Povertà. Caritas: circa la metà sono “nuovi poveri” della pandemia, italiani, donne, lavoratori autonomi

I “nuovi poveri”, effetto collaterale della pandemia, sono italiani, donne, lavoratori autonomi e persone o nuclei familiari in grande difficoltà. Un leggero miglioramento in estate c’è stato ma il futuro si prospetta molto incerto, soprattutto per i minori. Gli effetti sociali ed economici della crisi sanitaria a causa delle misure per contenere la diffusione del Covid-19 erano prevedibili. Una fotografia della situazione attuale arriva dai centri di ascolto e dalle Caritas diocesane e parrocchiali di tutta Italia. I dati raccolti sono riassunti nel Rapporto 2020 su povertà ed esclusione sociale di Caritas italiana, reso noto oggi, 17 ottobre, in occasione della Giornata mondiale di contrasto alla povertà. Di immediato impatto il dato sulla crescita dei “nuovi poveri”, passati dal 31 per cento al 45 per cento rispetto allo scorso anno. Quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta.

Tante persone aiutate durante il lockdown. In tre mesi (marzo-maggio 2020) la rete Caritas ha registrato un forte incremento del numero di persone sostenute a livello diocesano e parrocchiale: circa 450mila persone. Sono aumentate le donne, più fragili e svantaggiate sul piano occupazionale, e gli italiani (52 per cento rispetto al 47,9 per cento dello scorso anno). Un incremento della povertà che secondo Caritas italiana è “sicuramente sottostimato” e molto diversa dal passato, “quando la povertà era sempre più cronica, multidimensionale, legata a vissuti complessi”. “Sembra profilarsi il tempo di una grave recessione economica – osservano i curatori del Rapporto – che diventa terreno fertile per la nascita di nuove forme di povertà, proprio come avvenuto dopo la crisi del 2008”. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani e delle persone in età lavorativa.

I lavoratori autonomi hanno subito un calo del reddito. Il tema del lavoro ha influito notevolmente sull’attività dei Centri di ascolto diocesani e parrocchiali. L’impatto è stato più negativo tra i lavoratori indipendenti: quasi l’80 per cento ha subito un calo nel reddito e per il 36 per cento la caduta è di oltre la metà del reddito familiare. In 136 diocesi italiane sono stati attivati fondi dedicati ai lavoratori, utili a sostenere le spese più urgenti (affitto degli immobili, rate del mutuo, utenze, acquisti utili alla ripartenza dell’attività). In totale sono stati 2.073 i piccoli commercianti/lavoratori autonomi accompagnati in questo tempo.

In estate segnali di miglioramento, ma +12,7 per cento rispetto al 2019. In estate, con la riapertura dei centri di ascolto “in presenza” il 54 per cento delle Caritas diocesane ha registrato segnali di miglioramento rispetto alla passata primavera, con un calo del numero degli assistiti. La media per diocesi scende da 2.990 persone (del periodo marzo-maggio) a circa 1.200. I nuovi ascolti scendono da 868 a 305 per diocesi. Anche se da maggio a settembre sono aumentate del 12,7 per cento le persone seguite rispetto allo scorso anno. Il peso della situazione di eccezionalità viene però percepito ancora. Per il 54 per cento delle Caritas diocesane le richieste di aiuto in estate sono ancora riconducibili all’emergenza Covid-19.

Reddito di emergenza, cosa ha funzionato e cosa no. Il 43 per cento delle Caritas ha valutato come positivo l’impatto del Reddito di emergenza per le persone e le famiglie prive di altri ammortizzatori sociali. L’83 per cento delle diocesi si è messo a disposizione per aiutare le persone ad accedere ai sostegni pubblici previsti da Decreto “Cura Italia” e “Decreto Rilancio”. Da una rilevazione condotta su un campione di 756 nuclei beneficiari dei servizi Caritas nei mesi di giugno-luglio 2020, il Rem (Reddito di emergenza) è risultata la misura più richiesta (26,3 per cento) ma con un tasso di accettazione delle domande più basso (30,2 per cento) rispetto all’indennità per lavoratori domestici (61,9 per cento), al bonus per i lavoratori stagionali (58,3 per cento) e al bonus per i lavoratori flessibili (53,8 per cento). Si tratta di un profilo “del tutto sovrapponibile a quello di coloro che percepiscono il Reddito di cittadinanza” (32,5 per cento). Questo dice che, tra le due misure, “rispetto alle caratteristiche dei beneficiari, vi sia sovrapposizione piuttosto che compensazione”, creando il “paradosso di misure emergenziali che creano esclusione”.

Quale sarà il futuro che ci aspetta, sul fronte delle povertà. Quello che il Covid-19 ha messo in evidenza è “il carattere mutevole della povertà. Stiamo ora entrando in una nuova fase nel nostro Paese”. Il Rapporto elenca alcune ipotesi: il Reddito di cittadinanza protegge chi è incluso “ma gli esclusi vedranno peggiorare la loro situazione in una situazione in cui le possibilità di ripresa economica hanno prospettive lunghe”. I lavoratori autonomi saranno più esposti al rischio povertà per la mancanza di lavoro, “considerata l’assenza di un regime di tutela stabile in loro favore”. I minori subiranno un “doppio colpo”: le difficoltà del presente e il futuro pregiudicato a causa della “difficoltà di uscire dalla condizione di povertà e l’incertezza di percorsi di istruzione solidi, stabili, duraturi”.

Più solidarietà e nuovi volontari. L’aspetto positivo della difficile situazione economica causata dal lockdown è stata la solidarietà. Sono fiorite moltissime iniziative a supporto dei più fragili (da parte di aziende, enti, negozi, supermercati, famiglie, singoli cittadini), tante in coordinamento con altre realtà del territorio, di natura ecclesiale, laica ed istituzionale. Dai dati forniti da 153 Caritas diocesane (il 70,1 per cento del totale), il numero di volontari risulta pari a 62.186 (in media circa 406 a diocesi); di questi 19.087 sono gli over 65 che si sono dovuti fermare per ragioni di sicurezza sanitaria e 5.339 le nuove leve (under 34).