Patuelli (Abi) su Dante: “La Commedia è un manuale di etica, laica e cattolica insieme”

“Cosa direbbe Dante dell’euro digitale? Che la bussola sta nei valori morali: stabilità, credibilità, indipendenza di chi gestisce la moneta”. Anche in questo Dante è stato un profeta, ha spiegato ieri il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli nell’incontro di Prospettiva Dante, il nuovo festival dantesco voluto dalla Fondazione Cassa di Risparmio in collaborazione con l’Accademia della Crusca.

“Legge, moneta, officio e costume”, questo il titolo della conversazione moderata dalla direttrice del Qn Agnese Pini tra il presidente dell’Abi e il direttore della Banca d’Italia Luigi Federico Signorini. Una prospettiva diversa, appunto, sulla moneta e le politiche monetarie viste in filigrana nei versi della Commedia.

“Un manuale di etica trecentesca, cattolica e laica insieme – ha spiegato Patuelli, parlando dell’opera di Dante -. Laica, nel senso di indipendente dal potere ecclesiastico. Dante è stato un anticipatore di moderno costituzionalismo, perché ha richiamato il pensiero di Giustiniano, qui raffigurato a San Vitale. Critica l’instabilità della legge, della moneta e dell’officio costume”.

Da qui un ricordo personale che chiama in causa Giorgio La Pira, il sindaco di Firenze che molti vorrebbero santo. “Era il mio prof di diritto romano a Firenze – rivela Patuelli -. Arrivava in classe con un assistente che portava il Digesto, un enorme libro (che raccoglie frammenti di opere di giuristi romani realizzata su incarico dell’imperatore Giustiniano, ndr). Chiedeva a uno studente di aprire a caso e leggere tre righe. ‘Lì c’è tutto – diceva -. Tutti i principi del diritto’. E poi iniziava a spiegare, da qualsiasi punto si aprisse il libro”.

In quel Digesto, come nel pensiero di Giustiniano, si afferma che la retroattività del diritto si può applicare, solo in determinati casi, quando è favorevole al reo, nel diritto penale.

“Per questo io dal 7 agosto soffro ‘dantescamente’ per la norma sulla tassazione dei cosiddetti extra-profitti che ha una base retroattiva”. Patuelli entra nel pieno dell’attualità: “Il mio auspicio – spiega – qui, nei pressi della tomba di Dante, è che ci sia un ripensamento”.

“La certezza del valore della moneta è un bene pubblico, fiduciario, da tutelare in tutti i modi – ribadisce», citando una sua proposta di legge sulla necessità di sancire in Costituzione l’indipendenza della Banca d’Italia.

E ancora sull’attuale situazione economico-finanziaria: “I tassi a zero per 10 anni: questa è stata un’anomalia, non la normalità – dice -. C’è stata un’assuefazione. E ora, con il rialzo dei tassi, viviamo una tensione che nasce dalla mancanza di memoria storica. Ma nel bel mezzo della crisi inflattiva qui in Italia abbiamo avuto il tasso di sconto al 19,50%. Le politiche monetarie, da sole, non possono combattere l’inflazione. Non ci si può basare soo sul rapporto debito-Pil. Il vero dramma è che in 10 anni di tasso zero non abbiamo ridotto il debito. E non possiamo reggere con un debito pubblico in costante aumento. Lo dico qui, a Ravenna, che è stata sede della zecca d’Italia, subito dopo Roma. La moneta da sola non stronca l’inflazione. Vanno cambiati i parametri”.

Il direttore della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, nel suo intervento, ha tratteggiato un quadro di come viene descritta la moneta, e in particolare il fiorino, nelle varie cantiche della Commedia. Il valore assoluto, come confermato da Patuelli, c’è il tema della stabilità: “La moneta è sempre stata un costrutto sociale – spiega -. Dagli anni ’70 anni il suo valore è puramente convenzionale. Come si garantisce la stabilità? Vive sulla fiducia. Tutto si basa sulla politica monetaria delle banche centrali: una responsabilità enorme per le banche. Con la crisi energetica e l’impatto sui prezzi, il rischio che l’inflazione scappi di mano c’è. Occorre stare pronti ad agire e a correggersi. Occorre salvaguardare il ruolo fragile ma fondamentale sulla moneta fiduciaria. Per questo servono competenza, rigore e umiltà”.