Cesena
Nuove ipotesi sulla Cesena malatestiana
Durante il pomeriggio di sabato 27 novembre molte persone si sono recate presso il salone di Palazzo Ghini per una presentazione che si preannunciava interessante. L’occasione era data da un volume, già edito da un anno, che a causa della pandemia non aveva potuto ricevere l’attenzione che avrebbe meritato. Il volume “Nell’età aurea di Cesena. Dal cantiere-biblioteca al cantiere-città” (ed. Stilgraf, 380 pagine, 136 illustrazioni, euro 30), edito dalla Società di Studi Romagnoli, il sodalizio culturale cittadino nato nel 1949, fa parte della collana “Saggi e repertori”, ed è stato pubblicato grazie ad “Italia Nostra” che ha sostenuto economicamente la pubblicazione. Autori sono Maurizio Abati, Paola Errani, Marino Mengozzi, Michele Andrea Pistocchi: è stato proprio quest’ultimo a presentare il volume, sabato 27.
Grande era l’attesa, come dicevamo, sia per il libro, sia per la curiosità di ascoltare a Cesena Michele Andrea Pistocchi, ottimo ricercatore, che in pochi anni ha curato alcune pubblicazioni fondamentali per la storia della città, in primo luogo il monumentale “Caos” di Giuliano Fantaguzzi, fonte fondamentale per Cesena, documento di difficilissima lettura, ed oggi comodamente disponibile per tutti i lettori in un’ottima edizione commentata. Il volume è stato pubblicato dall’Istituto storico italiano per il Medio Evo nel 2012. La curiosità e le attese non sono state deluse: durante la sua presentazione, infatti, Pistocchi ha presentato in modo suggestivo un diverso quadro interpretativo della storia malatestiana. Solitamente, infatti, si guarda verso sud, verso la Toscana, per trovare le origini culturali della signoria cesenate ed in particolare della Biblioteca Malatestiana: la biblioteca del convento di San Marco a Firenze, infatti, secondo l’interpretazione più diffusa, sarebbe l’ispiratrice di Malatesta Novello e di Matteo Nuti. Secondo Pistocchi, invece, occorre guardare a nord, per l’esattezza a Brescia: la città apparteneva ai Malatesta e lo stesso Novello vi era nato e vi aveva passato i primi anni della sua vita. In quella città i Malatesta avevano una sala di rappresentanza, oggi distrutta, di cui però resta documentazione, che presentava una forma somigliantissima a quella della Biblioteca Malatestiana. Niente di più facile, la conclusione dello storico, che Malatesta Novello, lontano da Brescia, città ormai perduta per la famiglia, abbia voluto riprodurre un monumento del glorioso passato della sua dinastia. Allo stesso modo Pistocchi reinterpreta il celeberrimo bassorilievo del San Giorgio che uccide il drago, un’opera di livello altissimo, molto al di sopra di quel che, all’epoca, si poteva trovare in Romagna. La sala di rappresentanza di Brescia era detta “Cappella di San Giorgio”. L’ipotesi, estremamente affascinante, è che quel bassorilievo, rilievo scultoreo che la critica d’arte considera comunque già di mano non locale, sia stato a suo tempo asportato dalla prestigiosa sala di rappresentanza e portato al castello di San Giorgio, nella campagna cesenate; anche in questo caso, un ricordo delle glorie passate. Per fortuna, in tempi molto più recenti il bassorilievo fu staccato dai ruderi del castello di San Giorgio e portato in città, dato che il 19 ottobre 1944 ciò che rimaneva di quel passato fu fatto saltare in aria dai tedeschi in ritirata.
In un solo pomeriggio, quindi, i partecipanti alla presentazione hanno potuto sentire ben due interessanti e innovative proposte di interpretazione delle più importanti opere cesenati. Come ha sottolineato il presidente di Italia Nostra, Luciano Terranova, è stato però un peccato che nessun rappresentante dell’Amministrazione comunale fosse presente.