Olivia Maurel: “Io, nata da maternità surrogata, lotto per abolirla”

Olivia Maurel ha 32 anni, è sposata, ha tre figli e vive a Cannes. Ma questa è la seconda parte della sua vita, la parte luminosa. Prima c’è una parte oscura nella quale è stata una ragazza molto arrabbiata e infelice. Ha conosciuto alcol e droghe e ha tentato più volte il suicidio. 

Olivia è nata da maternità surrogata, una ferita che l’ha accompagnata fino all’età adulta ed oggi, portavoce della Casablanca Declaration, è un’attivista che si batte per la sua abolizione universale. Il 4 aprile è stata ricevuta da papa Francesco in Vaticano con una delegazione della Casablanca Declaration (che oltre a indicare il documento firmato nel marzo 2023 da oltre 100 esperti di diverse discipline scientifiche di 75 nazionalità differenti è anche un’organizzazione impegnata nel contrasto all’utero in affitto). L’incontro con il Papa ha preceduto l’International Conference for the Universal Abolition of Surrogacy promossa il 5 e 6 aprile a Roma dalla Casablanca Declaration, alla quale ha partecipato anche Olivia. L’abbiamo incontrata a margine dell’evento e ci ha parlato del trauma d’abbandono sofferto e del proprio impegno contro quella che definisce “una schiavitù, una disgustosa forma di sfruttamento di donne povere”.

Olivia, quando ha capito di essere nata attraverso la maternità surrogata?Dentro di me l’ho sempre saputo. Non c’era bisogno di tanti discorsi; sentivo che c’era qualcosa di strano, innaturale, nel rapporto con i mei genitori, ma nessuno mi diceva niente. Percepivo una sorta di segreto. Non ho nessuna foto della mia nascita. Mia madre all’epoca aveva 48 anni, mio padre 37. Da bambina vedevo che mia madre era molto più anziana delle madri delle mie coetanee. Intorno ai 17 anni me ne sono convinta, ma la conferma l’ho avuta solo molti anni dopo grazie a un test del Dna ricevuto in regalo da mia suocera il giorno del mio 30° compleanno, il 10 dicembre 2021.

Lei racconta di avere vissuto in modo drammatico il trauma dell’abbandono…Appena nata, anziché essere messa nelle braccia della donna che mi aveva portato nove mesi in grembo e di cui conoscevo il respiro e la voce, sono rimasta in ospedale fino alla finalizzazione del contratto, dopo la quale sono stata consegnata ai miei genitori committenti. Ho sofferto moltissimo il trauma dell’abbandono e, crescendo, anche una crisi di identità. Non sapevo chi ero veramente e sono caduta per anni in preda ad alcol e droghe. Ho sofferto di depressione e ho tentato più volte il suicidio. Per molto tempo non sono riuscita ad avere amici perché, ossessionata dal timore di un altro abbandono, mi comportavo con loro in modo soffocante. Non sono riuscita neppure a portare a termine i miei studi.

Che reazione ha avuto di fronte ai risultati del test del Dna?Quando ho avuto la conferma di essere un prodotto della surrogacy ho provato gioia e sollievo. Finalmente sapevo la verità. Il mio istinto non mi aveva ingannato. Ma, al tempo stesso, ho provato una grande rabbia, mi sono definitivamente sentita alla stregua di una commodity, ordinata e acquistata tramite denaro. Come si può guarire da una pratica così disumana? Come si può ammettere questo abbandono programmato? Avrei voluto chiedere a mia madre: perché lo hai fatto? I pensieri, i sentimenti e le domande nei quali mi dibattevo da quando avevo 17 anni erano tutti lì di fronte a me, e con essi continuo a combattere anche oggi.

Lei racconta la sua storia, ha scelto di essere testimonial in prima persona contro l’utero in affitto. Perché, secondo lei, molti figli di surrogacy non lo fanno?

Noi bambini nati tramite maternità surrogata abbiamo un enorme conflitto di lealtà. Poiché siamo stati voluti, desiderati, comperati, molti pensano che non abbiamo il diritto di soffrire ma, anzi, dovremmo dire grazie alla surrogacy per essere venuti al mondo. Io non sono d’accordo. Dobbiamo poter esprimere la sofferenza e le ferite che questo ha provocato in molti di noi. Sono consapevole che vi sono alcune storie con esito positivo, ma la maggior parte non lo sono affatto. Non intendo puntare il dito contro i genitori committenti, come non intendo denigrare i miei, ma biasimo i Paesi e i governi che consentono questa disgustosa forma di sfruttamento di donne povere, un business di 14 miliardi di dollari nel solo 2022 che deve essere abolito in tutto il mondo.

Molti sostengono che queste donne scelgono di prestarsi liberamente alla Gpa.È una grande menzogna. Sono donne molto povere, costrette dal bisogno. Come si può parlare di consenso e libera scelta in queste condizioni? Nel 2016 la Thailandia ha chiuso all’utero in affitto e le agenzie che operavano in quel Paese hanno spostato la propria attività in Kenya. Bisogna guardare negli occhi la surrogacy per quello che è: non esiste un diritto al figlio e i bambini non possono essere comperati.

Quanto le è costato prendere pubblicamente posizione contro la surrogacy?Espormi rivelando la mia storia non è né cool, né trendy. Vengo spesso definita fascista e omofoba, insultata e accusata di mentire e diffondere fake news. Non è facile, ma lo sapevo che avrei pagato un prezzo altissimo. Ho perduto il rapporto con i miei genitori – pensano che io ce l’abbia con loro, ma non è così – e con molti membri della mia famiglia, ma so di essere dalla parte dell’etica e del bene. Finalmente so chi sono: conosco il mio patrimonio genetico, conosco il mio albero genealogico, so chi mi ha portato in grembo, ho potuto incontrare di persona anche il mio fratellastro due settimane fa durante un viaggio a New York, e, dopo il mio matrimonio e la nascita dei miei tre bambini, è stato uno dei giorni più felici della mia vita.

Il 4 aprile ha incontrato il Papa. Perché ha voluto incontrarlo e com’è andata?Io, femminista e non credente, nei mesi scorsi gli avevo inviato una lettera in quanto Capo di Stato e autorità morale. Ho apprezzato molto i suoi forti richiami contro la maternità surrogata, in particolare quello espresso lo scorso 8 gennaio nel discorso agli ambasciatori presso la Santa Sede. Il nostro incontro – c’era con me anche una delegazione della Casablanca Declaration – è durato circa mezz’ora in un clima molto cordiale. È un uomo straordinario, umile, cordiale e dotato di umorismo. Ha  scherzato con noi, ma ha anche ribadito più volte che la maternità surrogata costituisce un mercato globale che minaccia e sfrutta le donne. Ci ha incoraggiato a proseguire nel nostro impegno e ha sottolineato che anche in mezzo alle difficoltà occorre sempre mantenere fiducia e buon umore.

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