salutata al suo debutto su Rai Uno lo scorso 23 marzo con 7 milioni di telespettatori e il 28% di share. Sulla scia del progetto “I Medici”, l’italiana Lux Vide guidata da Matilde e Luca Bernabei ha costruito un’altra importante produzione di respiro internazionale che vede allineati molti Paesi tra cui il Regno Unito (con cui è stata realizzata anche la serie “Diavoli”). A dare il volto al pittore italiano è un convincente Aidan Turner, popolare Oltremanica soprattutto per la serie “Poldark” (2015-2019) dai romanzi di Winston Graham. Tra gli altri interpreti di “Leonardo” si ricordano Giancarlo Giannini, Matilda De Angelis e il “Good Doctor” Freddie Highmore. La struttura narrativa di “Leonardo” oscilla abilmente tra storia e finzione, mettendo al centro degli episodi (8 in tutto) la realizzazione di opere d’arte e tormenti esistenziali-sentimentali del pittore, nonché una inattesa linea gialla (l’accusa di omicidio). Lo sforzo produttivo è notevole, guardando con decisione al panorama estero, principalmente al modello narrativo inglese, tra i migliori nella messa in scena di racconti storici, di period drama. Al di là però della ragguardevole cura formale, la narrazione a volte sembra polarizzarsi troppo tra mélo e giallo, sul sentiero della finzione, a scapito del guadagno artistico, incedendo in maniera poco compatta, fluida. Dal punto di vista pastorale “Leonardo” è consigliabile, problematica e dibattiti.

“Waves. Le onde della vita” (Sky Cinema-Now)

È passato alla 14a Festa del Cinema di Roma nel 2019 ed è rimasto bloccato a causa del Covid. Parliamo di “Waves. Le onde della vita”, film scritto e diretto dal trentenne Trey Edward Shults. L’opera, con stile asciutto e lirico, racconta di una famiglia americana in stallo quando il figlio adolescente Tyler (Kelvin Harrison Jr.), promettente talento nello sport, ha un crollo psicologico per un infortunio alla spalla e per la fine della relazione con la sua fidanzata Alexis (Alexa Demie); un blocco che lo fa deragliare, compiendo un gesto irreparabile. Il film però non si ferma a questo, anzi allarga il campo della riflessione proprio sulla famiglia del giovane. Lo sguardo, infatti, si fa ravvicinato sui genitori Ronald (Sterling K. Brown) e Catharine (Renée Elise Goldsberry) come pure sulla sorella minore Emily (Taylor Russell). La loro vita è stravolta e su di loro pesa in maniera schiacciante il senso di colpa: per non aver colto il malessere del ragazzo, per non averlo aiutato in tempo. Ancora, avvertono forte la condanna da parte della comunità tutta, sul lavoro e a scuola. Non si tratta però di un percorso che si esaurisce nella disperazione, al contrario: “Waves” vira verso una riconquista della vita, del dialogo familiare, grazie ad aperture di tenerezza e a slanci di riconciliazione. Emerge infatti un disperato bisogno di comprensione e di perdono, perdono che non può di certo riparare i danni computi ma può almeno predisporre i cuori a vita nuova. Potente è la regia di Trey Edward Shults, così intensa, nervosa e istintiva, che si impone sul flusso del racconto; la narrazione non sempre è perfetta, ma nell’insieme il film risulta non poco affascinante e marcato da poesia. Dal punto di vista pastorale “Waves” è complesso, problematico e adatto per dibattiti.

“L’assistente della star” (Sky Cinema-Now)

Ugualmente destinato all’uscita in sala ma bloccato per la pandemia è “L’assistente della star” (“The High Note”, 2020) di Nisha Ganatra, commedia a sfondo romance che si snoda nel panorama musicale americano odierno. Per intenderci, siamo dalle parti di “Tutto può cambiare” (“Begin Again”, 2013) di John Carney con Keira Knightley: un racconto ricercato, di taglio “indie”, che unisce due generazioni musicali, quella della cantante di successo Grace Davis (Tracee Ellis Ross, la figlia della mitica Diana Ross) al crocevia tra mito e pre-pensionamento e la giovale voce soul David Cliff (Kelvin Harrison Jr.). A fare da raccordo tra i due è Maggie (Dakota Johnson), assistente personale ma anche aspirante produttrice, che si muove nel settore mescolando sogno, tradizione e linguaggi contemporanei. Sullo sfondo ondeggia morbido un sound elegante e ricco d’atmosfera, in un’America che custodisce ancora il sogno del successo. Storia circoscritta, godibile, che sa affascinare senza lasciare molto di più. Protagonista è la musica, ma accanto ci sono temi rilevanti come il ruolo della donna nella discografia, nella società, e il bisogno di ritessere il dialogo genitori-figli. Dal punto di vista pastorale il film “L’assistente della star” è consigliabile, semplice e per dibattiti.