Nuovo vescovo ai giovani: “L’unico mio interesse è il vostro bene”

Monsignor Caiazzo risponde a sei domande. "Il Signore quando ti chiama non vuole la tua tristezza, ma la tua gioia". Dal presule un "no al pensiero unico"

(foto: Sabrina Lucchi)

Circa mille giovani sono in dialogo con il nuovo vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo, alla Basilica di Santa Maria del Monte.

Sei le domande rivolte, raccolte nelle scorse settimane dalla Pastorale giovanile. Le hanno lette altrettanti giovani: Andera del gruppo Agesci Cesena 4, Lorenzo dell’Azione Cattolica Giovani di Cesenatico, Chiara della Caritas diocesana, Clarissa di Gioventù Studentesca, Benedetta dell’unità parrocchiale Mercatese e Margherita di Comunione e Liberazione. Di seguito, le risposte del vescovo.

1. Ci racconti del suo incontro con Gesù? Quando è avvenuto la prima volta? Perché ha deciso di dedicare la sua vita a Lui?

Ci sono delle cose che non si capiscono subito, ma con il tempo. Non posso dire esattamente quando è stato il primo incontro con il Signore. Questa domanda me l’hanno fatta anche a Matera nove anni fa. Quando mi fu chiesto, da parte del mio primo parroco, se desiderassi entrare in seminario, io non sono più entrato in Chiesa. Perché la mia idea era di avere una famiglia, dei figli. Volevo diventare medico. A distanza di anni, ho capito che quella è stata la prima chiamata e che il parroco aveva visto giusto. Al termine del Liceo classico, dissi a mio padre che volevo diventare prete. In famiglia siamo tre sorelle e io, unico maschio. Lui mi disse: “Così perdiamo “la razza”, ma se tu sei contento, anche io sono contento”. Di certo, il Signore quando ti chiama non vuole la tua tristezza, ma la tua gioia. Se mi chiama qui, a 900 chilometri da casa mia, c’è un motivo. Si rinnova così l’entusiasmo iniziale. Tutti i timori e le preoccupazioni spariscono perché Dio vuole il tuo bene. Può darsi che tra voi ci siano ragazzi e ragazze che risponderanno positivamente alla chiamata del Signore. C’è bisogno di annunciare con gioia ed entusiasmo il Vangelo.

Foto: Michelangelo Bucci

2. Perché ha scelto di incontrare prima di tutto noi giovani?

Ho fatto questa scelta anche quando il Signore mi ha chiamato a Matera-Irsina. Ci tengo particolarmente ai giovani. Voi non siete il futuro, ma, come dice papa Francesco, voi siete l’oggi di Dio, l’oggi della Chiesa, l’oggi del mondo. Ho visto prima una mamma, la cui unica figlia di 15 anni, qualche mese fa, ha deciso di mettere fine alla sua vita. Voi giovani siete fragili. Le pianticelle hanno bisogno di essere sostenute da un paletto. Voi giovani avete bisogno di punti di riferimento. La giovinezza non si vede dagli anni, ma dalla capacità di amare la vita. Anche Francesco Gabbani canta che la vita è bella. Ci crediamo davvero? La vita è un dono prezioso, come voi. Non arrendetevi mai di fronte alle prove e alle sconfitte della vita. Questa mamma di cui vi parlavo ha creato un’associazione e ora va nelle scuole a parlare della sacralità della vita. Non permettete a nessuno di rubarvi quello che siete. Una sera ho visto una coppietta che si abbracciava, ma con il cellulare in mano e, mentre stavano abbracciati, chattavano con altri, tutti e due. Così non si comunica. Non vendetevi a questo stile di vita. Questi “aggeggi” non fanno il vostro interesse. L’unico mio interesse è il vostro bene.

Foto: Sabrina Lucchi

3. Come ha affrontato questo cambiamento? E noi come possiamo imparare ogni giorno, anche davanti alle fatiche, a chiedere aiuto al Signore, mantenendo un’apertura di cuore di fronte alla vita?

Ho imparato che Dio mi meraviglia sempre. Quando il nunzio apostolico convoca qualcuno, resti meravigliato. Ero parroco a Crotone, in Calabria, quando mi chiamò la prima volta. Mi prese la febbre. Cosa voleva da me? Da lì ho capito che Dio mi meraviglia sempre. Quando il nunzio mi chiese se accettavo di diventare vescovo a Matera-Irsina e, due anni fa, mi chiese di prendere anche la Diocesi di Tricarico, e ora di passare a Cesena-Sarsina, mi sono detto: “Mamma mia, sempre più lontano da casa”. E ho pensato alla Parola di Abramo: “Vattene dalla tua terra e va dove io ti indicherò”, non dove voglio io. E guarda caso domani, nella prima lettura, si parla di Abramo. Sappiate che Dio ci meraviglia sempre e, se ci apriamo alle meraviglie di Dio, può succedere qualsiasi cosa ma rimarremo sempre in piedi. Non si tratta di cominciare da capo, ma di continuare un lavoro pastorale. Porterò sempre nel cuore i parrocchiani di Crotone e la gente di Matera-Irsina e Tricarico, ma ho detto loro: “Il mio cuore non può restare qui, va a Cesena-Sarsina, dove il Signore vuole”.

Foto: Michelangelo Bucci

4. Come possiamo essere felici vivendo lo studio e la scuola, quando la nostra vita sembra basata su un voto?

Non so se vi è capitato da piccoli che non vedevate l’ora di andare a scuola. Poi, una volta che si comincia, non ci vorresti andare. Infine capisci che la scuola non è solo un momento della tua vita, ma ne è parte integrante. Dobbiamo uscire dalla presunzione di pensare di badare solo a noi stessi, di essere certi di tutto. Abbiamo bisogno dello studio, delle relazioni umane, ma anche di conoscere il senso e il significato della vita: chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Il rischio che stiamo correndo è di non essere più capaci di dire chi siamo. Perché esisto? Non sono solo frutto del caso. Devo avere una prospettiva. Qual è la meta? Dove voglio arrivare? Una delle cose che stiamo perdendo è la vita spirituale. Se qualcuno ti dice che la vita è bella perché fai quello che vuoi, ti inganna, è una bugia. Se io sono libero, non faccio quello che voglio, ma faccio quello che è importante per me e per gli altri. Altrimenti mi lagnerò sempre. Io vengo da una regione, la Calabria, di cui si conosce solo la ‘Ndrangheta, mentre ci sono tante bellezze. Come viene alimentata la mafia? Se io vado a comprare l’erba per lo spinello, quei soldi a chi vanno? Il male a chi lo faccio? A me stesso e agli altri. Allora non sei libero, neanche di fumare lo spinello, perché c’è l’inganno e tu aiuti il malaffare e continui ad alimentare quel malessere che la società moderna ci presenta. Se qualcuno di voi si permette di andare a comprare uno spinello gli faccio una faccia così… (scherza, ndr).

Foto: Sabrina Lucchi

5. Cosa significa per lei essere veramente felici e davvero amici?

Chi non vuole essere felice? Bisogna capire quale significato diamo alla felicità. È bello divertirsi, ma la felicità significa soprattutto dare senso alla vita, quando riesci a dare risposte concrete. Quando si passa un momento difficile, una sofferenza, una malattia, una morte, quanti dicono: “Dio non esiste”? Non c’è immagine più triste e cruenta del Crocifisso che il vescovo porta sul petto e che teniamo nella collanina e in casa. Questo strumento di morte, in realtà, è l’immagine della vita. Mio padre, contadino, quando moriva un albero, non toglieva le radici, ma collocava le nuove piante proprio lì. Quello che è morto nutre quello che che sta nascendo. La croce è l’albero della vita. Trovo la risposta in Cristo che dice sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Nei momenti difficili, mi appoggio alla croce. L’amicizia non si costruisce sulle simpatie. Un mese fa è venuto a Matera, per una testimonianza, Gino Cecchettin. Come si fa a uccidere una persona che diciamo di amare? “O sei mia o non sarai di nessun altro”. Questo non è amore. Amore significa morire a qualcosa per il bene dell’altro.

Selfie con i giovani (foto: Sabrina Lucchi)

6. In che modo possiamo crescere nella comunione fra gruppi diversi e aiutarci a dare un giudizio cristiano sulla quotidianità?

Siete gruppi diversi qui, ma noi non ci incontriamo solo nei gruppi ecclesiali. Ci troviamo anche a contatto con un mondo che non la pensa come noi, che non crede, che non ha una speranza nel cuore come noi. Il dialogo avviene quando c’è rispetto dell’altro. Questo non vuol dire che accolgo il pensiero dell’altro come verità per la mia vita. Oggi stiamo correndo il rischio del pensiero unico. O ragioni così o non ti fanno parlare. A noi impediscono di parlare, c’è intolleranza. A Benedetto XVI fu impedito di andare a parlare in Università a Roma. Questo è sbagliato. Noi cristiani siamo aperti al dialogo, al confronto, ma non possiamo accettare il pensiero unico. Tradiremmo il messaggio di Gesù Cristo. Dobbiamo essere fieri di essere cristiani, contenti di appartenere a Cristo e alla Chiesa.

L’abbraccio con un giovane (foto: Sabrina Lucchi)