Nuovo vescovo, l’omelia: “Mi impegno a essere servo di tutti”

L'arcivescovo Antonio Giuseppe Caiazzo: "Vengo a voi per camminare insieme. Mi inginocchio davanti alla sofferenza presente nei tanti Calvari. Mi affido alla Madonna del Popolo"

Foto: Matteo Venturi

È in pieno svolgimento, in Cattedrale a Cesena, la celebrazione solenne di inizio ministero del nuovo vescovo, l’arcivescovo Antonio Giuseppe Caiazzo. Le letture sono quelle della seconda domenica di quaresima. Nella prima lettura, le promesse di Dio ad Abramo. Nel Vangelo, il racconto della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor.

Di seguito, pubblichiamo il testo integrale dell’omelia letta dal presule.

“Come Abramo”

Carissimi fratelli e sorelle,

con grande gioia mi unisco a voi in questo cammino di fede, seguendo la strada che il Signore ci indica, proprio come fece con Abramo.

Provengo da una terra meravigliosa, la Calabria, ricca di colori, profumi, mari e monti, in particolare dalla Magna Grecia e da Crotone, culla della scuola pitagorica, terra in cui ho servito come parroco per oltre trent’anni. Nove anni fa ho lasciato definitivamente Isola di Capo Rizzuto, la mia Ur dei Caldei, per intraprendere un nuovo percorso nella terra di Lucania. Ho scoperto una realtà straordinaria, con una storia antichissima, tradizioni sentite e una fede che si nutre anche di esse, tutte da abbracciare per servire al meglio la comunità. Ora, come Abramo, mi trovo tra voi, la mia nuova famiglia, sempre più lontano dalla mia terra d’origine, dalla mia casa, oltre l’Eufrate. Due anni fa, tra la notte del 25 e 26 febbraio, nel mio mare, a Steccato di Cutro, si consumò l’ennesima tragedia di immigrati. A nemmeno 100 metri dalla riva una barca si arenò con il mare in tempesta. Morirono 94 persone. Qualche mese dopo scesi con un gruppo di preti per pregare e raccolsi su quella spiaggia due pezzi di legno di quella barca che portai a Matera e inchiodai a forma di croce ponendola nella mia cappella. Oggi ho voluto baciare quella Croce nel giorno del mio ingresso per ricordare i tanti crocifissi innocenti in tutto il mondo. Al termine della celebrazione la porrò nella mia cappella.

Una preghiera per il Papa

Un saluto particolare lo rivolgo a papa Francesco, colmo di preghiera, anche a nome vostro, con l’augurio che presto possa tornare a guidare la Chiesa di Gesù Cristo nel pieno delle sue forze. La mia gratitudine per aver pensato a me inviandomi in mezzo a voi.

“Servo di tutti”

Sulle orme del padre nella fede, Abramo, come lui sono entrato in relazione con Dio, che ci esorta a mettere da parte le nostre aspirazioni e a cercare ciò che realmente conta. Sono stato consacrato vescovo per essere pastore. Il mio compito è stare con il gregge che il Signore mi affida, che oggi si chiama Cesena-Sarsina, comunità che diventa la mia terra e il mio popolo, che già amo e che mi impegno a servire come “servo di tutti”.

Un “grazie” a monsignor Regattieri

Come Abramo, in questi 43 anni di sacerdozio, ho compreso che per ricevere, è necessario creare vuoto. Vengo a voi, come ho già scritto, consapevole di non avere né oro né argento, ma ciò che ho lo dono a voi (At 3,6). Tengo presente quanto diceva don Primo Mazzolari: “Prima ancora della chiesa bisogna costruire la casa: il focolare prima dell’altare. Betlem infatti, precede il Cenacolo: ed il cenacolo è chiesa perché è una casa è un altare perché ha un focolare e una mensa”.

Ringrazio di cuore Sua eccellenza monsignor Douglas Regattieri, che ha guidato con amore questa antica e nobile Chiesa di Cesena-Sarsina per 14 anni, nel servizio silenzioso, concreto e attento in tutte le situazioni di fragilità, testimone della Parola fattasi carne. Sono grato per i consigli e l’orientamento che vorrà offrirmi, e sono felice che resterà qui con noi.

“Per voi e con voi”

Sento con forza le parole che Dio dice ad Abramo: “Non temere. Io sono il tuo scudo” (Genesi 15,1). Questo richiamo mi riporta al gesto liturgico del Vangelo posto sulla mia testa nel giorno della consacrazione episcopale. Comprendo che la Parola di Dio deve penetrarmi sempre più profondamente, affinché la mia vita diventi un Vangelo vivente, poiché “la parola di Dio è viva, efficace e più affilata di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12). Questo è il compito principale del vescovo: essere per voi e con voi e oggi inizio questo percorso insieme a voi.

Tutto ha inizio nell’Ur dei Caldei, continua in Canaan, ma alla fine tutto conduce a Dio, la nostra unica patria nei cieli. Come ci ricorda san Paolo, siamo chiamati a lavorare per questa terra, consapevoli della nostra destinazione eterna.

Cita Chiara Lubich: “Amare per primo”

Un saluto speciale va al presidente della Ceer, monsignor Giacomo Morandi, al metropolita di Ravenna, monsignor Lorenzo Ghizzoni, a monsignor Mimmo Beneventi anche lui proveniente dalla Basilicata e vicino di casa, agli altri confratelli nell’episcopato dell’Emilia Romagna, della Basilicata, rappresentati dal metropolita monsignor Davide Carbonaro, ai carissimi monsignor Biagio Colaianni da Campobasso-Boiano, monsignor Rocco Pennacchio da Fermo, monsignor Marco Busca da Mantova.

Alla luce della Parola che è stata proclamata, rivisito il pensiero di Tito Maccio Plauto, “È umano amare, ed è ancor più umano perdonare”, e lo collego con quello di una Serva di Dio dei nostri giorni, Chiara Lubich che lo completa, “Per amare, il cristiano deve fare come Dio: amare per primo,”: ci troviamo tutti in un cammino di trasfigurazione. Ognuno di noi, a causa delle fragilità e delle ferite, si scopre sfigurato e ha bisogno di riscoprire il desiderio di Dio, vivendo da trasfigurato in Gesù, luce che brilla nelle tenebre.

Ai sacerdoti e diaconi: “Camminare insieme”

Vengo a voi per camminare insieme, carissimi confratelli nel sacerdozio e diaconi, noi tutti consapevoli della necessità di sostenere fatiche e miserie con lo sguardo rivolto a Gesù Cristo, nostra speranza. Il Giubileo che celebriamo ci invita a essere “Viandanti di speranza”. Nei prossimi giorni ci recheremo in pellegrinaggio a Roma, il nostro Monte Tabor, per rivestirci della luce divina, riscoprendo la preghiera e l’ascolto. Saremo consapevoli che il Signore misericordioso ascolta la preghiera del carcerato come quella dell’eremita, del tossicodipendente come quella dei monaci, degli immigrati come quella dei consacrati, degli atei come quella dei pii e fedeli, degli ammalati come quella dei diaconi, dei tanti soli e parcheggiati in case di riposo come quella degli imprenditori e lavoratori, delle autorità civili e militari come quella dei vescovi, dei giovani esuberanti o scoraggiati come quella degli anziani.

Il Signore ascolta la preghiera di tutti, indipendentemente dalla loro condizione. Conto su di voi, presbiteri e diaconi, per aiutarmi in questa missione. Mi metto da subito a vostra disposizione, carissimi sacerdoti e diaconi, per ascoltarvi e conoscervi uno per uno.

Foto: Mariaelena Forti

“Tendo le mani a tutti”

Come Gesù, il Buon Pastore, rivela il volto misericordioso del Padre, anche il vescovo è chiamato a essere presente per tutti, esprimendo la paternità di Dio e tendendo le mani a tutti. Sono certo che soprattutto i religiosi e le religiose, i contemplativi, mi sosterrete nella missione quotidiana.

Carissimi, non lasciamoci confondere dalle apparenze e non scoraggiamoci di fronte alle sfide della vita, alle ingiustizie, alle malattie, alla morte di una persona cara. Gridiamo a Dio il nostro dolore, perché questo grido è più autentico delle preghiere recitate senza comprensione. Pregare significa dire a Dio che abbiamo bisogno di Lui. Da soli possiamo perderci nella disperazione, ma insieme a Lui possiamo risorgere.

Un saluto ad amici e parenti

Saluto le autorità civili e militari presenti e vi ringrazio per essere qui oggi. Un saluto particolare devo al commissario prefettizio di Matera dottor Raffaele Ruberto e al vicepresidente del Consiglio regionale della Basilicata dottor Angelo Chiorazzo, che hanno voluto accompagnarmi e starmi vicino anche in questo momento. La nostra reciproca stima e amicizia continuerà a crescere e rafforzarsi.

Un saluto fraterno va ai tanti calabresi, ai miei familiari e parenti, amici presenti in questa Cattedrale, così come ai lucani che sono venuti dalle Chiese sorelle di Matera-Irsina e Tricarico, e dai diversi posti dell’Emilia Romagna, dalla Lombardia, dal Veneto, dal Lazio, dalla Puglia, dalla mia Calabria, dai seminaristi di Matera-Irsina accompagnati dal signor rettore, insieme a molti confratelli sacerdoti, nonostante il giorno festivo. Vi ringrazio di cuore: vi ho amati e continuerò ad amarvi perché siete parte della mia vita.

“Costruire ponti di fraternità e solidarietà”

Come i discepoli sul Tabor e Giovanni Battista nel Giordano, sentiamo la voce del cielo: “Questi è il mio Figlio, l’Amato; ascoltatelo”, consapevoli quindi che Gesù è l’Amen di Dio, la risposta a tutta l’umanità.

Terminata la Messa, torneremo nelle nostre case, incontreremo i nostri cari, vicini di casa, amici e conoscenti; attraverseremo strade, colline e valli, scruteremo il mare, entreremo nei luoghi dove la Parola oggi si fa carne e porteremo la luce trasfigurante di Dio. Saremo luce, consolazione, pazienza, misericordia, pianto, sorriso, stringendo le mani per costruire ponti di fraternità, di solidarietà, seminando pace nei solchi della nostra storia. Siete voi, laici e battezzati, a portare questa testimonianza, come il lievito che fermenta la pasta. L’appartenenza a gruppi, associazioni e cammini di fede esprime l’unico volto della Chiesa di Gesù Cristo. Desidero incontrare le singole realtà ecclesiali.

“Il vescovo viene per condividere”

Il vescovo viene per condividere la storia di questa terra di Romagna, che ha affrontato tante prove soprattutto negli ultimi anni a causa di alluvioni, ma continua a brillare, illuminando i cuori con speranza e amore.

A voi, giovani carissimi, che mi avete confortato ieri sera, dico: voglio attingere alla vostra forza e vivere con voi come viandante di speranza. Non avrei mai immaginato di incontrare tanti giovani. Sappiate che io ci sono.

Infine affido il mio ministero episcopale alle comunità religiose contemplative della Diocesi, che considero novelli Aronne e Cur che sostenevano le braccia di Mosè. La vostra preghiera sarà preziosa per me.

Mi inginocchio davanti alla sofferenza presente nei tanti Calvari degli ospedali, delle cliniche e delle case di riposo, e nelle famiglie. Stringendo la croce del venerdì santo, attendo con fiducia la gioia della Pasqua, certo che ogni dolore sarà trasfigurato. Sarò tra voi appena possibile.

L’affidamento alla Madonna del Popolo

Affido il mio ministero alla Madonna del Popolo, certo che veglierà su di me e su di voi, come già la Madonna Greca di Isola di Capo Rizzuto, di Capo Colonna a Crotone, della Bruna a Matera, del Carmine a Tricarico. Invoco la protezione dei santi protettori San Vicinio e San Mauro e vi benedico tutti. Così sia.

Durante l’omelia, un momento di visibile commozione del presule e, al termine, l’applauso dell’assemblea.