Un argine contro la non informazione
Un argine contro la non informazione Nell’epoca delle notizie false, l’oblìo cala su una parte di mondo che non appare mai. Non è semplice agire in controtendenza, ma è necessario cercare di capire.
Si fa un gran parlare di fake news. L’avvento della rete ha aumentato a dismisura il numero delle notizie false. Tutti presi dalla frenesia di pubblicare, sono rimasti ben pochi quelli che impiegano tempo, mente ed energie per cercare le verifiche a quel che si scrive e si pubblica online. L’importante, la regola non scritta, è non rimanere indietro, non prendersi un cosiddetto “buco”, non fare la figura di chi si perde una notizia.
Accanto a questo non trascurabile guasto amplificatosi con l’era digitale, se ne aggiunge un altro forse altrettanto pericoloso. E’ quello del silenzio su una parte di mondo che non ha cittadinanza. Certi fatti non sono conosciuti dall’opinione pubblica mondiale solo perché le grandi reti non li mettono in circolazione. L’Africa su tutti, ma anche altre parti del pianeta non vengono presi in considerazione dai maggiori network.
Mi limito a citare casi degli ultimi giorni, ma potrei raccontare di numerose occasioni similari. Prima di tutto la strage compiuta in Somalia sabato scorso. Trecento morti passati nel silenzio più assoluto. Niente titoli in tv e niente notizie in prima pagina sui quotidiani più diffusi. Noi lo abbiamo appreso dall’agenzia Sir e subito l’abbiamo data online, in questo sito. Poi l’abbiamo messa anche in pagina nell’edizione cartacea.
Sempre dal Sir rilancio l’appello di Oxfam (Organizzazione internazionale non profit che si dedica alla riduzione della povertà globale, con sede nel Regno Unito), in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione: “In Ciad si muore di fame nel silenzio del mondo”. L’allarme è di lunedì scorso, ma mi pare sia passato nel disinteresse più generalizzato. Eppure, avvertono dalla stessa organizzazione, ciò che sta accadendo in Ciad è “una delle più gravi catastrofi umanitarie che il mondo stia affrontando”.
L’Unicef dovrebbe essere nota ai più. È l’organizzazione mondiale che si occupa di bambini. Stando a quanto detto nei giorni scorsi da Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, nello Yemen si starebbe verificando “un lento stillicidio per milioni di bambini e il colera sta dando il colpo di grazia”. E anche qui questa nuova ed ennesima strage si sta consumando fuori dall’attenzione dei mass media.
Lunedì scorso papa Francesco alla Fao ha posto una domanda forte, penso inaspettata. Ecco alcune sue parole: “È troppo pensare di introdurre nel linguaggio della cooperazione internazionale la categoria dell’amore, declinata come gratuità, parità nel trattare, solidarietà, cultura del dono, fraternità, misericordia?” (cfr. pag. 17).
Ci vuole un cambio radicale di mentalità, di stile nel fare informazione, di attenzione da parte nostra. Un percorso per nulla semplice, ma da intraprendere per non continuare a essere portati dove altri vogliono portarci.
(992)