Invertire la rotta

Invertire la rotta Viviamo tutti «una ipertrofia emotiva» che ci fa scandalizzare e poi dimenticare nel breve volgere di pochi giorni. Tutto è emergenza, il che equivale a dire che non esiste alcuna emergenza vera, da prendere di petto

L’analisi del Censis è impietosa. È quella che emerge dall’annuale rapporto sulla situazione sociale del Paese reso noto alcuni giorni fa.

“Sonnambuli e individualisti” e “ciechi di fronte ai presagi”. Così ci ha dipinto il Censis che non usa mezze misure per dire come siamo diventati delle monadi che girano a più non posso, senza una visione comune e non sanno più lavorare assieme. Il nostro è il Paese delle mille meraviglie. Qua vorrebbero venire tutti ad abitare e chi ci vive fa una fatica enorme ad andarsene. E lo sappiamo bene noi in Romagna che abitiamo questo lembo di terra, una sorta di California d’Europa, con il wellness che raggiunge larghi strati della popolazione senza che questo si traduca in welfare per tutti.

Se andiamo a guardare in fondo e scrutiamo con un minimo di senso critico la realtà in cui siamo immersi, scopriamo, come ha fatto il Censis, che in Italia nel 2050 avremo in meno otto milioni di persone attive e quattro milioni e mezzo di cittadini. Si tratta di numeri impressionanti che non dovrebbero lasciare spazio a indecisioni e tentennamenti. Invece che succede alle nostre latitudini? Che si fa come se nulla fosse. Nel 2040, descrive sempre il Censis, solo una coppia su quattro avrà figli. A mio avviso non riusciamo a comprendere la valenza di certe affermazioni. E anche di certe realtà.

Perché questa è la realtà con la quale siamo chiamati a confrontarci. Il sonnambulismo non è solo delle classi dirigenti, spiega il Censis, ma appartiene alla maggioranza silenziosa degli italiani.

Viviamo tutti «una ipertrofia emotiva» che ci fa scandalizzare e poi dimenticare nel breve volgere di pochi giorni. Tutto è emergenza, il che equivale a dire che non esiste alcuna emergenza vera, da prendere di petto. Non è così per il clima, nonostante la devastante alluvione in Romagna del maggio scorso. Non lo è per la questione demografica e per i giovani, spesso i migliori, che emigrano all’estero dove vengono meglio considerati. Impera l’individualismo e il raggiungimento del benessere personale, al più familiare.

Lo vediamo in ogni contesto.

Abbiamo perso la capacità di ragionare assieme, come corpo sociale. Abbiamo smarrito lo sguardo sul futuro, ripiegati come siamo a vivere di istanti. Di fronte a questi scenari, solo una forte presa di coscienza potrebbe fare invertire la rotta. In questo, e sarebbe auspicabile, la comunità di credenti potrebbe giocare un ruolo da protagonista.