Musica e parole alla festa di RaiRadio3

La festa di RaiRadio3, dopo il successo della prima giornata, con un enorme afflusso di pubblico al teatro “Bonci” e al “Verdi” dov’era collocato un maxischermo per seguire gli eventi, inizia, sabato mattina, al “Verdi” con la suggestione delle musiche di Fryderyk Chopin. Alle 9 è andata in scena e in onda una versione diversa dal solito del programma “Lezioni di musica”: Giovanni Bietti presenta dei brani musicali, li spiega con un linguaggio chiaro e comprensibile, pur senza perdere mai di vista la precisione lessicale e concettuale. Per la festa cesenate, oltre a Bietti era presente uno straordinario musicista, il pianista Andrea Lucchesini, che ha eseguito numerosi brani del grande compositore polacco.

Il tema della festa di RaiRadio3 è, com’è noto, “Tirannia e libertà”, e questo spunto è stato declinato in due prospettive diverse: storico, perché la Polonia di Chopin è stata occupata (come molto spesso è successo nella tormentata storia polacca) dalla Russia, e musicale, perché Chopin si pose il problema di coordinare insieme la forma, ereditata dalla tradizione europea, e il sentimento, che sapeva estrarre dalla sensibilità del suo popolo. Molti i brani eseguiti, tutti introdotti e spiegati da Bietti: la Marcia funebre da una delle Sonate, il Dodicesimo studio, op. 10, chiamato “Studio della rivoluzione”, l’Andante spianato e la grande Polacca op. 22, una Mazurka e lo Scherzo numero due. In particolare due forme, la polka (o polonnaise) e la mazurka sono due balli polacchi, oggi ben noti anche in Europa, ma dalle forme diversissime. Se la polonnaise si riconosce per il suo ritmo marziale e imperioso (è una polonnaise, per dire, “Di quella pira” nel “Trovatore” di Giuseppe Verdi), la mazurka è una danza misteriosa, che, si dice, solo i polacchi sappiano eseguire correttamente, perché la sua ritmica è assai diversa da quella della musica europea. Nelle mazurke, numericamente l’opera più numerosa di Chopin, il grande compositore ritrasse il suo cuore messo a nudo, esposto all’ascolto. 

Una mattinata di grande suggestione, acuita dal fatto che nel teatro “Verdi” giungevano spesso, proprio nei momenti di più lirica intimità, i cinguettii degli uccelli dal vicino giardino pubblico, in un connubio del tutto casuale ma di curioso fascino.

Il resto della mattinata si è svolto al “Bonci”, che si è rapidamente riempito nei vari ordini e palchi, e se qualche visitatore si congratulava con le maschere del teatro per la perfetta organizzazione, qualche altro lamentava una maggiore disponibilità di spazi a Forlì, dove si è svolta nel 2016 e 2017. Si è passati dalla musica alla politica, dopo l’intermezzo rappresentato dai “Cestini caldi”, il filo rosso di questa edizione della festa radiofonica. Per i cesenati è un titolo di chiara ascendenza gastronomica, perché i cestini caldi erano la specialità del ristorante Casali, quando si trovava nella stazione ferroviaria, come ha ricordato venerdì pomeriggio Franco Casali, fisico e autore del libro “Cestini… cestini caldi” (ed. Ponte Vecchio) in cui racconta la storia della sua famiglia, in particolare del nonno. I “Cestini caldi” di questa festa sono le riflessioni di Franco Farinelli, docente di geografia all’Università di Bologna, brevi ma profondissime analisi di aspetti della società umana, dall’antichità ad oggi.

Argomento politico per “Tutta l’umanità ne parla”, il programma in cui Pietro Del Soldà e Edoardo Camurri fanno parlare assieme personaggi storici. Sabato mattina a dialogare, ovviamente di tirannia e libertà, sono stati Seneca, Machiavelli, Hannah Arendt e il generale Pinochet. A dare voce a questi personaggi sono stati, nell’ordine, lo scrittore riminese Eugenio Baroncelli, il cesenate Maurizio Viroli, la politologa Nadia Urbinati e il giornalista Danilo De Biasio. In un brillante scambio di battute, che ha fatto applaudire e ridere il pubblico, molte sono state le riflessioni interessanti. Fra le tante, per la sua sinteticità, si può ricordare cos’ha detto Maurizio Viroli, riguardo l’identità della tirannia. La tirannia è l’arbitrio, il poter fare dei sudditi ciò che si vuole, e la patria è il bene comune, e questo bene si chiama libertà: chiunque dica di servire la patria e contemporaneamente sottomette i cittadini, è tiranno e il cittadino ha il diritto e il dovere di cacciarlo. Nadia Urbinati ha spinto a riflettere su un aspetto inquietante della politica di Pinochet: mentre il Cile sprofondava nella dittatura, dal punto di vista economico era invece una nazione liberale. La libertà economica, questa è la conclusione della studiosa, non garantisce la libertà politica, come oggi testimoniano nazioni come la Cina. In una selva di fischi al feroce dittatore, il programma si conclude per passare agli altri appuntamenti della lunga giornata cesenate di Radio Tre. Mentre tutti i programmi sono ascoltabili alla radio, sul sito www.raiplayradio.it si possono anche vedere tutti gli eventi della giornata.