Draghi, il silenzio e i fatti

Draghi, il silenzio e i fatti Draghi potrà anche essere il più bravo governatore del mondo di banche centrali, ma in Italia persiste un sistema politico (malato?) con il quale occorre fare i conti ogni giorno. Anzi, giorno per giorno, rischiando di rimanere sulla graticola a bruciarsi, a fuoco lento o con vampate improvvise

Il governo è al lavoro. E non solo per preparare il necessario passaggio parlamentare che si completerà nel tempo che intercorre tra il momento in cui scrivo queste note (martedì) e quello in cui sono disponibili per i lettori, tra mercoledì (con la app) e venerdì, ma in particolare per i pressanti impegni che stanno davanti all’esecutivo messo assieme dall’ex presidente della Bce.

Primo su tutto è quello legato all’emergenza covid. Inutile nasconderselo: il rinvio dell’apertura degli impianti da sci a poche ore dal termine ultimo è stato un provvedimento rimasto indigesto a tanti, e non solo a Salvini e agli esponenti della Lega, neoministro Garavaglia compreso. Lo stillicidio dei Dpcm è una realtà con la quale sappiamo che dobbiamo confrontarci. In ogni caso, occorrerà trovare modi più adeguati per fare comprendere che un sacrificio di pochi può risultare un vantaggio per molti.

Si tratta di un’impresa per nulla semplice, in particolare nel nostro Paese, dove la litigiosità tra parti politiche è una costante quotidiana, alimentata da una stampa che si schiera pro o contro, a prescindere. La televisione e i social amplificano le distanze e rendono il dibattito fin troppo infuocato, ben oltre i toni di una convivenza attesa dopo l’ampio consenso riservato al nuovo governo misto di tecnici e politici (cfr. pag. 17 edizione cartacea).

La vera questione sul tappeto rimane una sola: ce la farà il tessitore Draghi a resistere agli attacchi? Riuscirà a convincere i suoi ministri alla sobrietà di parole e a non esporsi sui social? Riuscirà con i fatti a tenerli stretti attorno a obiettivi chiari per il bene dell’Italia, e in particolare delle future generazioni? Sarà in grado di proporre un piano per investire i 209 miliardi di euro del Next generation Eu? Sarà capace di rimanere in silenzio nonostante gli attacchi che già gli giungono, e gli giungeranno, anche da parte di chi ha deciso di sostenerlo in questa sua nuova, inedita e impervia avventura personale?

Queste domande risultano oggi fondamentali.

Sì, perché Draghi potrà anche essere il più bravo governatore del mondo di banche centrali, ma in Italia persiste un sistema politico (malato?) con il quale occorre fare i conti ogni giorno. Anzi, giorno per giorno, rischiando di rimanere sulla graticola a bruciarsi, a fuoco lento o con vampate improvvise.

Solo il consenso nel Paese reale potrà salvare il presidente del Consiglio da un finale già visto in occasioni precedenti. L’esempio di Monti è ben noto a tutti. È fra la gente che Draghi dovrà intercettare un ampio consenso. Ce la potrà fare se saprà proseguire nella sua opera di ricostruttore stando in ascolto dei bisogni di chi abita città e paesi, da nord a sud. Basta con gli spifferi e le lamentele dalle segreterie dei partiti, dei salotti romani e di amici degli amici.

La vera prova si giocherà tutta qui.