Dalla Chiesa
Papa Francesco in Ungheria/5. “Il linguaggio della Carità nutre il cuore delle persone”
I poveri e i bisognosi sono al cuore del Vangelo. Non dimentichiamolo mai. L’ha detto questa mattina papa Francesco nella chiesa di Santa Elisabetta, figlia di re e famosa patrona della carità, nel suo secondo giorno del viaggio apostolico in Ungheria che si concluderà domani. Francesco parla di “generoso servizio che la Chiesa ungherese svolge per e con i poveri”. Sono loro che indicano alla comunità cristiana quella che il Pontefice definisce “sfida appassionante”, perché la fede non sia prigioniera di un culto distante dalla vita e non diventi preda di “egoismo spirituale”, cioè di una spiritualità che ciascuno si costruisce “a misura”. La vera fede, indica Francesco, è “il linguaggio della carità”, citando la prima lettera di san Paolo ai Corinti: “se non abbiamo la carità non abbiamo niente”.
Francesco viene accolto da un migliaia di presone in piazza, davanti alla chiesa dedicata a santa Elisabetta. Ci sono moltissime casacche rosse della Caritas. Nell’attesa dell’arrivo di Francesco, vengono eseguiti diversi canti tipici. All’interno della chiesa ci sono circa 600 fedeli, in gran parte si tratti di rifugiati o di poveri. Quando si accomoda sulla carrozzina, dopo essere sceso dalla solita Fiat 500 bianca targata SCV 1, toglie lui stesso il freno quasi a dire che è impaziente di entrare in chiesa. È un Papa sorridente, che non pare neppure stanco, nonostante i ritmi serrati del viaggio.
Dopo aver ascoltato tre testimonianze, papa Francesco, per spiegare il linguaggio della carità, parla della santa tanto venerata in Ungheria e nel mondo. Lei, dice, “non solo spese i suoi averi, ma anche la sua vita a favore degli ultimi, dei lebbrosi, dei malati, fino a curarli personalmente e a portarli sulle proprie spalle”.
Francesco riprende le tre testimonianze appena ascoltate. La prima, quella di Brigitta, in grande difficoltà con la famiglia e poi accolta dalla Chiesa greco-cattolica. Questa storia, prosegue Francesco, fa comprendere quale sia la testimonianza richiesta ai credenti in Cristo, l’abbraccio delle tenerezza del Signore attraverso i fratelli che si fanno prossimi: “la compassione verso tutti, specialmente verso coloro che sono segnati dalla povertà, dalla malattia, dal dolore”.
Il Papa prende l’occasione per ringraziare la Chiesa ungherese per l’impegno profuso nella carità e per la rete capillare che collega tanti. E poi l’impegno, con “generosità ed entusiasmo”, nell’accoglienza verso i profughi ucraini.
Riprendendo la testimonianza di Oleg, lui con la moglie e i cinque figli, dall’Ucraina nel 2022 è stato accolto dalla Caritas ungherese. “Un futuro diverso è possibile- dice Francesco – L’amore che Gesù ci dona e ci comanda di vivere contribuisce a estirpare dalla società, dalle città e dai luoghi in cui viviamo i mali dell’indifferenza – e fuori testo rimarca: “è una peste l’indifferenza” e dell’egoismo e riaccende la speranza di un’umanità nuova, più giusta e fraterna, dove tutti possano sentirsi a casa”.
Infine c’è la storia di Zoltan e sua moglie Anna che nel loro centro servono ogni giorno colazione e pranzo in media a 150 persone senza fissa dimora e prestano attenzione alla storia e all’umanità ferita di tanti. “Non basta dare il pane che sfama lo stomaco – aggiunge Bergoglio – c’è bisogno di nutrire il cuore delle persone. La carità non è una semplice assistenza materiale e sociale, ma si preoccupa della persona intera e desidera rimetterla in piedi con l’amore di Gesù. Un amore che aiuta a riacquistare bellezza e dignità”. E aggiunge a braccio: “La carità significa guardare gli occhi. Toccare e guardare. E così comincia un percorso. Sei tu lo sguardo del Signore”.
In chiusura il Papa cita un miracolo di santa Elisabetta, quando trasformò in rose il pane che portava ai bisognosi. E così chiude, prima di chiedere, come fa sempre, di pregare per lui: “Quando vi impegnate a portare agli affamati, il Signore fa fiorire la gioia e profuma la vostra esistenza con l’amore che donate. Vi auguro di portare sempre il profumo della Carità nella Chiesa e nel vostro Paese”.
Al termine dell’incontro papa Francesco si è recato in carrozzina nella vicina chiesa cattolica di rito greco-orientale per un momento dedicato alla comunità locale.
Nella foto qui sopra, papa Francesco ascolta canti eseguiti da un coro di zingari