Diocesi
“Mio figlio Nicodemo è come Gesù bambino che tengo in braccio. A cui cerco di dare cura”
“Mio figlio Nicodemo è come Gesù bambino. Che tengo fra le mie braccia. A cui cerco di dare cura”. Così l’inizio della testimonianza di Fabiana Quaranta oggi pomeriggio nella chiesa di San Domenico, a Cesena, prima della celebrazione della Giornata del malato, presieduta dal vescovo Douglas. Fabiana e il marito Gabriele, di Calabrina di Cesena, sono i genitori di Damiano e Nicodemo. Nicodemo, dal greco “vincitore del popolo”. Nicodemo che come il fariseo è segno di nascita e di rinascita. Nicodemo che ha cinque anni, occhi azzurri, tanta voglia di vivere e già da quando era piccolo piccolo, nella pancia della sua mamma, gli avevano diagnostico la sindrome di Down e tutta una serie di complicazioni cardiache che lo hanno portato a lunghi ricoveri e a tre interventi chirurgici, di cui due al cuore.
“Riporto una frase di don Santo Berlini, cappellano all’ospedale Sant’Orsola di Bologna – le parole di Fabiana – che proprio un anno fa ha portato la propria testimonianza alla giornata del malato sempre in questa chiesa: ‘Un bimbo che soffre è come un’ostia consacrata davanti alla quale inginocchiarsi’. Ricordo bene il nostro smarrimento, mio e di Gabriele, nella cappella del ‘Bufalini’, dopo un colloquio con i medici in cui ci dicevano delle patologie. Ho alzato lo sguardo a Maria e le ho affidato tutto il nostro smarrimento. Così come ha fatto lei: ‘Sia fatta la tua volontà’. Abbiamo chiesto ad amici di pregare per noi”.
“Dopo qualche giorno, mio marito mi ha detto delle sue grandi fatiche. ‘Vai avanti tu’, mi ha detto, ‘io ti seguo. Lì ho visto quanto Dio si impegna nel sacramento del matrimonio. A mio marito ho fatto scegliere il nome: Nicodemo. A un incontro pubblico, dieci giorni dopo abbiamo conosciuto il professor Pierluigi Strippoli. Parlava di Jérôme Lejeune, genetista scopritore della Trisomia 21, oggi dichiarato venerabile della Chiesa cattolica. Una domanda arrivò dal pubblico: ‘Lei cosa direbbe a una mamma in attesa che sa di avere in grembo con Trisomia 21?’. E lui rispose: ‘Le direi quello che sto sperimentando: è un’avventura meravigliosa. Portatelo a casa, vogliategli bene. Vi stupirà’. Le sue parole in quel momento hanno illuminato la nostra realtà”.
Quando Nicodemo è nato, subito è stato ricoverato in chirurgia pediatrica. Ed è di quei giorni l’incontro con la dottoressa Chiara. E con altri genitori. “Lì ho imparato a lasciarmi voler bene”. L’11 febbraio, giorno in cui la Chiesa mondiale celebra la Giornata del malato, è particolarmente cara: “L’11 febbraio di due anni fa, a tre anni, Nicodemo ha iniziato a camminare. Deve assumere tanti farmaci e ha iniziato la scuola dell’infanzia, insieme a tanti bambini. Ve li vorrei far vedere, i suoi occhi azzurri…”.
“Sono cresciuta con due genitori non udenti – prosegue Fabiana -. Mi ci sono voluti vent’anni per abbracciare con gratitudine la mia infanzia. Un’infanzia che ho riconosciuto come dono per la nostra famiglia. Penso che solo con questa consapevolezza ho avuto forza di accogliere Nicodemo. Affidando a Dio tutta la novità che entrava così prepotentemente nella mia vita. Riconosco che il Signore è molto creativo. E mi rendo conto che non c’è dato sapere il tempo che ci è dato di vivere insieme, e mi impegno ogni giorno come se fosse l’ultimo. Ecco, ci prepariamo aiutati dalla condizione di Nico. Ho imparato a gridare… Nel nostro tribolare, ho imparato a riconoscere un amore immenso, che supera ogni difficoltà”.
“Ho sperimentato quanto Dio abbia a cuore i nostri desideri. Il centuplo quaggiù… – conclude Fabiana -. Sono successe tante cose da quando ho detto sì. Vale la pena fidarsi, di accogliere i doni che ci vengono affidati, della compagnia. Che è importante non restare soli: bisogna chiedere aiuto. Me l’ha insegnato mamma Stefania conosciuta a Bologna. Entrando in camera mi ha detto: ‘Impara a chiedere aiuto. Tu hai bisogno. E anche gli altri hanno bisogno di aiutarti. È una cosa reciproca’”.
“Medici, operatori, familiari, amici… sono tante le persone che camminano insieme a noi. Certi che Gesù non ci lascia mai soli. Ed è così che provo ad avere cura di Nicodemo”.
Alla testimonianza di Fabiana è seguita quella di Chiara Locatelli, dottoressa responsabile dell’ambulatorio a Bologna che segue bambini con Trisomia 21 e che segue Nicodemo e la sua famiglia.
“Il bene si genera ed è grande. Sono molto fortunata nel vedere il miracolo che ogni giorno accade. La felicità dei genitori diventa domanda, fatica e ferita. Che poi diventano domanda anche per me”.
Come medici, “ci troviamo davanti alla domanda della sofferenza. Ho avuto fortuna di conoscere tanti maestri dal punto di vista professionale e umano: mi hanno insegnato a essere medico, e a condividere la vita dei pazienti fino a condividerne la sofferenza. Riporto le parole del medico Enzo Piccinini: ‘Il cristiano, davanti al limite, se non lo può superare, lo può abbracciare’. Quando ho incontrato Fabiana e Nicodemo e tutte le loro fatiche, la domanda del bene per loro c’era sempre. Ma questa domanda poteva essere abbracciata”.
La dottoressa ritorna ai giorni dei lunghi ricoveri di Fabiana con Nicodemo. Chiusi sempre in stanza per evitare altre infezioni. “Quando li andavo a trovare, pensavo alla loro fatica chiusi in stanza. Mi facevo il segno della croce ed entravo. In realtà, mi rendevo conto che dentro a quella stanza accadeva tutto: tutto il significato della vita si stava giocando lì dentro”.
Riportando il tema della giornata del malato, prosegue la dottoressa, ‘Abbi cura di lui’. Questo è il tentativo della mia vita, di curare i pazienti. In ospedale si è creata una comunità che mi permette di stare davanti alla sofferenza. Ci sono pazienti che non possono guarire, e l’unica cosa che posso fare è stare. Stare come Maria sotto la croce. E stare sotto alla croce, insieme a qualcuno, genera una comunione con i pazienti che incontriamo. E ci permette di guardare e servire i pazienti. E riconoscere una bellezza che è molto più grande alle nostre aspettative”. Come accade questa bellezza? “Vi porto due esempi. Tempo fa una sorella di un bambino con Trisomia 21, si era laureata e aveva dedicato la tesi a suo fratello. Con dedica: ‘Grazie non solo per quello che sei tu, ma per come sono io quando sono con te’. Ecco, ne ha riconosciuto la bellezza. E un papà che mi ha detto: ‘Questo cromosoma in più, forse è il cromosoma della felicità. Da quando c’è lui nella mia vita, sono più felice’”.
L’incontro e la Messa di oggi sono state trasmette in diretta sui canali social (Facebook e youtube) del Corriere Cesenate. Le celebrazioni della giornata del malato proseguono domani, sabato 11 febbraio: alle 17 il vescovo Douglas presiederà la Messa all’ospedale “Bufalini” di Cesena. Durante la celebrazione il vescovo conferirà il mandato ai ministri dell’Eucaristia.
Martedì 14 febbraio alle 21, in Cattedrale a Cesena si terrà l’incontro pubblico “Malattia e felicità: il mistero possibile”: testimonianza di don Eugenio Nembrini, sacerdote della Diocesi di Roma.