La morte, nuovo tabù

La morte, nuovo tabù Il calendario, una volta all’anno, ci riporta alla concretezza. Ci svela e ci ricorda, se mai occorresse, che con la morte dobbiamo fare i conti. Eppure oggi sempre collegati con l’universo mondo, sempre in linea con chiunque, sempre connessi con le ultimissime informazioni, siamo incapaci di accettare la più netta e la più evidente delle realtà: la morte.

Il nostro tempo vede una rimozione fortissima, a tratti violenta. È quella della morte. Una parola ora eliminata dal vocabolario di tantissimi. Non si usa più. Si parla di scomparsa. Si teme anche solo nel pronunciare un vocabolo che si vorrebbe davvero esorcizzare una volta per sempre. Vorremmo, pare di cogliere nell’opinione pubblica, ma anche in chi ci vive accanto e in noi stessi, che l’unica condizione certa della nostra vita venisse eliminata dal nostro orizzonte.

Il calendario, una volta all’anno, ci riporta alla concretezza. Ci svela e ci ricorda, se mai occorresse, che con la morte dobbiamo fare i conti. Eppure oggi sempre collegati con l’universo mondo, sempre in linea con chiunque, sempre connessi con le ultimissime informazioni, siamo incapaci di accettare la più netta e la più evidente delle realtà: la morte.

Che succede all’uomo di questo tempo? Come mai le nuove generazioni non frequentano i cimiteri? Perché non si fanno più celebrare le Messe in suffragio dei defunti? Che accade alla nostra mente e al nostro spirito? Sono tutte domande pertinenti alle quali si può solo tentare di abbozzare una risposta.

La Chiesa, con millenaria saggezza, accosta la solennità dei santi alla commemorazione dei defunti. Anzi, la fa precedere. Cristiana Dobner, carmelitana scalza, ha commentato per l’agenzia Sir: “Chi sono i santi se non i morti? E chi sono i morti se non i santi?”. Intuizione semplice ed essenziale al tempo stesso che ormai sfugge ai più.

Vista in questa luce, la luce della fede e del Vangelo, la morte fa meno impressione. Fa meno paura. Anzi, sublima la vita, in una santità senza fine che collega terra e cielo. Certo, rimane in ogni caso lo strappo del distacco umano, fatto di carne, di cuore e di legami. Anche “Gesù si separò dall’amico Lazzaro – scrive ancora la Dobner – e pianse. Eppure era certo che Lazzaro sarebbe diventato un santo illuminato dalla Luce che irradia il Dio Uno e Trino”.

Abbiamo smarrito l’orizzonte della speranza, anche della speranza cristiana, diciamolo pure. Nel mondo tecnologizzato non c’è posto per ciò che non si controlla con un click. Impossibile non poter gestire l’ultima fase della vita. Anzi, di più: impossibile non poterla evitare. Come mai non può accadere? è la domanda inespressa, comunicata con quel che si dice e si manifesta in ogni istante, anche quando si discute di eutanasia.

O ci si affida o ci si dispera, oppure si finge di non pensare, travolti dal frastuono in cui siamo immersi. Prima di noi, per fortuna, si sono affidati i santi che spesso invochiamo. Esempi sfolgoranti di cui portiamo i nomi, che indicano spiragli di luce.