Dalla Chiesa
Monsignor Castellucci a Ravenna: Chiesa, sperare dentro la crisi è possibile perché Dio si è fatto nostro compagno di viaggio
Anche la Chiesa è in crisi, esplicita l'arcivescovo, e non può che essere così: “Non siamo una mongolfiera che sovrasta la storia e fa cadere briciole di saggezza sul mondo"

In tantissimi, domenica scorsa a San Pietro in Vincoli per il ritiro di Quaresima della Consulta delle aggregazioni laicali della Diocesi di Ravenna. Monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, forlivese di origine, ha parlato della crisi della Chiesa e delle ragioni per sperare, nonostante tutto.
Castellucci: “Venivo qui in bicicletta”
“La Chiesa è in crisi da sempre, perché ci portiamo dietro la nostra umanità”. Ma il nostro è un percorso accompagnato, da un Signore che ci ama. E questo fa la differenza. Entra nel cuore di tanti discorsi ecclesiali l’arcivescovo di Modena-Nonantola, monsignor Erio Castellucci, che ha guidato oggi il ritiro di Quaresima promosso dalla Consulta delle aggregazioni laicali. Quasi 150 persone, questa mattina, alla casa per ritiri di San Pietro in Vincoli per ascoltare monsignor Castellucci che, all’inizio della meditazione, ha raccontato di essere molto legato alla casa dei saveriani: “La mia parrocchia era a 9 chilometri da qui, e qui venivo con il mio parroco in bicicletta”.
Sperare, nonostante tutto
Il tema scelto per la giornata è quello del Giubileo: la speranza, “nonostante tutto”. Cioè le tante crisi che segnano il mondo di oggi: anzitutto le guerre, elenca il presule, che genera crisi economiche e sociali, quella climatica e migratoria, la pandemia, che ha portato con sé strascichi nella società. “Dalle crisi, come ci ha insegnato papa Francesco, o si esce feriti o migliori e il Vangelo ci sfida a uscirne migliori”.
“La Chiesa non è una mongolfiera”
Anche la Chiesa è in crisi, esplicita Castellucci, e non può che essere così: “Non siamo una mongolfiera che sovrasta la storia e fa cadere briciole di saggezza sul mondo. Non sarebbe la Chiesa di Gesù, fatta invece di uomini che camminano con gli altri e guardano a Cristo come salvezza. La speranza fa guardare in alto ma con i piedi ben piantati in terra”.
“Fatti di Vangelo” non rilevati nelle statistiche. Ripartiamo da lì
Anche la Chiesa è in crisi, dunque, come scriveva lo stesso Castellucci, in un libro del 2022 (“Benedetta crisi. Il contagio della fede nella Chiesa che verrà”, Piemme edizioni): si vede dal calo delle vocazioni, della partecipazione alla Messa, del volontariato nelle nostre realtà ecclesiali, e nel numero di chi si dice cristiano. “Ma ci sono ‘fatti di Chiesa’ non rilevati dalle statistiche, come chi nelle parrocchie va a trovare gli ammalati, e questo magari non ha una ricaduta statistica ma dal punto di vista evangelico ce l’ha eccome. La vita interna della Chiesa è fatta di relazioni. Non solo dell’ufficialità delle celebrazioni ma di fraternità e occasionalità. D’altra parte Gesù ha incontrato le persone con il metodo della strada e della riva del fiume e ha cambiato la vita a tanti”. È la vita ecclesiale più profonda, quella che ha resistito alle persecuzioni dei primi secoli, che ha portato alla trasmissione della fede, nonostante tutto. E forse è quella dalla quale occorre ripartire anche oggi. Come è emerso da tanti gruppi sinodali.
La Chiesa, in crisi da sempre ma è mandata a evangelizzare fino ai confini della terra
Comunque, fa notare l’arcivescovo di Modena, la crisi della Chiesa “inizia da Giuda. Sotto la croce i discepoli spariscono quasi tutti. Come un gruppo di post-Cresima. E nonostante questo, lui non ne sceglie degli altri, manda loro fino ‘ai confini della terra’”. Discepoli che, dice Paolo, non credono alla croce, rivaleggiano tra loro su chi sia il più grande, devono essere richiamati sulla carità, non credono alla Risurrezione, vivono storture e problemi morali. “Una comunità in crisi che viene mandata ad evangelizzare tutto il mondo”, sintetizza monsignor Castellucci. Eppure di fatto ci riescono. Perché non sono soli: con la Pentecoste ricevono lo Spirito Santo.
Lamento e arroganza: i due nemici della speranza
“La Chiesa è in crisi da sempre – sintetizza – perché ci portiamo dietro la nostra umanità”. È un dato di fatto. Ma in questo contesto l’arcivescovo di Modena individua due grandi nemici della speranza: il lamento, sul quale propone di istituire una ”tassa”, e l’attacco, l’arroganza di una frangia ecclesiale che ha l’abitudine di “sbattere in faccia la verità cristiana, che invece è un messaggio di amore”. Come si fa a trasmetterlo con violenza e condanna? Tra l’altro, questo tra cristiani e rischia di innescare una “guerra civile” interna, la “peggiore”.
“Quella di Dio è una promessa di compagnia non di esenzione dal male”
La strada è invece quella che dice Pietro nella sua lettera: “Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Con dolcezza e rispetto”. “Rispondere” vuol dire che non si parla per primi: “dev’essere la vita a suscitare la domanda”. E la risposta va data con “dolcezza e rispetto”. Qual è la ragione del nostro sperare? “La nostra non è una speranza che aggira i problemi, ci entra e lì fa vedere la luce. Cristo non ha aggirato il Calvario ma l’ha attraversato e poi ha aperto la lapide. Noi non viviamo nell’illusione di limitare il male ma nella consapevolezza che nel male non siamo soli. Quella di Dio è la promessa di una compagnia non di un’esenzione dal dolore. Così le sofferenze possono trovare una luce perché il male non è l’ultima parola ma è la penultima. L’ultima è vita”. E questa, conclude monsignor Castellucci, è una speranza che davvero più sostenere il cammino: quella della vita eterna. “Perché la meta non è indifferente: se sappiamo che alla fine del cammino c’è la vita eterna, proporzionata all’amore che abbiamo espresso, ecco che le fatiche del cammino hanno un altro peso”. Si parla dell’oggi, non del futuro remoto: “La vita eterna è già iniziata, è questa vita. La speranza allora è sapere che la meta è bella e richiede un percorso accompagnato, da un Dio che ci ama”.