Dalla Chiesa
Papa Francesco: “La grande diplomazia e la piccola pastorale sono nel cuore del cardinale”
“Un cardinale ama la Chiesa, sempre con il medesimo fuoco spirituale, sia trattando le grandi questioni sia occupandosi di quelle piccole; sia incontrando i grandi di questo mondo – deve farlo, tante volte – sia i piccoli, che sono grandi davanti a Dio”. È il ritratto stilato dal Papa, che nella parte finale dell’omelia del Concistoro per la creazione di 20 nuovi porporati, nella basilica di San Pietro, ha citato il cardinale Casaroli, “giustamente celebre per il suo sguardo aperto ad assecondare, con dialogo sapiente e paziente, i nuovi orizzonti dell’Europa dopo la guerra fredda”.
“E Dio non voglia che la miopia umana chiuda di nuovo quegli orizzonti che lui ha aperto!”, il monito di Francesco con un chiaro riferimento all’oggi. “Ma agli occhi di Dio hanno altrettanto valore le visite che regolarmente egli faceva ai giovani detenuti in un carcere minorile di Roma, dove era chiamato don Agostino”, ha sottolineato il Papa a proposito del diplomatico vaticano. “Faceva una grande diplomazia, il martirio della pazienza, insieme alla visita settimanale a Casal del Marmo, con i giovani”.
“E quanti esempi di questo tipo si potrebbero portare!”, ha proseguito. “Mi viene in mente il cardinale Van Thuân, chiamato a pascere il Popolo di Dio in un altro scenario cruciale del XX secolo, e nello stesso tempo animato dal fuoco dell’amore di Cristo a prendersi cura dell’anima del carceriere che vigilava sulla porta della sua cella”.
“Questa gente non aveva paura del grande e del massimo, ma anche prendeva il piccolo di ogni giorno”, il commento a braccio alla celebre frase di San Tommaso, citata in latino: “La grande diplomazia e la piccola pastorale: questo è nel cuore di un cardinale”.
“Ritorniamo con lo sguardo a Gesù”, l’invito rivolto ai nuovi porporati: “Solo lui conosce il segreto di questa magnanimità umile, di questa potenza mite, di questa universalità attenta ai dettagli. Il segreto del fuoco di Dio, che scende dal cielo rischiarandolo da un estremo all’altro e che cuoce lentamente il cibo delle famiglie povere, delle persone migranti, o senza una casa. Gesù vuole gettare anche oggi questo fuoco sulla terra, vuole accenderlo ancora sulle rive delle nostre storie quotidiane. Ci chiama per nome, ognuno di noi, non siamo anonimi: ci guarda negli occhi, e ci chiede: Posso contare su di te?”. Alla fine, a braccio, il Santo Padre ha chiesto di pregare per l’unico cardinale assente, il ghanese Richard Kuuia Baawobr, vescovo di Wa: “Preghiamo per il nostro fratello che doveva essere qui ed è ricoverato”.
Il “fuoco irruente” e il “fuoco mite”, i due binari su cui si è incentrata l’omelia papale. Commentando le parole di Gesù riportate da Luca – “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” – Francesco ha definito quella dei cardinali “una missione di fuoco”, alla base della quale c’è lo zelo di Gesù “per la salvezza di ogni essere umano, nessuno escluso, la sua magnanimità, il suo amore senza limiti, senza riserve, senza condizioni, l’apertura a tutti i popoli, quella tensione universale, all’orizzonte del mondo, alle periferie ancora ignote”.
“Questo fuoco potente è quello che ha animato l’apostolo Paolo nel suo instancabile servizio al Vangelo, nella sua corsa missionaria guidata, spinta sempre in avanti dallo Spirito e dalla Parola”, ha sottolineato il Papa. “È anche il fuoco di tanti missionari e missionarie che hanno sperimentato la faticosa e dolce gioia di evangelizzare, e la cui vita stessa è diventata vangelo, perché sono stati anzitutto dei testimoni”.
“Vicinanza, compassione e tenerezza: questo è lo stile di Gesù”, ha ribadito Francesco. Il fuoco di brace è quello che “arde in modo particolare nella preghiera di adorazione, quando stiamo in silenzio vicino all’Eucaristia e assaporiamo la presenza umile, discreta, nascosta del Signore, così che questa presenza stessa diventa nutrimento per la nostra vita quotidiana”. Fa pensare a san Charles de Foucauld, “al suo rimanere a lungo in un ambiente non cristiano, nella solitudine del deserto, puntando tutto sulla presenza: la presenza di Gesù vivo, nella Parola e nell’Eucaristia, e la sua stessa presenza fraterna, amichevole, caritatevole”.
“Ma fa pensare anche a quei fratelli e sorelle che vivono la consacrazione secolare, nel mondo, alimentando il fuoco basso e duraturo negli ambienti di lavoro, nelle relazioni interpersonali, negli incontri di piccole fraternità”, l’omaggio ai laici: “oppure, come preti, in un ministero perseverante e generoso, senza clamori, in mezzo alla gente della parrocchia”. “E poi, non è fuoco di brace quello che ogni giorno riscalda la vita di tanti sposi cristiani?”, si è chiesto Francesco: “la santità coniugale. Ravvivato con una preghiera semplice, fatta in casa, con gesti e sguardi di tenerezza, e con l’amore che pazientemente accompagna i figli nel loro cammino di crescita. E non dimentichiamo il fuoco di brace custodito dai vecchi: il focolare della memoria, sia nell’ambito familiare sia in quello sociale e civile”. “Quant’è importante questo braciere dei vecchi!”, ha esclamato il Papa: “Attorno a esso si radunano le famiglie; permette di leggere il presente alla luce delle esperienze passate, e di fare scelte sagge”.
Dopo aver imposto la berretta e l’anello ad ogni singolo porporato, al quale come da tradizione è stato assegnato un titolo o una diaconia delle chiese di Roma, il Santo Padre ha annunciato che il fondatore degli scalabriniani, Giovanni Scalabrini, verrà canonizzato il 9 ottobre, insieme a un laico salesiano, Artemide Zatti.
Lunedì 29 e martedì 30 agosto la riunione dei cardinali di tutto il mondo – un centinaio circa quelli presenti finora a Roma, dai cinque continenti – per riflettere sulla nuova costituzione apostolica Praedicate evangelium, entrata in vigore il 5 giugno scorso. A oggi, il Collegio cardinalizio risulta composto da 227 porporati, di cui 132 elettori e 95 non elettori.