Cesenatico
“Poeta vecchio allo Specchio”: omaggio alla poetica ritrovata di Marino Moretti
Al Teatro comunale di Cesenatico si è tenuto un convegno dedicato alla fase finale della carriera di Marino Moretti, figura emblematica del Crepuscolarismo e protagonista di una lunga e intensa produzione letteraria in versi e prosa.
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Un omaggio al “poeta vecchio” e alla sua eredità
Oggi, sabato 26 ottobre si è svolto al Teatro comunale di Cesenatico il convegno Poeta vecchio allo “Specchio”, dedicato alla parte finale della lunghissima carriera artistica di Marino Moretti (1885 – 1979), poeta simbolo del Crepuscolarismo, ma anche scrittore in prosa per oltre mezzo secolo e, negli ultimi anni della sua vita, nuovamente poeta. Il titolo del convegno è un gioco di parole fra lo specchio in cui l’autore, perennemente, si scruta attraverso le poesie, e la collana “Lo specchio” dell’editore Mondadori in cui gli ultimi volumi del cesenaticense vennero pubblicati.
L’occasione del convegno è stata la riedizione dell’ultimo volume di Moretti, Diario senza le date, pubblicato esattamente 50 anni fa (oggi edito dall’editore peQuod di Ancona: con un testo di Stefano Simoncelli e la prefazione di Massimo Raffaeli, pagg. 200, euro 18). Per cura di Manuela Ricci, direttrice di “Casa Moretti”, la casa museo che, sul portocanale, conserva carte e documenti del poeta e ne promuove lo studio, sono stati molti gli intervenuti: Vittorio Coletti, Paolo Zublena, Massimo Raffaeli, Mauro Bignamini, Ida Campeggiani, Giulio Ferroni, Renzo Cremante, Franco Contorbia.
Il Crepuscolarismo e l’eredità poetica di Marino Moretti
Come si diceva, nell’immaginario collettivo, grazie alla perenne presenza nei manuali scolastici, Marino Moretti si identifica con la stagione dei poeti crepuscolari, come vennero definiti dal critico Borgese nel 1910: un gruppo di poeti, quasi tutti coetanei, segnati da un rifiuto della figura del “poeta vate”, esemplato in Italia da Giosue Carducci prima e da Gabriele d’Annunzio poi, dediti alle «buone cose di pessimo gusto», come le definì Guido Gozzano (1883 – 1916), probabilmente il maggiore di questi scrittori che al loro apparire vennero accusati di essere, appunto, il crepuscolo della poesia italiana.
Le loro non erano poesie destinate ad essere eternate nel marmo e nel bronzo, ma, come recita il titolo del volume più famoso di Marino Moretti, erano Poesie scritte col lapis, cioè con la matita, pronte ad essere cancellate. In realtà l’etichetta di crepuscolare restò attaccata ad uno scrittore che nella sua lunghissima vita fece ben altro: autore di centinaia di racconti, di numerosi e importanti romanzi, alcuni dei quali divennero anche sceneggiati televisivi, firma di importanti quotidiani, come il “Corriere della sera”, Moretti non accettò mai che solo a quella, sempre più remota, stagione della sua vita si legassero tutte le altre importanti opere prodotte in oltre mezzo secolo di scrittura operosa. Fu così con una certa sorpresa che i suoi lettori scoprirono, nel 1966, che la poesia era tornata: a conclusione della raccolta di tutte le sue poesie trovarono una nuova sezione, che fornì lo spunto per le ultime opere pubblicate.
La poesia ritrovata: uno sguardo tra ironia e tradizione
Nel 1969 uscì L’ultima estate, nel 1971 Tre anni e un giorno, nel 1973 Le poverazze e infine, nel 1974, Diario senza le date. Quattro libri in cinque anni: una sorpresa per tutti, anche per gli amici che, come testimoniano gli epistolari conservati a Casa Moretti, elogiavano la capacità del poeta di reinventarsi ad un’età ormai venerabile, dato che le opere coprono il periodo dagli 84 agli 89 anni. Cosa c’era di nuovo, e di antico, in questo ultimo Moretti? L’ironia, che già era presente nella sua produzione giovanile, sia pur mimetizzata in una malinconia e una tristezza più letteraria che reale, emerge prepotente: il vecchio poeta non si nasconde più, e dice apertamente, o quasi (la reticenza è sempre stata una sua caratteristica), ciò che pensa, di sé, del mondo che lo circonda, del mondo letterario.
Ad esempio, si può leggere la poesia L’uno tien dietro all’altro, in cui Moretti riflette sui tanti personaggi da lui conosciuti defunti: «L’ultimo è un uomo di penna / che meritò il necrologio. / Oh Dio, son tanto balogio / che il pennino mi s’impenna? / Ma se tentenna il pennino / non sarà che sarà pronto il becchino / col suo enigmatico orologio?».
L’eredità letteraria e il valore della tradizione poetica
Resta, quasi invariata, la forma; negli stessi anni Eugenio Montale giunge a una forma di poesia prosastica, in cui il dettato poetico sembra spegnersi in una forma di eloquenza che rinuncia alla musicalità, al ritmo di secoli di tradizione poetica. Si può vedere cosa fa Moretti nella poesia Rime e rima: il poeta si chiede perché continuare ad usare la rima, che può farlo apparire come un autore del passato. «Vi fa rimare, è presto fatto, il cuore, / vi fa rimare ogni cosa, / anche, in cucina, il paiolo, / anche, in tinello, il tovagliolo / (già spiegato a ventaglio nel bicchiere) / e accada quel che vuol accadere; / il poeta non teme, / il poeta non geme, / e in fin dei conti ama la parodia / ch’è il recupero della poesia, / se rime rima vanno anch’oggi insieme».
Moretti, che di Montale è più anziano, non rinuncia a due elementi di quella tradizione, il ritmo e la rima. Non in modo banale, semplicemente riproponendo le antiche formule: il poeta di Cesenatico riflette sulla forma poetica anche attraverso l’uso di quelle stesse formule. I versi non rispettano più in modo pedissequo le regole, ci sono versi troppo lunghi, le rime non sono sempre esattamente nel posto in cui, secondo le regole, ce le aspetteremmo. Il poeta innova fingendo di non cambiare, e nel farlo, sembra strizzare l’occhio al lettore
La poesia non è la prosa, ci dice: come lo sciamano recita le sue litanie rispettando il ritmo sacro, così il poeta si deve esprimere con una musicalità che non è quella della prosa. Non a caso in latino la parola carmen indica sia la poesia sia la formula magica sia la preghiera: è una porta su un mondo “altro” da quello in cui abita la prosa. A trattenere nel mondo della poesia il poeta che per oltre mezzo secolo si era dedicato solo alla prosa è stato proprio il suo paese: lo dice lo stesso Moretti, a ricordargli di essere poeta sono stati gli abitanti di Cesenatico, che ammiravano il concittadino artista.
L’importanza della riscoperta e della conservazione
Ascoltare tanti importanti relatori è sempre interessante: peccato che alla mattina, al Teatro comunale di Cesenatico, non fossero presenti studenti delle scuole cittadine. Sarebbe stata una bella occasione per riscoprire (o forse scoprire per la prima volta) un grande autore della letteratura italiana. Per fortuna oggi una delle sue più importanti opere poetiche è di nuovo disponibile nelle librerie.