Giurisprudenza creativa
Giurisprudenza creativa Di quel che ha detto papa Francesco venerdì scorso, durante l’udienza riservata ai membri del “Centro studi “Rosario Livatino” ho sentito e visto poco o nulla. Del “chi sono io per giudicare” preso a brandelli e strappato a Bergoglio durante una conferenza stampa in aereo nel luglio del 2013 se ne è fatto quasi un editto. Delle parole dello stesso Pontefice pronunciate qualche giorno fa in materia di eutanasia se ne è fatta opportuna censura
E poi dicono dello strabismo dell’informazione. Che significa? Vuol dire che chi detiene le leve dei grandi mezzi decide di porre l’attenzione su questo tema piuttosto che su quell’altro. Vuol dire mettere a fuoco un dettaglio e parlare di quello anziché cercare di fare venire alla luce tutta la realtà.
Capiamoci bene: è impossibile in un solo tg della sera metterci tutto il mondo. È verissimo. Ciò non toglie, comunque, che non si debba cercare di fornire una rappresentazione di quel che accade la più ampia e veritiera possibile. Cerco di spiegarmi meglio con un esempio degli ultimi giorni.
Tutti quanti, in questi giorni, siamo impegnati a parlare del Mes, il cosiddetto Fondo salva-Stati attivo dal 2012, evoluzione di altri organismi che in Europa sono stati pensati fin dal 2008 (il 9 maggio 2010 fu istituito il Fondo europeo di stabilità finanziaria), l’anno della grande crisi finanziaria. Se non tutti, tanti di noi si accapigliano per dire che non si può dire in maniera supina di sì al Mes. L’Italia deve difendere la sua sovranità. Altri sostengono che è vero l’esatto contrario, che il nostro Paese non rischia nulla e che la clausole di salvaguardia sono solo una tutela per non fornire prestiti agli Stati senza ottenere contropartite.
Appare abbastanza chiaro che la verità potrebbe stare nel mezzo fra questi tesi opposte. Come appunto spesso accade. Invece noi proseguiamo con le invettive, le accuse, le frasi a effetto, le telecamere che concedono pochi istanti per una battuta in cui condensare un pensiero che vorrebbe e dovrebbe essere ben più articolato.
Di quel che ha detto papa Francesco venerdì scorso, durante l’udienza riservata ai membri del “Centro studi “Rosario Livatino” ho sentito e visto poco o nulla. Del “chi sono io per giudicare” preso a brandelli e strappato a Bergoglio durante una conferenza stampa in aereo nel luglio del 2013 se ne è fatto quasi un editto. Delle parole dello stesso Pontefice pronunciate qualche giorno fa in materia di eutanasia se ne è fatta opportuna censura.
Tutti qui a ragionare di Mes, capendone poco o nulla di una materia per specialisti, per nulla banale. Nessuno a dibattere se è vero o no che la vita è “tutelata dal diritto naturale, che nessun diritto positivo può violare o contraddire, dal momento che essa appartiene alla sfera dei beni indisponibili, che né i singoli né la collettività possono aggredire”. Pochissimi a riprendere la frase di Francesco in cui ha definito “prive di qualsiasi fondamento giuridico” le sentenze che in tema di diritto alla vita sostengono che “l’interesse principale di una persona disabile o anziana sarebbe quello di morire e non di essere curato; o che secondo una giurisprudenza che si autodefinisce creativa – inventano un “diritto di morire”.
Che dire di più? Sì, forse ho già detto abbastanza.