Dal Mondo
Papa in Kazakhstan: “In questa folle guerra vengo per amplificare il grido della pace”
Paese dell’incontro, caratterizzato dalle “note di due anime”, quella asiatica e quella europea, che ne fanno una “permanente missione di collegamento tra due continenti, un ponte fra l’Europa e l’Asia, un anello di congiunzione tra Oriente e Occidente”. Così il Papa ha definito il Kazakhstan, nel suo primo discorso del suo 38° viaggio apostolico, rivolto alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico. Dalla Qazaq Concert Hall di Nur–Sultan, dopo aver incontrato in privato il presidente kazako, Francesco ha fatto subito cenno al cuore del viaggio che lo tratterrà in Kazakhstan fino al 15 settembre: il Congresso dei leader mondiali delle religioni mondiali e tradizionali, dove domani prenderà la parola.
“Il mondo ha urgente bisogno di armonia”,
l’esordio di Francesco, secondo papa a visitare il Paese dell’ex Unione Sovietica dopo Giovanni Paolo II, dove i cattolici sono appena l’1% della popolazione a maggioranza musulmana. “Qui Giovanni Paolo II venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001”, il parallelo tracciato da Francesco:
“Io vi giungo nel corso della folle e tragica guerra originata dall’invasione dell’Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitti mettono a repentaglio i nostri tempi. Vengo per amplificare il grido di tanti che implorano la pace, via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato”.
“È dunque sempre più pressante la necessità di allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti, e chi al mondo detiene più potere ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paesi messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali”, l’imperativo dalla capitale del Kazakhstan. “A questo si dovrebbe guardare, non solo agli interessi che ricadono a proprio vantaggio”, il monito di Francesco:
“È l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti. Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo ‘spirito di Helsinki’, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni. E per fare questo occorre comprensione, pazienza e dialogo con tutti. Ripeto, con tutti”.
Mettere al primo posto “la dignità dell’uomo, di ogni uomo, e di ogni gruppo etnico, sociale, religioso”, la lezione di apprendere per il futuro, in una terra che in passato è stata “terra di deportati e di eroi”, come dimostrano i campi di prigionia e le deportazioni di massa. “Una
laicità sana,
che riconosca il ruolo prezioso e insostituibile della religione e contrasti l’estremismo che la corrode, rappresenta una condizione essenziale per il trattamento equo di ogni cittadino, oltre che per favorire il senso di appartenenza al Paese da parte di tutte le sue componenti etniche, linguistiche, culturali e religiose”, l’indicazione di rotta del Papa, che ha citato la Costituzione del Kazakhstan, Paese laico che “prevede la libertà di religione e di credo”.
“La libertà religiosa costituisce l’alveo migliore per la convivenza civile”,
e si traduce in “riconoscimento dei diritti, accompagnati dai doveri”. Di qui l’apprezzamento “per l’affermazione del valore della vita umana attraverso l’abolizione della pena di morte, in nome del diritto alla speranza per ciascun essere umano. Accanto a ciò, è importante garantire le libertà di pensiero, di coscienza e di espressione, per dare spazio al ruolo unico e paritario che ognuno riveste per l’insieme”.
In un Paese in faticosa transizione verso la democrazia, Francesco ha ricordato che “il sostegno alla democrazia costituisce la forma più adatta perché il potere si traduca in servizio a favore dell’intero popolo e non soltanto di pochi”. Il processo di democratizzazione è “un tragitto meritorio e impegnativo, certamente non breve, che richiede di proseguire verso la meta senza volgersi indietro”, l’apprezzamento del Papa, secondo il quale “la fiducia in chi governa aumenta quando le promesse non risultano strumentali, ma vengono effettivamente attuate”.
“Ovunque occorre che la democrazia e la modernizzazione non siano relegati a proclami, ma confluiscano in un concreto servizio al popolo”,
l’esortazione: “una buona politica fatta di ascolto della gente e di risposte ai suoi legittimi bisogni, di costante coinvolgimento della società civile e delle organizzazioni non governative e umanitarie, di particolare attenzione nei riguardi dei lavoratori, dei giovani e delle fasce più deboli. E anche – ogni Paese al mondo ne ha bisogno – di misure di contrasto alla corruzione”.
Lo stile politico realmente democratico, infatti, è “la risposta più efficace a possibili estremismi, personalismi e populismi, che minacciano la stabilità e il benessere dei popoli”.
“Il mondo intero è tenuto in ostaggio da un’ingiustizia diffusa, per cui le risorse risultano distribuite in modo ineguale”, la denuncia di Francesco contro l’iniquità della distribuzione della ricchezza: “Ed è compito dello Stato, ma anche del settore privato, trattare tutte le componenti della popolazione con giustizia e parità di diritti e doveri, e promuovere lo sviluppo economico non in ragione dei guadagni di pochi, ma della dignità di ciascun lavoratore”. “Il nome di questo grande Paese continui a essere sinonimo di armonia e di pace”, l’auspicio del Papa per il Kazakhstan, “crocevia di rilevanti snodi geopolitici” e dunque in grado di rivestire “un ruolo fondamentale nell’attenuare le conflittualità”. Rinuncia agli armamenti nucleari, sviluppo di politiche energetiche e ambientali incentrate sulla decarbonizzazione e sull’investimento in fonti pulite, attenzione al dialogo interreligioso sono tutti segnali che, secondo Francesco, vanno in questa direzione.