Dalla Chiesa
Papa Francesco telefona al parroco di Gaza
“Ieri ho parlato con Papa Francesco che mi ha manifestato la sua vicinanza e la sua preghiera per tutta la comunità ecclesiale di Gaza e per tutti i parrocchiani e abitanti”. A rivelarlo al Sir è il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli, attualmente bloccato a Betlemme, in attesa di fare rientro presso la sua parrocchia, la Sacra Famiglia, l’unica cattolica della Striscia.
“Ho ringraziato il Pontefice per il suo appello alla pace in Israele e in Palestina di domenica scorsa all’Angelus – ha aggiunto il religioso -. Papa Francesco ha impartito la sua benedizione perché tutti sentano la sua vicinanza”. Attualmente la parrocchia di Gaza ospita 130 rifugiati e altri sono ospitati in strutture parrocchiali limitrofe. “I bombardamenti – racconta padre Romanelli, riferendo testimonianze dei suoi parrocchiani – sono continui e duri. Sale la paura per una invasione di terra”.
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Sono oltre 200 gli obiettivi colpiti nella notte dalle Forze di Difesa Israeliane (Idf) nella Striscia di Gaza dove continuano i bombardamenti, soprattutto nelle zone di Rimal e Khan Yunis. Al quarto giorno di guerra fra Hamas e Israele si aggiorna drammaticamente il bilancio dei morti e feriti: in Israele sono più di 900 e i feriti 2.600. I morti palestinesi nella Striscia ammontano a 687, tra cui 140 bambini. Sono 3.726 i feriti, secondo l’ultimo conteggio del Ministero della Salute gazawo. Attualmente Gaza è sotto assedio, considerato “illegittimo” dall’Onu, deciso da Israele che ha interrotto le forniture di elettricità, cibo e carburante, in ritorsione all’attacco del 7 ottobre.
La telefonata del Papa. Nella Striscia vive una piccola comunità cristiana, poco più di 1000 fedeli (su 2,3 milioni di abitanti di fede islamica, ndr.), dei quali solo un centinaio cattolici. Ad essa è giunta la vicinanza spirituale di Papa Francesco, come rivela al Sir, lo stesso parroco dell’unica parrocchia latina di Gaza, padre Gabriel Romanelli: “Ieri ho parlato con Papa Francesco che mi ha manifestato la sua vicinanza e la sua preghiera per tutta la comunità ecclesiale di Gaza e per tutti i parrocchiani e abitanti”. Il religioso, di origine argentina, attualmente è bloccato a Betlemme, in attesa di fare rientro presso la sua parrocchia, dedicata alla Sacra Famiglia. “Ho ringraziato il Pontefice per il suo appello alla pace in Israele e in Palestina di domenica scorsa all’Angelus – ha aggiunto il parroco -. Papa Francesco ha impartito la sua benedizione perché tutti sentano la sua vicinanza”. La piccola comunità cattolica intanto da sabato 7, giorno dell’attacco, si ritrova tutte le sere a pregare il Rosario per la Pace: “i fedeli si radunano in chiesa per la Messa e poi davanti al Santissimo pregano il Rosario. Per i bambini abbiamo pensato ad un piccolo oratorio, con la speranza di donare qualche momento di serenità in una situazione che si profila sempre più drammatica”. La possibile invasione terrestre annunciata da Israele, conclude il parroco, “sarebbe una carneficina. Combattere casa per casa, in un ambiente densamente popolato, avrebbe effetti devastanti su ambedue i contendenti”. Attualmente la parrocchia ospita 130 rifugiati e altri sono ospitati in strutture parrocchiali limitrofe.
Tra paura e preghiera. A parlare al Sir, ma da Gaza, è suor Nabila Saleh, direttrice della locale “Rosary’s Sisters School” che conferma le parole del parroco. “La situazione è molto grave, come mai accaduto fino ad oggi. Nella notte appena trascorsa i rombi degli aerei e gli scoppi delle bombe sono stati infernali. Abbiamo paura e non sappiamo cosa fare. Pregate per noi, pregate per la pace”: è la drammatica testimonianza della religiosa. “La nostra scuola – racconta – si trova in una zona colpita dalle bombe. Un palazzo poco distante è stato abbattuto dalle bombe israeliane e lo spostamento d’aria ha provocato lievi danni alle vetrate della nostra struttura. Le lezioni sono ferme e i nostri studenti sono tutti a casa. È impossibile e altamente pericoloso uscire fuori in strada” come dimostra la strage al mercato di Jabalia, nel nord della Striscia, provocata dai raid israeliani. Oltre 50 morti civili. Nonostante ciò la direttrice della scuola sta mantenendo i contatti con le famiglie degli studenti, sperse nella Striscia. “Cerchiamo di stare loro vicino in qualche modo – spiega – e ascoltiamo le loro testimonianze che parlano di quartieri distrutti, di macerie ovunque. Molte di queste famiglie hanno avuto le case demolite o danneggiate e per questo hanno trovato rifugio nelle scuole dell’Onu. Tra loro anche diversi cristiani”.
Sotto assedio. L’assedio deciso da Israele preoccupa non poco la religiosa perché, dice, “andrà ad aggravare in maniera definitiva le già drammatiche condizioni di vita della popolazione gazawa. Senza acqua, luce e carburante come si fa ad andare avanti? L’assedio comincia a far sentire i suoi effetti sulla popolazione. Qui nella scuola – spiega – riusciamo ad avere qualche ora di energia elettrica grazie ai pannelli solari e cerchiamo di andare avanti come possiamo e di aiutare come possibile”. Ma la paura più grande adesso, aggiunge suor Nabila, “non sono più le bombe dal cielo ma l’ingresso dei carri armati dentro Gaza”. La religiosa non esita a parlare di “disastro inimmaginabile, una strage di vite umane da tutte le parti”. E conclude: “Non possiamo fare altro che pregare per chi ha in mano le sorti della guerra, Dio illumini le loro menti. Pregate per noi, il momento è tragico”.