Buon senso e realismo
Buon senso e realismo Ce lo dobbiamo mettere in testa. Non si tornerà in un attimo al gennaio scorso, come se nulla fosse successo. Forse questo non lo abbiamo ancora bene inteso
Voglio guardare quello che c’è, non quello che manca. Basta il lamentificio.
Scrivo queste note a meno di un giorno dalla conferenza stampa di Giuseppe Conte nella quale ha presentato i provvedimenti per avviare nel nostro Paese la fase 2. Finora ho letto numerosi commenti contrari. I casi possono essere solo due. O i nostri governanti hanno sbagliato tutto, oppure siamo talmente abituati a sentirci vittime che qualsiasi decisione venga presa pensiamo sia uno sgarbo fatto apposta per me. Come se qualcuno si divertisse a scontentare più che ad accontentare. Certo, non è che il Governo le azzecchi tutte.
Guardo online le immagini che vengono dalla Cina e dalla zona di Wuhan, una regione con 60 milioni di abitanti. Come l’Italia, per intenderci. Là, in questi giorni, la vita che è ripresa non è più come prima. Ce lo dobbiamo mettere in testa. Non si tornerà in un attimo al gennaio scorso, come se nulla fosse successo. Forse questo non lo abbiamo ancora bene inteso.
Ciò vale per ognuno di noi. Per me che scrivo queste righe da casa e lavoro a getto continuo senza sentirmi isolato. Vale per chi legge e sa perfettamente che tutto è cambiato. E vale pure per chi non si vuole rendere conto e immagina che con un tocco di bacchetta magica si possa riprendere la vita di sempre.
Ce lo stanno spiegando da settimane i tanti che abbiamo intervistato su queste colonne.
Operatori sanitari che hanno combattuto spesso con armi spuntate, con gli ospedali a rischio collasso. Un timore non del tutto superato se dovesse esserci un ritorno del contagio. Ce lo hanno descritto gli imprenditori e i manager che si stanno adoperando per la ripresa, con un commercio internazionale che dovrà fare i conti con lo tsumami Covid-19 che ha travolto anche il sistema trasporti.
E ce lo stanno dicendo pure le testimonianze di chi, nella comunità cristiana, sta usando ogni mezzo per tenere vivi i legami, i rapporti, gli incontri, le preghiere e anche i sacramenti. Si è dato fondo alla fantasia, sfruttando la tecnologia, senza mai venir meno alla sacralità della materia che riguarda ciò che abbiamo di più caro e profondo.
È stato bello registrare una tale freschezza, inattesa in certi casi. Dice di una Chiesa viva.
Allora, per comprendere da domani quale strada intraprendere basterebbero un po’ di buon senso e del sano realismo. Come quello adottato dal vignettista Gioba che spopola nelle chat. “Ancora niente Messe in chiesa”, dice un angelo a un suo pari. “Sì, ma non si è fermata la consegna a domicilio” gli risponde l’altro. Ha il sapore della saggezza popolare il commento dell’amico che me l’ha girata: “A me dà tanta consolazione”.