Mare mortuum
Mare mortuum In tanti invocano i muri e per innalzarli si domandano fondi comunitari. Un assurdo nell’assurda situazione di migranti usati come arma di ricatto, per interessi di singole nazioni. Bergoglio prova a scuoterci e lo fa con tutti i mezzi a sua disposizione
Altroché mare nostrum. Ormai si è trasformato in mare mortuum, un freddo cimitero senza lapidi, uno specchio di morte. Lo ha detto con la consueta schiettezza papa Francesco domenica scorsa durante la visita all’isola di Lesbo, in Grecia.
Le immagini del campo profughi, disponibili su vaticanews.va, dimostrano quanto sia vera un’altra affermazione forte di Bergoglio, sempre da Lesbo: naufragio della civiltà.
Ci avvolge l’indifferenza, quella globalizzazione cui ci mette in guardia il Santo Padre, ma dalla quale non riusciamo a riscattarci. Ci indigniamo, ci scandalizziamo, protestiamo anche, ma alla fine, per noi, qua nel nostro ricco Occidente, rimane tutto come prima. Anzi, in tanti invocano i muri e per innalzarli si domandano fondi comunitari. Un assurdo nell’assurda situazione di migranti usati come arma di ricatto, per interessi di singole nazioni.
Bergoglio prova a scuoterci e lo fa con tutti i mezzi a sua disposizione. Ha scritto un’enciclica, la Fratelli tutti, che già solo nel titolo ci mette in crisi. Poi visita i posti più scomodi del mondo e lancia messaggi che non necessitano di interpretazioni: siamo tutti sulla stessa barca. Se affonda uno, affondiamo tutti. La tragedia migratoria, ha aggiunto il Papa in Grecia, è una «catastrofe umanitaria più grave della seconda guerra mondiale».
Nei fotogrammi che hanno fatto il giro del mondo si è visto Francesco che ha accorciato tutte le distanze. Senza mascherina si è avvicinato ai bambini. Ha fatto bloccare l’auto ed è andato incontro alla gente. Ha stretto mani, ha ascoltato quel poco che gli è stato concesso. Si è fatto prossimo. Non è rimasto indifferente davanti a un’evidente tragedia.
Muri, filo spinato, uomini armati: nonostante gli sforzi delle autorità locali, quella è la realtà con cui siamo chiamati a confrontarci. Questo accade in casa nostra, in Europa, da noi. Più alziamo barriere, più ci saranno distanze, più saremo divisi e meno andremo avanti assieme. «C’è in gioco il futuro di tutti – ha proseguito Bergoglio nella sua forte denuncia – che sarà sereno solo se sarà integrato. Solo se riconciliato con i deboli l’avvenire sarà prospero».
Poi un’invocazione: «Prego Dio di ridestarci dalla dimenticanza per chi soffre – ha implorato il Pontefice – di scuoterci dall’individualismo che esclude, di svegliare i cuori sordi ai bisogni del prossimo». In noi riemerge una pesante domanda: per quanto ancora ci ostineremo nella nostra insensibilità?