Valle Savio
Racconti da non credere
Dopo la pubblicazione dell’articolo sulla storia della chiesa di Viezza, la signora Giuseppina Bandini di Meldola, avendo letto il pezzo, ha voluto raccontare la sua esperienza su Viezza.
“Essendo giovane maestra, ho avuto la cattedra a Viezza nell’anno 1957 – 1958 dove ero da sola con 7 alunni in pluriclasse: 3 in terza, 3 in quarta, una in prima – ricorda la signora Bandini -. Se le racconto quanto ci mettevo per raggiungere la scuola non mi crederà, sembra che parli del Medioevo, anche se sono passati solo poco più di sessant’anni”.
Giuseppina ritornava a casa una volta al mese, era impensabile poterci tornare tutte le settimane. E il viaggio era un’odissea: il lunedì mattina, per andare da Meldola dove abitava fino a Viezza, impiegava 7 ore e mezzo circa, quasi 8.
“Partivo prima delle 6 da Meldola, con un’automobile presa a noleggio guidata dal mio fidanzato, che ora è mio marito, che mi accompagnava a Forlimpopoli. Lì salivo in corriera e arrivavo a San Piero in Bagno alle 9.15. Con altre tre maestre salivamo in una vettura di servizio pubblico, che accompagnava le altre insegnanti prima di me a Riofreddo e a Trappola. Ad Alfero, quando ero fortunata, cioè quando i contadini erano lì per vendere la legna, approfittavo del passaggio e caricavo le mie provviste per rimanere un mese a Viezza, dove la scuola e il mio alloggio erano presso l’ottima famiglia Gregori. Con la cavalla arrivavo fino a Mazzi. Quando non c’era, erano altri 5 chilometri in più da fare a piedi. A Mazzi, presso una famiglia, prendevo i miei stivaloni, pantaloni, impermeabile lasciati lì il sabato precedente e, vestita come un palombaro, scendevo a Para e su, a piedi fino a Viezza. Almeno altri 7 chilometri. Vincevo la paura di incontrare animali cantando e pregando. Lassù non c’era il pericolo di incontrare mostri, ma solo persone oneste e buone che molte volte mi aiutavano a portare i bagagli con libri, quaderni e cibo. Arrivavo così a scuola verso le 13.30 per insegnare nel pomeriggio. I contadini mi avevano insegnato a percorrere un sentiero che da Viezza andava direttamente a Quarto che loro utilizzavano quando dovevano andare a Cesena, in tal modo risparmiavano soldi nel biglietto della corriera partendo da Quarto anziché da San Piero. Cosi a volte percorrevo quello, con al seguito un cane che da Viezza mi accompagnava, e poi ritornava da solo a casa. Lassù aria, acqua, ospitalità erano ottime anche se mancava luce elettrica e telefono. Gli alunni rimanevano con me tutto il giorno durante l’inverno e in primavera, molte volte, andavamo con libri e quaderni a trascorrere l’intera giornata al pascolo, così intanto sorvegliavamo mucche, pecore e capre, altrimenti i genitori non avrebbero mandati i bambini a scuola per destinarli, appunto, a pascolare; organizzandoci così facevamo tutte e due le cose insieme: scuola e sorveglianza alle bestie. Il banco era un lastrone di pietra. La natura era maestra ed era il miglior libro. Alla domenica, percorrendo circa 15 minuti a piedi, andavamo a Messa alla chiesa di Santa Maria in Montegiusto, che veniva celebrata dal parroco di Pereto, il quale arrivava con la cavalla. Essere maestra qui non era solamente condividere l’orario scolastico, come siamo abituati noi oggi, ma era un condividere quasi totalmente la vita di quelle famiglie rurali, ma felici”.
La signora mi ha spedito, in parrocchia a Villachiaviche, una busta con una fotografia scattata a Viezza nel 1958. Ritrae una volpe legata ad una catena: un suo alunno l’aveva catturata e l’aveva portata a scuola per studiarla, e rimase alcuni giorni con i bambini. Mi viene da sorridere solo al pensare se questo accadesse oggi!