Papa Francesco: un anno segnato dalla pandemia

Il Papa che eleva la sua supplica da solo, in una piazza San Pietro vuota e sferzata dalla pioggia. Il 27 marzo del 2020 resterà di certo una data e un’immagine simbolo del pontificato di Francesco, il cui ottavo anno è stato caratterizzato interamente dalla pandemia e si è concluso con un altro avvenimento già affidato alla storia: il primo viaggio di un Pontefice in Iraq, tenacemente voluto nonostante i rischi per il Covid e la sicurezza pur di stare accanto ad un popolo martire, sfigurato dalla violenza del terrorismo ma assetato di un futuro di pace e di fraternità.

Dal 9 marzo 2020, in concomitanza con il lockdown in Italia, non c’è stata omelia, Angelus, Regina Coeli o messaggio del Santo Padre che non avesse un riferimento al Covid-19 o alle sue conseguenze.

Gli Angelus e le udienze del mercoledì, salvo una breve pausa nel periodo in cui i contagi sembravano diminuire, sono stati trasmessi in diretta streaming. Ogni mattina, la messa da Santa Martaseguita in diretta da milioni di persone con ascolti record – cominciava con un’intenzione di preghiera per chi in prima linea ha lottato contro il Coronavirus. Come i medici, gli infermieri, i sacerdoti che hanno dato la vita nello stare accanto a chi si è ammalato. Bergoglio ha pregato anche per le autorità chiamate a prendere decisioni importanti, per i carcerati, per le mamme in attesa, per i senza fissa dimora e i volontari che se ne prendono cura. Ha avuto parole di conforto per le famiglie costrette, nella prova, a reinventare la normalità, agli studenti alle prese con la didattica a distanza, a chi ha perso il lavoro e a chi, per la pandemia, è caduto nella rete degli usurai o soffriva per la fame. Ha chiesto un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo. Anche l’Angelus e le udienze generali vengono trasmesse in diretta streaming.

Il 27 marzo l’affidamento a Maria: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”. Francesco pronuncia queste parole sotto lo sguardo silenzioso, dolente e vigile del Crocifisso ligneo di San Marcello al Corso – per pregare davanti al quale si era recato qualche giorno prima da solo, a piedi, nella chiesa al centro di Roma – portando su di sé tutto il peso del mondo, messo a dura prova da una pandemia che ancora non cessa di circolare.

Nei mesi delle misure restrittive imposte dal Coronavirus quello del Papa è stato un vero e proprio magistero di accompagnamento e di condivisione delle sorti del popolo di Dio, all’insegna di una parola – speranza – indicata come unica direzione di marcia possibile per il futuro.

E quella dello scorso anno è stata una Pasqua che certamente non dimenticheremo, mentre ci apprestiamo a viverne un’altra caratterizzata da nuove misure restrittive resesi necessarie per tentare di fermare la recrudescenza del virus, che solo in Italia ha causato oltre 100mila morti. Il Papa ha guidato la Via Crucis, per la prima volta in sette anni di pontificato, non dal Colosseo ma dalla basilica di San Pietro, e i riti pasquali si sono svolti nella basilica e nella piazza per la prima volta senza concorso di popolo, fino a Pentecoste.

“Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”, il monito del 31 maggio, nella prima messa con concorso di popolo – circa 50 fedeli – celebrata nella basilica di San Pietro.

Nutrito di prime volte anche il tempo di Natale: sempre a causa del perdurare della pandemia, la messa nella notte del 24 dicembre si è svolta nella basilica di San Pietro con un numero ristretto di fedeli. Per la prima volta in otto anni di pontificato, infatti, a causa di una sciatalgia Papa Francesco non ha presieduto il Te Deum del 31 dicembre e la messa del giorno seguente: al suo posto, il cardinale Parolin, che ha letto i testi preparati dal Santo Padre per le due cerimonie di fine e inizio d’anno.

“Sarà un buon anno se ci prenderemo cura degli altri”, aveva scritto Francesco per la prima omelia del 2021: “Perché, oltre al vaccino per il corpo, serve il vaccino per il cuore: e questo vaccino è la cura”.

In solitaria anche gli Esercizi spirituali di questa Quaresima, nella quale per la prima volta i cardinali e il Santo Padre non si sono dati appuntamento ad Ariccia, ma hanno svolto questa pratica tradizionale in preparazione alla Pasqua singolarmente, ognuno nelle modalità che ha ritenuto più opportune. Oltre al viaggio in Iraq, che ha segnato la ripresa dei viaggi internazionali dopo circa un anno e mezzo, l’unica deroga in presenza il Papa ha scelto di concederla per la città di cui è vescovo: il 20 ottobre scorso, infatti, dalla piazza del Campidoglio – “cuore della città”, come l’ha definita il Papa “venuto dalla fine del mondo” – Francesco ha pregato con i leader religiosi mondiali, a partire da suo “fratello”, il patriarca Bartolomeo, e ha lanciato con loro un appello di pace. Alle 18.30 in punto, sulla piazza michelangiolesca è sceso il silenzio per un minuto, in ricordo delle vittime della pandemia e di tutte le guerre.

L’ottavo anno di pontificato, segnato dal Covid, rimarrà memorabile per la pubblicazione della sua terza enciclica, Fratelli tutti, in cui Francesco propone la terapia della fraternità ad un mondo malato. E non solo di Covid.

“La fraternità è la sfida per il mondo intero”, ha rilanciato il Papa nell’udienza del 10 marzo scorso, sintetizzando la portata del suo già memorabile viaggio in Iraq.