Dalla Chiesa
Padre Vito D’Amato su Chiara Corbella: “Importante è lasciarsi amare”
Quasi 500 persone questa mattina in seminario per ascoltare il padre spirituale della giovane mamma romana
“Chiara è morta felice – assicura il frate -. Ha capito che la sua vita era compiuta. Aveva trovato il suo posto nella storia della salvezza. Aveva un cuore grato. Ci ha fatto ridere fino a cinque minuti prima di morire”. E ha reso presente il centuplo quaggiù
“La vita è un mistero. È nelle mani di un altro. Ed è qualcosa di molto più bello di ciò che potemmo credere con la nostra immaginazione”. L’ha detto questa mattina in seminario a Cesena padre Vito D’amato, il padre spirituale di Chiara Corbella Petrillo, la giovane mamma deceduta nel 2012 dopo aver dato alla luce tre figli, i primi due morti dopo pochi minuti dal parto. All’incontro, proposto da alcune giovani coppie di sposi della fraternità di Comunione e liberazione, hanno preso parte ben più di 400 persone che hanno gremito l’auditorium e la chiesa con la quale era stato stabilito un collegamento streaming.
“Siamo chiamati a prendere la croce ogni giorno, finestre che si aprono sul mistero”
“Una mamma segnata dalla morte di un figlio – prosegue il sacerdote – lo rimarrà per sempre, ma questo fatto non le potrà impedire di essere felice”. Nessuno si augura il male, dice ancora il frate di origini baresi, che deve la sua vocazione al vescovo don Tonino Bello, ma il vero guaio di questi nostri anni “è la solitudine. Il rischio per noi è quando stiamo bene e pensiamo che siamo noi a procurarci quel bene”. Invece siamo chiamati a “prendere la croce ogni giorno, autentiche finestre che si aprono sul mistero”.
Sì, perché se siamo capaci “di lasciare spazio a un Altro, con la maiuscola, questo Altro ci fa sperimentare l’amore”, anche quello con la maiuscola. Questo incontro è destinato solo ai santi o a quelli che sono sulla via della santità, come Chiara Corbella? “Il desiderio di approfondire la vita di Chiara – dice don Stefano Pasolini, assistente ecclesiastico di Cl, in apertura di mattinata – è nato da uno stupore per questa sua meravigliosa figura. Come dicevano i primi cristiani, contemplare il volto dei santi per trovare in loro il riposo e la pace”.
Riccardo Consalici, a nome dei promotori, ricorda i precedenti: nel 2017 al convegno diocesano delle famiglie, un’altra occasione nel 2021 e nel 2023 la morte appena nata della figlia di una coppia di amici, Valentina e Gabriele. Da queste tappe è scaturita la giornata a Todi, nel giugno scorso, quando sette giovani famiglie andarono a invitare padre Vito che oggi è parroco nella stessa cittadina umbra.
“Siete pazzi a voler approfondire la figura di Chiara”
Il sacerdote ammonisce subito: “Voi siete pazzi a voler approfondire la figura di Chiara. La sua è una storia pazzesca. Una donna che si sposa a 24 anni nel 2008. Dopo un anno le nasce una figlia che vive 30 minuti. Nel 2010 è la volta di Davide. Sembra debba essere disabile. Invece anche lui vive solo pochi minuti. Poi un’altra gravidanza, questa volta di un bambino sano, Francesco. E lei che scopre un tumore maligno”. Quasi da non credere.
Il sacerdote manda in onda il filmato del funerale. In chiesa, a Roma, c’è una folla di gente. “Siamo con la lucerne accese”, dice il frate che allora seguiva ad Assisi i giovani in ricerca vocazionale, citando l’ultimo sms scritto da Chiara al suo parroco. “Ma la vita nello Spirito la vivi già oggi. Non occorre morire”. Lo sostiene anche il marito al funerale: “Chiara non è morta. A chi interessa di lei, ce lo venissero a chiedere perché non è roba nostra”.
“Non c’è bisogno di morire per assaporare l’eternità”
Chiara è vissuta in vista o in virtù di un premio eterno? Ha sopportato tutte queste sofferenze per un premio che le sarebbe stato riservato? Cos’è questa vita eterna?, domanda padre Vito ai tanti che lo ascoltano in silenzio. “Non c’è bisogno di morire per viverla – assicura il francescano -. Comincia già qui. Noi abbiamo visto la gioia, la bellezza e la vita nel mondo. Abbiamo visto quello che vide il centurione romano. Vede che c’è un Altro”.
Padre Vito ricorda ancora i momenti in cui conobbe Chiara ed Enrico. “Non ce la facevano più ad andare avanti in quel modo. Aveva 22 anni. Visti poi gli eventi successivi, non ci siamo più staccati. Non siamo eroi. Ma siamo quello che siamo perché esiste un Altro nella nostra vita. Ai funerali dei loro due bambini abbiamo assaporato il Paradiso”.
“Non voglio quelle facce tristi”
Il sacerdote amico della coppia fa memoria dei momenti più difficili, tra l’estate 2011 e il marzo 2012, quando Chiara viene giudicata malata terminale. “Dà questa notizia ai suoi genitori. A quel punto ha 28 anni. Loro ci rimangono ovviamente male, ma lei mi dice con quel suo romanesco che le veniva fuori: chiedimi quello che te pare, ma non con queste facce tristi”.
È così che nasce il desiderio di organizzare un viaggio-pellegrinaggio a Medjugorie. In due giorni si erano iscritte 300 persone. Poi ci andarono in 150 più 40 bambini. In quell’occasione, a due mesi dalla morte, Chiara rende una testimonianza che venne filmata. “Racconta del fidanzamento – aggiunge padre Vito – il periodo più doloroso della sua vita. Lei ed Enrico si erano conosciuti proprio a Medjugorie”.
“Abbiamo vissuto un miracolo e non potevamo non dirvelo”
Nel filmato i due sposi raccontano di quei periodi difficili. Facevano fatica a comunicare tra loro. A capirsi. Fino alla partecipazione a una marcia francescana: dieci giorni con 100 euro. Da lì nacque la decisione di sposarsi. Poi arriva la prima figlia, con la sua breve vita di 30 minuti. “La accompagneremo fin dove possiamo”, si sente dire da Chiara che aggiunge: “Eravamo davvero felici. Arriva Davide. Un altro figlio. Per ogni figlio abbiamo un amore diverso… Nonostante tutto, non ci è sembrato poco il tempo passato con Maria e Davide. È stato un tempo pieno. È cose se uno avesse un figlio che ha vinto una borsa di studio in America. Che fa, non lo manda?”.
Quei periodi sono anche i tempi di verifica per le amicizie autentiche. “Sono rimasti quelli che ci volevano bene – si ascolta ancora da Chiara -. Ne saremmo potuti uscire pazzi”. Le fa eco Enrico: “Sento di aver vissuto un miracolo assieme a mia moglie e non potevano non dirvelo”. Poi chiara prosegue: “Siamo qui per chiedere la grazia della guarigione o quella di raggiungere i miei figli. Il miracolo l’ho visto in questi giorni. Questo viaggio ci ha riempito di serenità. È questo il miracolo più grande: la grazia di vivere la Grazia. È un privilegio sapere di dover morire e poter dire ti voglio bene a tutti”.
Chiara è morta felice. Ha capito che la sua vita era compiuta
Padre Vito ricorda gli ultimi momenti di vita di Chiara, densissimi. “Si rideva e si scherzava. E loro due litigavano e a me faceva piacere perché pensavo: mica se la prenderà adesso il Signore, visto che hanno litigato”. Quindi i momenti più intimi. “Chiara è morta felice – assicura il frate -. Ha capito che la sua vita era compiuta. Aveva trovato il suo posto nella storia della salvezza. Aveva un cuore grato. Ci ha fatto ridere fino a cinque minuti prima di morire”.
Che cos’è la vocazione, domanda padre Vito. È qualcuno che ti chiama. “Nella vita -dice con decisione – l’importante è nascere e lasciarsi amare. Moriamo per conoscere l’amore vero di Dio, ma nella vita il nostro compito è conoscere chi ti ha chiamato. Sì, perché una volta che ti sei sposato o fatto prete o suora non hai risolto niente. La vita ci è data per conoscere chi ci ha dato la vita. Noi, invece, vogliamo fare le cose precise. La vita è fatta delle cose realizzate a metà perché qualcun Altro le completi”.
Il centuplo quaggiù. Alla fine siamo tutti malati terminali
Cosa accade spesso, invece? Che noi tutti non comprendiamo cosa il Signore chiede. “Se vuoi fare tutto tu – ammonisce padre Vito – questo mistero non ti si svelerà mai. E poi diciamo: ho avuto una sola moglie. Bravo, un trasgressivo vero. Ma chi siamo io e te?”.
Il segreto di Chiara e dell’esperienza cristiana, risponde padre Vito alle domande, “è fare spazio allo Spirito Santo che ci apre alla presenza di un Altro. Perché alla fine, siamo tutti malati terminali. Chi l’ha detto che uno non venga chiamato subito?”. Allora, la domanda da porsi rimane: “Signore, cosa ci stai chiedendo? – dice in conclusione il sacerdote -. Ciò permette a Dio di vederlo. Il Signore ci chiede, ma ci dona molto di più e ci toglie la paura di morire. Come a Chiara, che non si è rassegnata alla sofferenza”. E ha reso presente il centuplo quaggiù.