Patto per un nuovo welfare: “Proteggere i non autosufficienti dalle conseguenze della crisi politica”

“Con la prematura interruzione della legislatura, esiste il pericolo che tutto quanto è stato realizzato sin qui si riveli inutile. Ciò significherebbe ricominciare daccapo nella nuova legislatura, peraltro con ben poco tempo a disposizione. Vi chiediamo, dunque, di compiere ogni azione possibile – nel rispetto delle norme vigenti – affinché il lavoro compiuto non venga disperso e la nuova attenzione verso la non autosufficienza non rimanga una mera dichiarazione d’intenti”. È questo l’appello rivolto dal Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza in una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi e ai ministri del Lavoro e della Politiche sociale Andrea Orlando e della Salute Roberto Speranza.

In Italia esiste una diffusa questione sociale che ha sempre avuto difficoltà a trovare ascolto da parte della politica nazionale. È quella riguardante gli anziani non autosufficienti: se si considerano loro, i loro familiari e chi li assiste professionalmente si arriva a oltre 10 milioni persone. Nell’attuale legislatura, finalmente, qualcosa stava cominciando a cambiare. Tuttavia, la sua brusca conclusione rischia di vanificare gli sforzi compiuti. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza – approvato lo scorso anno – prevede una riforma che introduca ‘un sistema organico di assistenza agli anziani non autosufficienti’ – si legge nella lettera scritta dal Patto –. È un atto atteso da trent’anni e che, nel frattempo, è stato compiuto in tutti i Paesi europei simili al nostro. Ovunque questa innovazione ha modificato in profondità il settore, rafforzandolo notevolmente. La riforma è da realizzare attraverso una legge delega, che il Parlamento deve approvare entro la primavera 2023”.

Per questo “le organizzazioni del Patto chiedono oggi che – come previsto dalla circolare disbrigo affari correnti predisposta dal presidente del Consiglio dei ministri per disciplinare le attività delle istituzioni nazionali da qui alle prossime elezioni –si approfitti della possibilità di adottare provvedimenti normativi rispetto al Pnrr per fare in modo che la riforma prevista per la non autosufficienza faccia passi in avanti nella direzione della introduzione del Sistema nazionale assistenza anziani”.

Il Patto, nella lettera inviata agli interlocutori istituzionali, ricorda i 10 buoni motivi per introdurre lo Sna. Innanzitutto,“contemplare in un unico Sistema tutte le misure, sociali e sanitarie, per l’assistenza agli anziani non autosufficienti, la non autosufficienza diventa così un ambito autonomo del welfare come già avvenuto nelle altre riforme europee”.

Serve “superare l’attuale frammentazione degli interventi per costruire un unico sistema integrato della non autosufficienza” e “riconoscere la tutela della non autosufficienza come responsabilità pubblica e di conseguenza, prevedere un finanziamento pubblico atto a garantire il diritto all’assistenza, assicurando adeguati livelli essenziali sanitari (Lea) e sociali (Leps) per la non autosufficienza”.

Occorre “rendere i Servizi riconoscibili e facili da raggiungere, attraverso l’individuazione di un Punto unico di accesso, presso la Casa della Comunità“ e “semplificare l’attuale pletora di valutazioni delle condizioni degli anziani, troppe e non connesse tra loro, grazie alla previsione della Valutazione nazionale di base (Vnb) che assorbe le diverse valutazioni nazionali esistenti e definisce la possibilità di ricevere le prestazioni statali”.

Necessario anche “puntare su una nuova domiciliarità, unitaria, appropriata e continua, attraverso risposte unitarie di Comuni e Asl, un appropriato mix di prestazioni medico-infermieristico-riabilitative, di aiuto all’anziano nelle attività fondamentali della vita quotidiana e di affiancamento a familiari e badanti, un tempo di assistenza adeguato ai bisogni di anziani e familiari” e “assicurare la qualità degli ambienti di vita, privilegiando modelli costruttivi e organizzativi amichevoli, domestici e familiari”.

Bisogna “riformare l’indennità di accompagnamento, tramutata nella prestazione universale per la non autosufficienza” e “costruire l’intera architettura intorno alle famiglie, prevedendo un’assistenza a domicilio che garantisca un appropriato pacchetto di prestazioni e una durata adeguata e prevedendo misure rivolte ai familiari quali supporto psicologico, forme di conciliazione tra impegni di cura e di lavoro, tutele previdenziali e altre”.

Infine, si deve “collocare la figura delle assistenti familiari (‘badanti’) all’interno dello Sna, da un lato prevedendo incentivi economici per lo svolgimento della loro attività in modo regolare, dall’altro, mettendo a punto un profilo professionale nazionale che precisi l’insieme di competenze necessarie e il relativo iter formativo”.

Il Patto raggruppa 48 organizzazioni, la gran parte di quelle della società civile coinvolte nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti nel nostro Paese: rappresentano gli anziani, i loro familiari, i pensionati, gli ordini professionali e i soggetti che offrono servizi. Si tratta della comunità italiana della non autosufficienza, che ha deciso di superare confini, appartenenze e specificità per unirsi. Tra le organizzazioni aderenti al Patto, Caritas italiana, Acli, Aris, Aisla, Cittadinanzattiva, Fnopi, Forum nazionale del Terzo Settore, Uneba.