Papa Francesco: “La terza guerra mondiale a pezzi è un conflitto globale”

“Il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito terza guerra mondiale a pezzi in un vero e proprio conflitto globale”. È la fotografia scattata da papa Francesco, nel tradizionale discorso di inizio anno al Corpo diplomatico, pronunciato nell’Aula della Benedizione e dedicato alla pace, “all’inizio di un anno che vorremmo di pace e che invece si apre all’insegna di conflitti e divisioni”.

Sono 184 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche piene con la santa sede, a cui vanno aggiunti l’Unione Europea e il Sovrano militare Ordine di Malta.

“Non posso in questa sede non ribadire la mia preoccupazione per quanto sta avvenendo in Israele e Palestina”, il primo appello del Papa: “Tutti siamo rimasti scioccati dall’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro la popolazione in Israele. Ribadisco il mio appello a tutte le parti coinvolte per un cessate-il-fuoco su tutti i fronti, incluso il Libano, e per l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi a Gaza. Chiedo che la popolazione palestinese riceva gli aiuti umanitari e che gli ospedali, le scuole e i luoghi di culto abbiano tutta la protezione necessaria. Auspico che la comunità internazionale percorra con determinazione la soluzione di due Stati, uno israeliano e uno palestinese, come pure di uno statuto speciale internazionalmente garantito per la Città di Gerusalemme, affinché israeliani e palestinesi possano finalmente vivere in pace e sicurezza”.

“Purtroppo, dopo quasi due anni di guerra su larga scala della Federazione Russa contro l’Ucraina, la tanto desiderata pace non è ancora riuscita a trovare posto nelle menti e nei cuori, nonostante le numerosissime vittime e l’enorme distruzione”, la denuncia sull’altro fronte caldo del mondo: “Non si può lasciare protrarre un conflitto che va incancrenendosi sempre di più, a detrimento di milioni di persone, ma occorre che si ponga fine alla tragedia in atto attraverso il negoziato, nel rispetto del diritto internazionale”, l’appello.

“Le vittime civili non sono danni collaterali”, l’altro riferimento alla situazione in Ucraina e a Gaza: “anche quando si tratta di esercitare il diritto alla legittima difesa, è indispensabile attenersi ad un uso proporzionato della forza”.

“Le guerre possono proseguire grazie all’enorme disponibilità di armi”, argomenta il Papa esortando a “perseguire una politica di disarmo”, ribadendo “l’immoralità di fabbricare e detenere armi nucleari” e rinnovando la proposta di costituire un Fondo mondiale per eliminare la fame e per promuovere uno sviluppo sostenibile del pianeta. “La crisi climatica esige una risposta sempre più urgente e richiede il pieno coinvolgimento di tutti , afferma ancora una volta Francesco, secondo il quale il documento finale della Cop28 “rappresenta un passo incoraggiante”: l’auspicio è che “porti a una decisa accelerazione della transizione ecologica”.

 Il Mediterraneo “è diventato nell’ultimo decennio un grande cimitero”, la denuncia a proposito di una delle conseguenze dei conflitti: “tra le tante vittime ci sono molti minori non accompagnati”.

Il Mediterraneo non dovrebbe essere una tomba, ma “un laboratorio di pace”. “Ciò non toglie che la migrazione debba essere regolamentata per accogliere, promuovere, accompagnare e integrare i migranti, nel rispetto della cultura, della sensibilità e della sicurezza delle popolazioni che si fanno carico dell’accoglienza e dell’integrazione”, puntualizza il Papa, che nello stesso tempo chiede di “creare le condizioni” per esercitare il diritto di rimanere nella propria patria. “Dinanzi a questa sfida nessun Paese può essere lasciato solo, né alcuno può pensare di affrontare isolatamente la questione attraverso legislazioni più restrittive e repressive, approvate talvolta sotto la pressione della paura o per accrescere il consenso elettorale”, la tesi di Francesco, che accoglie “con soddisfazione l’impegno dell’Unione Europea a ricercare una soluzione comune mediante l’adozione del nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, pur rilevandone alcuni limiti, specialmente per ciò che concerne il riconoscimento del diritto d’asilo e per il pericolo di detenzioni arbitrarie”.

La via della pace, inoltre, “esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio”.

In particolare, Francesco definisce “deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata”, chiedendo un impegno della comunità internazionale per proibirla a livello universale, e “pericolosissima” la teoria del gender, “perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali”.

A livello internazionale, Francesco segnala l’indebolimento delle “strutture di diplomazia  multilaterale”, che rischiano di frammentarsi “in club che lasciano entrare solo Stati ritenuti ideologicamente affini”: “anche quegli organismi finora efficienti rischiano una paralisi a causa di polarizzazioni ideologiche, venendo strumentalizzati da singoli Stati”. Il 2024 vedrà la convocazione di elezioni in molti Stati, rileva il Papa, secondo il quale “è importante che i cittadini, specialmente le giovani generazioni, avvertano come loro precipua responsabilità quella di contribuire all’edificazione del bene comune, attraverso una partecipazione libera e consapevole alle votazioni”.

La pace è inoltre minacciata dalla persecuzione dei cristiani nel mondo – oltre 360 milioni – e dall’aumento degli atti di antisemitismo, “piaga” che “va sradicata dalla società”. La pace, infine, può essere messa in pericolo dalle “fake news” o da un uso improprio dell’intelligenza artificiale, che come ogni tecnologia deve mantenersi “al servizio dell’uomo, il cui apporto non può né potrà mai essere rimpiazzato da un algoritmo o da una macchina”. “Forse oggi più che mai abbiamo bisogno dell’anno giubilare”, la conclusione del discorso riferita al Giubileo che inizierà il prossimo Natale: “può essere per tutti – cristiani e non – il tempo in cui spezzare le spade e farne aratri; il tempo in cui una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, né si imparerà più l’arte della guerra”.