Diocesi
Missione Leopoli/3. L’arrivo in Ucraina, don Andry: “Quando suona l’allarme, nessuno va nei rifugi”
Da Lezajsk alla frontiera di Medyka, tra Polonia e Ucraina, ci vuole un’ora e mezzo di auto. L’abbiamo percorsa questa mattina di buon’ora.
L’asfalto è quasi ovunque un biliardo, nonostante il gelo invernale e il tempo di certo più inclemente rispetto alla Romagna. Il paesaggio attraversato è simile alla vasta pianura padana. Pochissime case, tutte singole, e molto verde ovunque. Si notano molti ciliegi in fiore. I paesi attraversati sono senza stress. La gente si muove con calma. I limiti di velocità sono rispettati da tutti. Qua c’è tolleranza zero per l’alcol. Se uno guida, non beve nulla, nemmeno una birra piccola.
Sono bellissimi i nidi di cicogna, in cima ai pali dell’energia elettrica. Se ne incrociano diversi, come si vede nella foto di Andrea Casadei.
Sono curiosi anche i campanili delle numerose chiese viste lungo i 70 chilometri percorsi: molti sono stati costruiti a parte, accanto alla chiesa, a sostegno delle campane, con una struttura in muratura o in metallo, accanto alla chiesa.
Tantissime le cellette mariane incrociate e anche i crocifissi. La Polonia è un Paese cattolico e si vede anche da questi simboli sparsi un po’ ovunque.
Più ci avviciniamo al confine e più si vedono lunghe file di camion in sosta, per centinaia e centinaia di metri (foto).
Sono in attesa di attraversare da uno Stato all’altro. In senso contrario ci sono file di pedoni, per lo più donne, e di pulmini. Gli uomini non possono uscire. Tra i 25 e i 55 anni è obbligatoria la chiamata sotto le armi, ci dice don Andry, il nostro ospite a Leopoli, che ci viene a prendere con puntualità svizzera alla frontiera pedonale di Medyka.
Attraversato il valico il paesaggio cambia e le lancette dell’orologio sono da spostare in avanti di un’ora. Non cambia quello della natura, molto simile a quello polacco, con grandi distese di verde e ciliegi fioriti. Cambia quello creato dall’uomo. Le prime persone incontrate ci riconoscono come italiani e subito ci parlano nella nostra lingua. Si fa avanti un taxista cui diciamo che siamo in attesa del direttore della Caritas di Leopoli che arriva nello stesso istante.
Poco prima, il militare al controllo passaporti ci aveva fatto passare in un attimo, accogliendoci con favore.
In auto con don Andry, che guida un nove posti, parliamo della guerra e di come viene vissuta qua. Lui ci chiede notizie di come viene vissuta in Italia. Noi gli rispondiamo che nessuno ci ha fatto l’assicurazione…
In questa parte di Ucraina che guarda a occidente la guerra non si vede e la gente vive come se non esistesse. Leopoli è una grande città in fermento. Ci sono cantieri e gru ovunque (foto)
e il traffico è abbastanza caotico. Gli sfollati della prima ora dall’est del Paese non ci sono quasi più. “Nei negozi la merce non manca – aggiunge don Andry che il direttore della Caritas diocesana di rito greco-orientale -. Anche in periodo di guerra, l’economia deve andare avanti. La Polonia nei primi mesi ci ha aiutato molto. Adesso, per gli aiuti, chiediamo per lo più alimenti a lunga conservazione”.
La capitale Kiev è oltre 500 chilometri di distanza. Da qui si raggiunge bene in treno. Ogni altro mezzo viene escluso. “Se Putin muore – assicura il sacerdote che parla un italiano fluente – il giorno dopo si fa la pace e sarebbe una grande festa per tutti”.
La primavera è in fase avanzata. “L’inverno si è fatto sentire poco – precisa il don -. Siamo stati a -10 solo per pochi giorni. Anche qui il clima è cambiato e la fioritura è in anticipo di 15 giorni sul solito”.
Gli chiediamo del grano. “Quello non manca. Lo tengono nascosto per fare alzare i prezzi”, la versione del direttore Caritas.
“Ho visto missili sulle nostre teste a 100-200 metri di altezza. In città ogni tanto suona l’allarme, ma nessuno va nei rifugi. A Leopoli nessuno li ha costruiti perché nessuno pensava a una guerra. La gente non è stanca del conflitto, neanche qua, anche perché se i russi dovessero arrivare, sarebbero guai seri per tutti”.