Dall'Italia
Primo giorno di scuola. L’augurio di Eraldo Affinati a studenti, insegnanti e genitori
Oggi, 13 settembre, è ripartita fra timori e speranze la scuola in presenza al 100 per cento in 9 Regioni (Emilia-Romagna inclusa) e nella Provincia autonoma di Trento dopo l’avvio anticipato, come ogni anno, nella Provincia autonoma di Bolzano dove la prima campanella è suonata lunedì scorso, 6 settembre.
Green pass obbligatorio per tutto il personale scolastico, i genitori e gli accompagnatori degli alunni. Misura contestata da alcuni e che all’atto pratico potrebbe creare ritardi e disguidi, mentre oggi debutta la Pndgc, l’apposita piattaforma digitale di controllo online della certificazione verde. A questo scenario si aggiungono i dati sulla dispersione scolastica diffusi il 6 settembre da Save the Children: nel sud Italia quasi un terzo degli studenti abbandona la scuola senza un diploma o finisce il percorso scolastico senza acquisire le competenze di base minime. Ma aumenta anche il fenomeno di “dispersione implicita”: livelli insufficienti in italiano, matematica e inglese in chi frequenta regolarmente la scuola, come certificato dalle prove Invalsi 2021.
Coniugare scuola in presenza con sicurezza, e rialzare chi è caduto sono due priorità irrinunciabili, avverte Eraldo Affinati, scrittore e insegnante romano, fondatore con la moglie Anna Luce Lenzi della scuola Penny Wirton per l’insegnamento gratuito della lingua italiana agli immigrati, che, come ormai da tradizione, anche quest’anno rivolge un pensiero e un augurio a ragazzi, insegnanti e genitori.
La scuola riparte, finalmente di nuovo in presenza, ma in un clima meno sereno di quanto sarebbe auspicabile. Qual è, secondo lei, la sfida maggiore da affrontare?Tornare alla scuola in presenza, mantenendo le condizioni di sicurezza, è il primo obiettivo. Recuperare i ragazzi che hanno abbandonato le lezioni durante la pandemia lo considero altrettanto prioritario. Detto questo, i docenti dovranno mettere in conto ansie e inquietudini da parte delle famiglie e degli stessi alunni, saranno quindi chiamati a governare una risocializzazione anche psicologica dopo la lunga forzata assenza. Si richiedono nervi saldi, equilibrio e stabilità emotiva: ancora una volta è destinato a ricadere sugli insegnanti il compito cruciale della ricucitura dello strappo, talvolta non visibile a occhio nudo. Del resto abbiamo capito durante il lockdown che la scuola, oltre a consegnare il testimone del sapere alle nuove generazioni, rappresenta anche il tessuto connettivo profondo del Paese.
L’emozione, l’entusiasmo e le attese dei ragazzi sono palpabili. Che cosa si sente di augurare loro in questo primo giorno di un anno così particolare?Che siano consapevoli di aver vissuto una grande esperienza umana, dolorosa ma molto significativa: se non dimenticheranno ciò di cui durante la pandemia hanno sentito la mancanza – rapporti sociali, incontri e amicizie – potranno apprezzare ancora di più il ritorno alla scuola in presenza. Soprattutto è auspicabile che i ragazzi possano mettere a frutto la coscienza di coralità maturata negli scorsi mesi, respingendo ogni soluzione grettamente individualistica: ma per far questo avranno bisogno dell’aiuto dei loro educatori.
E agli insegnanti, provati da due anni di alternanza Dad-didattica in presenza?Ai miei colleghi auguro che possano finalmente ritrovare nello sguardo dei loro alunni la motivazione profonda dell’insegnamento: spezzare il pane dell’istruzione e proteggere la pianta umana in ogni sua fase, nella splendida fioritura ma anche quando sembra avvizzire; è anzi quello il momento in cui il nostro intervento diventa più necessario. Giusto riconoscere e premiare i migliori, ma se non rimettiamo in piedi chi è caduto a terra, siamo ancora a metà strada.
Qual è, infine, il suo messaggio ai genitori?Quando la scuola, grazie alla Dad, è entrata nelle case degli italiani, i genitori hanno potuto vedere coi loro occhi quanto sia complesso l’insegnamento: non si tratta solo di spiegare formule e concetti; bisogna prima coinvolgere bambini e adolescenti, cercando di uscire dai formalismi precettistici. Non si tratta di un compito semplice da svolgere. E’ dunque fondamentale curare i rapporti non sempre idilliaci fra scuola e famiglia.
Lei, da insegnante, ha scelto le “periferie esistenziali”, direbbe il Papa. Come dovrebbe essere, secondo lei, una “buona” scuola? Qual è il cuore dell’educazione?La scuola è il cuore pulsante della società perché batte il ritmo del tempo, scandisce le stagioni dell’esistenza, distribuisce ai giovani le carte del futuro, rinsalda il passato e forma la coscienza dei cittadini di domani, definisce il carattere nazionale e, soprattutto oggi, è chiamata a ripristinare le gerarchie di valore, talvolta offuscate, all’interno della grande rete digitale, quindi nessuno dovrebbe disinteressarsene o ridurla in chiave economicistica. Giusto parlare di progetti e finanziamenti, ma curare la scuola significa custodire il principio di umanità presente in noi.