Operatori e volontari Caritas “a scuola” di Pace

La testimonianza di Milu Gnoli sulla giornata vissuta alla Cittadella della Pace nel piccolo borgo di Rondine (Arezzo)

Scultura "Rondine" alla cittadella della Pace

Riportiamo di seguito la testimonianza di Milu Gnoli sulla giornata vissuta alla Cittadella della Pace nel piccolo borgo di Rondine (Arezzo)

Ogni tanto serve del tempo di nutrimento. Giovedì 31 ottobre, come operatori e volontari Caritas di tutta la Diocesi ci siamo ritrovati insieme per fermarci, nutrirci, richiarire insieme il nostro focus e ripartire meglio.

Un meraviglioso sole di fine autunno ci ha accompagnato tra le colline rigogliose di Arezzo, fino al piccolo borgo di Rondine, a conoscere la Cittadella della Pace. Un luogo che nasce alla visione del suo fondatore, Franco Vaccari, e al suo sogno di costruire un laboratorio di Pace. Uno spazio dove parlare di guerra e conflitti estremamente grandi – mondiali – ed estremamente piccoli – quelli dentro di sé. La sfida? Provare ad approcciare i conflitti in modo diverso, tentare di riparare fiducia e relazioni, salvare l’umano.

Un progetto unico, all’opera da 40 anni

Questo progetto unico, ormai da 40 anni, accoglie studenti da nazionalità diverse, tutti provenienti da paesi in guerra (come Russia, Ucraina, Libano, Mali e Colombia) offrendo loro due anni di convivenza, dialogo e studio ma soprattutto costruzione di relazioni.

Ognuno di loro è arrivato in Italia portando con sé con tutta la sua storia personale e famigliare, segnata spesso da perdite, rabbia e dolore. Qui sono chiamati ad accogliere la sfida di convivere con il “nemico”, l’invasore, il rivale. Questo significa quotidianamente mangiare e studiare e vivere insieme, lavare i panni insieme.

Visitando gli spazi comuni della convivenza, ci siamo soffermati davanti alla lavanderia. Davanti al gesto così intimo del lavare i panni nella stessa lavatrice – ci raccontano – ci sono stati atti di resistenza (qualcuno ha lasciato persino il progetto).

Lavare insieme le parti più intime di sé è un gesto forte e molto simbolico, ma allo stesso tempo ci riflette quanto il nostro ideale astratto di pace, spesso scivoli su gesti semplici, pratici.

Nelle cose più inaspettate a volte si rivelano i pregiudizi e le rigidità ci abitano nel profondo senza saperlo. E il vero progetto di pace che ci raccontano, alla fine, è prima di tutto dentro se stessi. È riuscire a vedere nell’altro una persona, non una bandiera o l’etichetta del nemico. Nulla deve permetterci di perdere l’umano!

Pieve di Romena, oasi di spiritualità

Quindi grazie ai ragazzi che ci hanno accompagnato, per la loro saggia e profonda testimonianza! E grazie a Don Luigi Verdi, che nel pomeriggio ci ha accolto nella spiritualità della Pieve di Romena. Uno spazio intriso di spiritualità, dove abbiamo pregato, riflettuto, esplorato e persino ballato.

Cercate la bellezza dove non si vede“, ci esorta don Luigi durante un momento di dialogo. È questo il focus che forse dovevamo richiarire, ci illumina dicendolo. “Che la burocrazia non soffochi mai le indiscipline dello Spirito Santo”.

Con questo imperativo torniamo al lavoro, nei nostri servizi, nelle nostre sfide del quotidiano.